The First Slam Dunk

The First Slam Dunk

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Approda nelle sale italiane The First Slam Dunk, anime sportivo che si affida a cgi e cel-shading, prendendo come ampiamente prevedibile le distanze dalla serie animata degli anni Novanta. Diretto da Takehiko Inoue, autore anche del celebrato manga, vero cult generazionale, il film si focalizza sulla sfida finale con il temibile Sannoh e sulla parabola umana e cestistica del piccolo playmaker Ryōta: una delle tante scelte possibili, forse più adatta ai fan che a un pubblico casuale.

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Da sempre, Ryōta Miyagi e il basket sono una cosa sola. A trasmettergli l’amore per questo sport è stato il fratello maggiore Sōta, morto in un incidente in mare quando Ryōta era ancora piccolo. Ryōta è il playmaker dello Shohoku, squadra che si è guadagnata un posto al torneo nazionale come rappresentante della Prefettura di Kanagawa nonostante sia un liceo sconosciuto. Ryōta è pronto, assieme ai suoi compagni di sempre, ad affrontare l’imbattibile Sannoh, il team campione del torneo nazionale… [sinossi]
Ti sei impegnato.
Sei stato bravo.
Non scordarlo.
– Sōta Miyagi.

«Non tornare mai più». Alle prese col grande schermo, con una tecnica che conosce poco e con un’opera attesissima dal pubblico nipponico (e, in seconda battuta, internazionale), il mangaka Takehiko Inoue deve prendere delle decisioni non facili: in primis, come e cosa raccontare di Slam Dunk? Come accontentare i lettori del manga, gli spettatori della serie e i nuovi adepti? La risposta non è semplice, forse impossibile. Da un lato, come già dimostravano negli anni Settanta pellicole riassuntive come Corazzata spaziale Yamato (1977), il rischio è condensare sullo schermo troppo materiale, finendo per frastornare gli spettatori. Dall’altra, focalizzandosi eccessivamente, dando per scontati alcuni snodi narrativi e abbozzando un buon numero di personaggi, il rischio è di soddisfare pienamente solo quel pubblico già consapevole – in questo senso, valgano come esempio alcuni lungometraggi della serie piratesca One Piece come i pur apprezzabili Un’amicizia oltre i confini del mare (2007) e Il miracolo dei ciliegi in fiore (2008). Per The First Slam Dunk, Inoue sceglie la storia di Ryōta, la tragica perdita del fratello, la parabola umana intrecciata a quella sportiva. «In campo come nella vita», avrebbe detto Nereo Rocco.

Se The First Slam Dunk poggia le proprie fondamenta narrative e morali su un flashback, il riflesso sportivo non può che coincidere con un evento sostanzialmente speculare: dentro o fuori, vita o morte, la fine di tutto o un nuovo inizio. La partita contro i (giovani) fenomeni dello Sannoh è la classica finalissima, qui liceale ma trascinante e importante come una sfida mondiale tra professionisti – lo sport, per chi l’ha praticato, è un po’ così: la mano e le gambe tremano anche per un torneo di quartiere e l’afflato epico vale anche per una partita tra bambini, come insegna il magnifico e fondante Che botte se incontri gli Orsi (1976). La sfida all’ultimo secondo e al canestro decisivo tra Shohoku e Sannoh si dilata quindi per tutta la durata del film, oltre le due ore, diventando il crocevia sportivo dei protagonisti, ma anche il fatale momento del riscatto, della rivincita, del superamento di una serie di traumi del passato. Insomma, nel solco della tradizione degli spokon, dai tempi de La stella dei Giants (1966-71), Attack no. 1 (1968-701968-73) e Rocky Joe (1968-73).

Ed è proprio guardando al passato, alle trasposizioni di questi classici, che ci si accorge di quel che manca al pur lodevole lavoro di Inoue e dei suoi numerosi collaboratori. Non la dimensione umana e sportiva, nemmeno l’epica e quella vitale tensione, ma quella creatività, quel tratto libero e potente, la messa in scena di un gesto con qualche linea furibonda o tagliente, anche abbozzata, volutamente imperfetta. Al contrario, The First Slam Dunk insegue una perfezione, un realismo, che non riesce mai a raggiungere. Se i corpi dei giocatori sfiorano quelli degli atleti in carne e ossa, e alcune fasi di gioco funzionano egregiamente, il film di Inoue non riesce sostanzialmente mai a catturare il gesto tecnico e atletico, a rendere graficamente la sua essenza, l’exploit quasi disumano – in questo senso, si veda la varietà grafica della serie Haikyu!! – L’asso del volley, che per alcuni movimenti del protagonista Shōyō Hinata opta per soluzioni grafiche inaspettate, folgoranti, estremamente significative nel loro marcato irrealismo (quel tratto che cattura furore e velocità, come nella meravigliosa sequenza della corsa de La storia della Principessa Splendente). Il limite congenito dell’attuale cgi & cel-shading del Sol Levante? Forse, ma non solo, se pensiamo a Spider-Man – Un nuovo universo. Al di là di questi dubbi, The First Slam Dunk ci regala la voglia di prendere in mano un pallone, correre, sudare, tirare, attaccare il canestro. In una palestra, un campetto, ovunque.

Info
Il trailer di The First Slam Dunk.

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