Intervista a Bill Plympton
Bill Plympton è considerato il re dell’animazione indipendente, autore dalla poetica provocatoria e parossistica e dall’estetica grafica grezza, disegnando rigorosamente tutto a mano. La sua carriera è iniziata creando strip per quotidiani e riviste, tra cui The New York Times, National Lampoon, Playboy e Screw. Ha ricevuto due nomination agli Oscar per Your Face (1987) e Guard Dog (2004). Ha vinto il Prix Spécial du Jury a Cannes per Push Comes to Shove (1990) e con Eat (2001) si è aggiudicato il Prix Canal+ per i cortometraggi alla Semaine de la Critique di Cannes. Il suo primo lungometraggio, The Tune, fu presentato nel 1992 al Sundance Film Festival. Abbiamo incontrato Bill Plympton all’International Film Festival Rotterdam 2024, dove ha presentato il suo lungometraggio Slide.
Slide, il tuo ultimo film presentato qui a Rotterdam, ha avuto una lavorazione molto lunga e difficile, durata sette anni anche per le difficoltà della pandemia. Puoi raccontarmi l’origine di questo progetto?
Bill Plympton: Ho avuto l’idea tra il 2016 e il 2017. Quello che volevo fare era usare la musica delle vecchie canzoni western, come quelle di Hank Williams e Patsy Cline. Ma non avevo i soldi per acquistarne i diritti. Così ho chiesto alla mia compositrice Maureen McElheron e al suo musicista Hank Bones di realizzare le musiche. Hanno fatto 9 o 10 canzoni davvero belle. E volevo fare una commedia di cowboy come Mezzogiorno e mezzo di fuoco (Blazing Saddles) di Mel Brooks. Quello è stato il mio modello. Se Mel Brooks fosse un cartoonist, avrebbe potuto fare una cosa del genere. Anche se Slide è un po’ più dark e un po’ noir. Perché è pieno di cattivi, ce ne saranno un centinaio. Io adoro i cattivi, mi diverte molto disegnarli, sono personaggi folli. Mi fanno impazzire.
Slide è una specie di archetipo del western, con il progresso che avanza. Hai avuto qualche ispirazione dai western classici?
Bill Plympton: I film di Clint Eastwood come Il cavaliere pallido (Pale Rider), dove il cowboy è una sorta di fantasma mistico che arriva nella città e la ripulisce dalla corruzione. Un altro film che mi ha influenzato è stato Il cavaliere della valle solitaria (Shane) con Alan Ladd, dove alla fine l’eroe sparisce e se ne va. Adoro quel momento. Non c’è mai una soluzione davvero felice in cui tutti si sposano e camminano verso il tramonto. È l’opposto. Adoro quel finale dark, non so perché. Un’altra ispirazione per il film deriva dal fatto che suonavo la slide guitar. Quando ero ragazzo amavo quella musica, adoravo Patsy Cline. Suonavo nei club attorno a New York, insieme a Maureen McElheron. Ma poi ho dovuto prendere la decisione, se fare l’animatore o il musicista. Un buon musicista deve allenarsi tutti i giorni, per diventare sempre meglio. Non ne avevo il tempo, avendo scelto la strada dell’animazione. Ma suono ancora la chitarra, di sera, per rilassarmi. L’avrei portata anche qui se non fosse così pesante.
Oltre a parlare di ambiente, nel film parli delle morti bianche nei cantieri. Perché hai voluto inserire queste tematiche?
Bill Plympton: Era divertente. Non hanno abbastanza soldi per costruire la diga, tutto viene fatto male e a basso costo. E alla fine la diga collassa e tutti muoiono. Era davvero una cosa divertente da fare.
Anche in Slide usi uno stile molto grezzo, con la matita, in scala di grigi, mentre per le parti oniriche usi l’acquarello e i colori. Come hai sviluppato questo stile?
Bill Plympton: Ti mostro alcune tavole originali. [Le estrae da una cartella per mostrarcele, N.d.R.]. Come puoi vedere uso una semplice biro, quindi proseguo con le matite a colori. Coloro in cima. Qui è più monocromatico. Abbiamo cambiato un po’ il colore digitalmente. Vedi anche il lavoro grafico prima che siano passati i colori. È come fare un’illustrazione. Volevo un film graficamente molto compatto, che avesse un unico stile.
Preferisci fare i corti o i lungometraggi?
Bill Plympton: Preferisco i lunghi, sono presi più seriamente. In America abbiamo lo sport del baseball, con la Minor League e la Major League dove ci sono le star. Scelgo la Major per fare cinema. Continuerò comunque a fare anche corti. Devo proseguire nella serie sul cane, alla gente piace molto. Ho qualche idea in serbo.
È vero che hai rifiutato una proposta della Disney? Perché ci tieni così tanto alla tua indipendenza e alla tua autonomia?
Bill Plympton: Quando ero bambino, avrei voluto tanto entrare nella Disney. Erano gli unici per me a fare animazione. Amavo i film Disney, ne ero un grande fan. Erano molto spassosi. Erano proprio quello che avrei voluto fare. Ma crescendo ho scoperto di avere un senso dell’umorismo più dark, più adulto. La Disney era interessata a me. Pensavo di poter lavorare per loro durante la settimana, facendo dei cartoon che non mi sarebbero realmente piaciuti, e fare le mie cose, con il mio humour, nel weekend. Ma loro dissero che non avrei potuto fare così. Mettendomi sotto contratto avrebbero posseduto tutto quello che avrei prodotto, non importa quando e dove. Così ho deciso di non entrare nella Disney, e forse è stata un’idea stupida. Avrei potuto essere milionario ora, invece che tirare a campare come animatore indipendente. In realtà è stata una scelta saggia perché sono felice di fare il tipo di film che voglio. Nessuno può dirmi di cambiare qualcosa dei miei film.
Ti rifai sicuramente a Tex Avery che si considerava come l’anti-Disney. Anche in Slide fai una citazione diretta, nella scena della ballerina con gli avventori eccitati cui escono i bulbi oculari.
Bill Plympton: Tex Avery ha avuto sicuramente una grande influenza su me. Ma anche Winsor McCay. Era un bravissimo disegnatore, il suo umorismo era eccezionale e i suoi tempi perfetti. E realizzava tutti i disegni da solo. Nessun altro faceva i suoi disegni. Ed era indipendente. Non ha lavorato per nessun grande studio. Appena aveva prodotto un film lo vendeva al vaudeville. Un’altra grande influenza è quella di Bruno Bozzetto, un caro amico. Lui è così brillante, e i disegni sono magnifici, anche il suo humor lo è. Lo adoro.
Anche lui ha fatto un western, West and Soda. È un altro modello che hai avuto per Slide?
Bill Plympton: Certo, anche a lui piacciono i film di cowboy.
Rifiuti anche la tecnologia digitale, credi nell’artigianalità del tuo lavoro, quindi?
Bill Plympton: La linea ha più vita. Molti usano il tablet, ma io preferisco ancora disegnare su carta. E le mie tavole originali sono molto ben valutate, le vendo per tanti soldi. È un’ottima entrata. Solo negli ultimi tre anni ho fatto ottimi affari.
Hai rifiutato di lavorare per la Disney, ma hai collaborato ad alcune puntate della serie I Simpson. Com’è nata la collaborazione con Matt Groening?
Bill Plympton: Io vengo dall’Oregon dove c’era un festival cinematografico quando facevo il college, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta. Vedevo i film tutto il tempo. Erano delle pubblicità lunghe, di una ventina di minuti. Erano chiamati “industrial”. Incontrai un ragazzo (Homer Groening, il padre di Matt) che li trovava divertenti e che mi invitò a vedere altri film a casa sua, aveva un proiettore nel suo garage. Ci andai e lì conobbi il quattordicenne Matt Groening. L’ho conosciuto molto giovane. Siamo poi andati insieme al festival di Annecy: a lui piace molto. Stavamo a bere vino in riva al lago, quando lui mi ha detto: «Dovresti fare qualcosa per I Simpson!», «Certo», gli ho risposto, «sarebbe fantastico fare qualcosa per I Simpson!». Così ho realizzato le couch gag [le sequenze d’apertura sempre diverse, N.d.R.] per sette episodi. Ne sto facendo una in questo momento. Spero che continui perché significa tanti soldi, e perché I Simpson è una serie molto popolare vista in tutto il mondo.
Info
Il canale youtube Plymptoons.
Il sito ufficiale di Bill Plympton.
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