Vermines

Il trentaquattrenne francese Sébastien Vaniček esordisce alla regia di un lungometraggio con Vermines, horror che ha per epicentro un palazzone di periferia trasformato da ragnoni giganti nel loro territorio di caccia. Con intelligenza Vaniček, alla maniera di Attack the Block di Joe Cornish, utilizza il genere per allargare il discorso alla pandemia, e alla gestione poliziesca delle banlieu. Film di chiusura fuori concorso della Settimana Internazionale della Critica 2023.

Attack the Banlieu

Kaleb è un giovane che vive di piccoli lavori. Affascinato da animali esotici, trova un ragno velenoso in un bazar, lo acquista e lo porta nel suo appartamento, all’interno di un palazzone di periferia. Alla bestiola basta un attimo per scappare e riprodursi, trasformando il luogo in una terribile trappola mortale. Il problema è che la polizia ha bloccato l’edificio, e dunque i residenti sono caduti in un’imboscata. L’unica opzione per Kaleb e i suoi compagni è trovare la via d’uscita per sopravvivere. [sinossi]

Da un punto di vista “strutturale” appare particolarmente armoniosa, per non dire logica, la scelta della Settimana Internazionale della Critica di Venezia di chiudere i battenti della trentottesima edizione con Vermines, esordio alla regia di un lungometraggio per il trentaquattrenne francese Sébastien Vaniček; così come s’era aperta con Dieu est une femme, sorta di meta-documentario che lo svizzero-panamense Andres Peyrot ha dedicato al popolo kuna, e al film invisibile che gli dedicò Pierre-Dominique Gaisseau, la SIC 2023 termina – con l’unica eccezione dell’evento speciale Passione critica, che verrà proiettato l’ultimo giorno in sala Perla – con un horror adrenalinico, claustrofobico, che non ha timore alcuno di maneggiare una materia perigliosa come quella che ha a che vedere con i mostri giganti, in questo caso rappresentati da letali aracnidi. Una testimonianza inequivocabile del lavoro portato avanti da Beatrice Fiorentino e dai suoi compagni di selezione: il cinema “giovane” (si è andati dai ventisei anni di Luna Carmoon ai quarantadue di Adrien Beau) dispiegato in ogni sua potenzialità, dal mainstream all’indigenza, dal coraggioso affondo sociale all’intrattenimento, dal rovello autoriale al racconto popolare. Un approccio che ha fatto del disequilibrio il suo punto di bilanciamento ideale, e che trova per l’appunto in Vermines Vermin il titolo scelto per la vendita internazionale – la sua conclusione ideale, anche se in parte dispiace che questo appassionante film di evasione (in tutti i sensi) in cui è il proprio appartamento la cella da cui fuggire non abbia potuto competere nel concorso, forse anche per la presenza di un altro horror di produzione francese, il più algido e rarefatto Le Vourdalak del già citato Beau.

Vaniček, che arriva a confrontarsi con un racconto sulla lunga distanza dopo essersi fatto notare per la regia di alcuni cortometraggi (tra i quali è opportuno citare almeno Crocs, dove l’elemento animale svolgeva già un ruolo dirimente, e Mayday, riflessione allucinatoria in cui il genere serve per allargare lo sguardo sulle iniquità sociali – quest’ultimo si vide al Trieste Science+Fiction nel 2017), guarda ovviamente alle opere con protagonisti ragni letali e/o dalle dimensioni gargantuesche – l’irraggiungibile capostipite resta Tarantola di Jack Arnold, ma impossibile non fare riferimento ad Aracnofobia di Frank Marshall, Arac Attack di Ellory Elkayem, Kingdom of the Spiders di John Cardos, lo stra-cult La vendetta del ragno nero di Bert I. Gordon – ma incrocia tale rapporto di “parentela” cinematografica con altre suggestioni. Se l’incipit ambientato nel deserto nord africano con alcuni uomini alla ricerca di ragni esotici da catturare per venderli nel mercato francese appare come un punto di contatto tra il succitato Aracnofobia e la prima indimenticabile sequenza di Splatters – Gli schizzacervelli di Peter Jackson, il modo in cui il giovane Kaleb entra in possesso del ragnetto da cui prenderà via l’incubo ricorda Gremlins di Joe Dante, e l’architrave narrativo ha senza dubbio punti di contatto con Attack the Block di Joe Cornish, con l’unica differenza che lì i cattivi erano alieni, e qui invece tutto si svolge nel mondo “naturale”, per quanto rivisto e corretto per l’occasione. Se è infatti vero che le femmine di ragno della famiglia dei Sicariidae possono aumentare il loro volume di dieci volte per difendersi dai predatori quando sono sul punto di depositare le uova, la loro dimensione non supera comunque mai i 3-5 cm, mentre Vermines mette i protagonisti a tu per tu con bestioni che alla fine supereranno il metro di grandezza.

Avvincente racconto di fuga, con Kaleb, sua sorella, e i loro amici che cercano disperatamente di scappare durante la notte dal palazzone di periferia di oltre duecento appartamenti in cui sono nati e cresciuti, e dunque in qualche modo reclusi fin dall’infanzia da una società che li ha ghettizzati – ragionamento alla base anche del citato film di Cornish, in quel caso ambientato in Gran Bretagna – Vermines utilizza il genere per allargare il discorso a questioni meramente politiche e sociali, ragionando ad esempio al di là dell’esclusione sociale anche sui danni prodotti dalla pandemia, sul progressivo imbarbarimento della collettività, sul rapporto inconciliabile tra cittadini di serie B e forze dell’ordine. Senza che questi elementi rischino mai di fungere da granelli di sabbia nell’oliato ingranaggio del racconto orrorifico, Vaniček non perde occasione per conoscere i suoi personaggi, creando relazioni, memorie, prassi del quotidiano che inspessiscono la trama proprio come fa il ragno con le proprie ragnatele. Ma a dominare il proscenio è ovviamente l’ansiogeno racconto di una fuga forse impossibile, dove la casa, la tana, la culla in cui si è cresciuti si palesa come il luogo più pericoloso in assoluto, da cui diventa indispensabile tentare disperatamente di fuggire a gambe levate, pena la morte certa. Sequenze come quella in cui Lila trova un ragno nella doccia, o quella in cui l’unica speranza di fuga è data dalla luce a tempo dei corridoi del palazzo – i ragni si bloccano quando la luce è accesa – restano impresse nella memoria, e testimoniano la padronanza del mezzo da parte di Vaniček. A fronte di un numero fin troppo esteso di opere prime che denotano spesso solo le velleità intellettuali di registi e registe di “domani”, Vermines conforta con il suo piacere per il racconto, per l’immagine che si fa senso attraverso la narrazione, e per la genuina attrazione per il mostruoso, sia esso palese come i ragnoni o in filigrana, come la società francese e occidentale.

Info
Vermines sul sito della SIC 2023.

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