Future Film Festival 2006 – Bilancio
To the future and beyond! Una citazione, un monito, una promessa. Diretto da Giulietta Fara e Oscar Cosulich, il Future Film Festival 2006 taglia il traguardo dell’ottavo anno, confermando i pregi e in parte i difetti delle passate edizioni. Rispetto agli esordi, agli anni avventurosi del cinema Nosadella), l’offerta si è moltiplicata esponenzialmente: appetitose anteprime, omaggi e retrospettive, un ricco concorso di cortometraggi e incontri per tutti i gusti.
Il Future Film Festival 2006 di Bologna è la vetrina del cinema d’animazione – tradizionale, in computer grafica, flash, passo uno… – e delle novità tecnologiche, del variegato mondo degli effetti speciali: l’unica occasione per gli appassionati e gli addetti ai lavori di aggiornarsi, confrontarsi e immergersi in un’overdose di anime e cartoon. Rimane un lieve retrogusto amaro per alcuni incidenti di percorso: i tempi per fare i biglietti sono ancora troppo lunghi e molto spesso le file (pubblico e accreditati) non sono gestite in modo ottimale, creando qualche disagio; la nota più dolente riguarda purtroppo le proiezioni dello splendido Omaggio a Jiři Trnka, spesso inspiegabilmente martoriate e stravolte.
Anteprime
Una delle certezze del festival bolognese (18-22 gennaio), nonostante alcune pellicole di modesto livello. L’assenza di un titolo di grandissimo richiamo, come poteva essere nelle stagioni precedenti Il castello errante di Howl di Hayao Miyazaki o uno degli episodi della trilogia de Il Signore degli Anelli, ha evitato la ressa e i conseguenti problemi.
Memorabile la proiezione dell’ultima fatica degli Aarman Animation Studios, Wallace & Gromit – La maledizione del coniglio mannaro, magistralmente diretto da Steve Box e Nick Park. Ritmo elevatissimo, idee geniali e grasse risate. Indimenticabile il paffuto e batuffoloso coniglio mannaro, mostruosa creatura di plastilina animata in stop motion con la consueta perizia tecnica. Con tanti lungometraggi d’animazione che incassano fin troppi soldi (vedi il mediocre Madagascar), si spera che il pubblico accolga positivamente questo pregevole film.
Notevole e folle il giapponese Mind Game di Yuasa Masaaki. Un flusso incontrollato di colori, sperimentazione, mutazioni, tecniche varie – cgi, decoupage e via discorrendo. Tratto da un manga di Nishi Robin, Mind Game è un oggetto difficilmente catalogabile, dallo sviluppo narrativo imprevedibile. Sangue, sesso, visioni celestiali, balene giganti: se è assai improbabile una distribuzione cinematografica italiana, si può sperare nel più coraggioso mercato home video.
Dopo l’animazione ben poco tradizionale di Mind Game e la stop motion di Wallace & Gromit, la kermesse bolognese ci ha regalato due ottimi esempi di quello che si può produrre fondendo computer grafica e cinema live. Il nipponico Kyashan – La rinascita (Casshern) di Kiriya Kazuaki, rivisitazione della storica serie televisiva della Tatsunoko, e l’anglo-americano Mirrormask di Dave McKean, che può vantare il talento di Neil Gaiman, sono due interessantissimi esempi di fantasy e fantascienza. L’impianto visivo in entrambi i casi è abbacinante.
Singolare e indubbiamente divertente il lungometraggio ungherese The District (Nyócker!) di Áron Gauder. Storia molto acida ambientata in uno squallido quartiere di Budapest (da non confondere con Bucarest…), dalle sonorità hip hop e con una curioso mix di animazioni. Politicamente scorretto, The District non si ferma nemmeno di fronte ai vari Gorge Bush e Osama Bin Laden – siamo in zona South Park.
Tra tante pellicole innovative e dalle tecniche varie, un paladino del racconto classico supportato da una buona animazione in stile World Masterpiece Theater è il giapponese Nitaboh di Nishizawa Akio. Commovente cronaca della vita di un musicista cieco, capace di rinnovare la musica tradizionale, Nitaboh è un film dai ritmi dilatati, intriso di poesia e con una particolare ma suggestiva colonna sonora.
Mc Dull, Prince de la Bun (Mak Dau: Bo lo yau wong ji) del hongkonghese Toe Yuen ripropone in modo convincente le avventure agrodolci del paffuto maialino McDull. Un buon connubio di animazione tradizionale e in cgi, una fantasia illimitata e la solita comicità non-sense. Una gradevole conferma.
Apprezzabili, con alcune riserve, Zathura di Jon Favreau, una sorta di Jumanji nello spazio con una buona computer grafica e un discreto ritmo, e il danese Terkel (Terkel i Knibe) di Kresten Vestbjerg Andersen, che si fa ricordare soprattutto per il singolare doppiaggio di Elio e le Storie Tese. Più di un dubbio invece per il lungometraggio nippo-coreano Blade of the Phantom Master (Shin Angyo Onshi), tratto da un fumetto dei coreani Youn In-wan e Yang Kyung-II e diretto dal giapponese Jōji Shimura. Più che un film, due puntate di una serie maldestramente appiccicate. Anche l’animazione tradisce la natura televisiva. Interessante, in ogni caso, la cooperazione tra i due paesi asiatici.
Purtroppo Impresentabili i vari Gisaku di Baltasar Pedrosa, Yo-Rhad – Un amico dallo spazio di Camillo Teti e Victor Rambaldi e Aeon Flux di Karyn Kusama. Da ricordare solamente la mise della bellissima Charlize Theron in versione guerriera invincibile. Ultimo tra i lungometraggi, Inuyasha – L’isola del fuoco scarlatto (Inuyasha – Guren no Houraijima) di Toshiya Shinohara, principale attrazione dell’ingombrante Inuyasha Day, evento che ha occupato buona parte del sabato festivaliero.
Omaggi
Dopo gli imperdibili omaggi (Scuola di Zagabria, Phil Mulloy, Enki Bilal e Genndy Tartakovsky) della scorsa edizione, il Future Film Festival 2006 cala la carta vincente dell’omaggio a Jiři Trnka, illustre cineasta cecoslovacco, sommo maestro dell’animazione a passo uno. Ogni proiezione si è trasformata in un appuntamento imperdibile: dal cortometraggio Il nonno ha piantato la barbabietola (Zasadil dedek repu, 1945), passando per lo stupefacente lungometraggio Sogno di una notte di mezza estate (Sen noci svatojánské, 1959), fino all’osannato La mano (Ruka, 1965), inno alla libertà del lavoro creativo. Un’occasione praticamente unica, visto che le opere di Trnka non sono facilmente reperibili.
Proprio durante le proiezioni delle opere dell’autore ceco si sono palesate alcune gravi difficoltà organizzative: censurabile, ahinoi, la proiezione dell’interessantissimo The Good Soldier Schweik )(Osudy dobrého vojáka Svejka, 1954-55), coi sottotitoli che apparivano e sparivano, tra episodi inutilmente ripetuti e involontari effetti comici.
Meno appassionante l’omaggio a Jannik Hastrup, prolifico animatore danese. Decisamente altalenanti i suoi lungometraggi, dall’interessante Samson & Sally (Samson og Sally, 1984), crudo racconto sulla sopravvivenza delle balene, al modestissimo Circleen: Mice and Romance (Cirkeline 2: Ost og kærlighed, 2000), storiella di un gruppo di topolini e di una microscopica bimba-elfo. Sicuramente più coinvolgenti i mediometraggi e i cortometraggi: visionario e coloratissimo Benny’s Bathtub (Bennys badekar, 1971), avventura musical-subacquea di un bambino, e ben realizzata e toccante la strana favola Song Of The Sea (Havets Sang, 1993).
Storie di fantasmi giapponesi e Macchine del tempo
Giusto un assaggio le due sezioni Storie di fantasmi giapponesi e Macchine del tempo. Indubbiamente più interessante, anche se altalenante e un po’ raffazzonata, la retrospettiva sul cinema giapponese. Una buona occasione per recuperare alcune pellicole di sicuro valore, come Pulse (Kairo, 2001) di Kiyoshi Kurosawa, Hausu (1977) di di Nobuhiko Ōbayashi e il bizzarro The Great Yokai War (Yōkai Daisensō, 2005) del folle e prolifico Takashi Miike e per scoprire titoli meno conosciuti e difficilmente reperibili. Sostanzialmente deludente il viaggio attraverso il cinema di fantascienza: al di là di alcuni titoli cult, come L’armata delle tenebre di Sam Raimi e L’uomo che visse nel futuro di George Pal, che non si possono comunque definire delle rarità, la rassegna ha destato poco interesse. Non esattamente memorabile, anche dal punto di vista della qualità audio e video, la proiezione di The Time Guardian (1987) di Brian Hannant e Andrew Prose: una sorta di fratello poverissimo di Terminator, ambientato in terra australiana e interpretato da un cast allo sbando – con Carrie Fisher sdraiata per tutta la durata del film e prontissima a immolarsi alla prima occasione disponibile.
Il futuro dei Toons e Anime Preview
Generoso come da tradizione lo spazio dedicato alle serie televisive giapponesi. Meglio tralasciare alcune proiezioni chiaramente promozionali come Brain Powered di Yoshiyuki Tomino – probabilmente il punto più basso della carriera di Tomino, già autore di Gundam e incappato in una serie che scimmiotta goffamente Evangelion – e focalizzare l’attenzione sulla notevole serie Ghost in the Shell: Stand Alone Complex di Kamiyama Kenji. Un ottimo esempio di come si possa rispondere positivamente alle attese dei fan, assetati di fantascienza di qualità dopo le mirabilie del lungometraggio di Mamoru Oshii. Tra le varie proposte (quanti sono i cloni di Evangelion?), una citazione per Planetes di Taniguchi Goro, tentativo riuscito di fantascienza realistica dai toni allegri. Una valida alternativa alle spesso ripetitive e snervanti serie robotiche.
Incontri
Numerosi e interessanti gli incontri organizzati per questa ottava edizione del Future Film Festival. Il pubblico ha potuto ammirare i dietro le quinte dei titoli più importanti della stagione, da King Kong (Weta Digital) a Wallace & Gromit – La maledizione del coniglio mannaro (Aardman Animation Studios), passando per le anteprime dell’emergente Blue Sky Studios (l’imminente Ice Age 2) e della gloriosa Pixar (l’attesissimo Cars). Gli incontri che hanno lasciato maggiormente il segno riguardano lo stato dell’animazione italiana: gli interventi di Bruno Bozzetto e Leo Ortolani in occasione degli eventi Le ultime produzioni RAI e Flash Goes To Cinema hanno ben delineato le difficoltà e gli ostacoli produttivi che stanno frenando i nostri autori. Talento e buoni propositi purtroppo non bastano: la palla è in mano a Mamma RAI. E questo è davvero un gran problema.
Tra le pieghe degli eventi maggiori, da ricordare il consueto Future Film Short – Premio del Pubblico Gan, diviso in sei fittissimi programmi: una variegata valanga di cortometraggi da cui estrarre le promesse per il futuro. E il Digital Award, la proiezione di Team America: World Police di Trey Parker, i microprogrammi del nostalgico From Vincent To Price – Il cinema horror dalla Universal alla Hammer curato dal simpatico Carlo Mauro, le iniziative per gli spettatori in giovane età…