Eva

Eva intreccia registri e generi come il dramma e la fantascienza, strizza in più di un’occasione l’occhio a A.I. di Spielberg, mantenendo saggiamente una giusta distanza. Lo spagnolo Kike Maíllo dimostra di avere le carte buone per continuare a fare bene: la sua messa in scena non prevarica e fagocita mai la componente narrativa, accompagnandola e sostenendola senza lasciarsi andare a inutili ghirigori o numeri a effetto.

Emozioni artificiali

Alex, rinomato ingegnere cibernetico, torna a Santa Irene per portare a termine una missione molto particolare per la Facoltà di Robotica: creare un robot bambino. Nei dieci anni in cui è stato lontano, il fratello David e Lana sono andati avanti con le loro vite. Il destino vuole che la routine di Alex venga movimentata da Eva, la figlia di Lana e David, una bambina molto speciale e carismatica. Fin dal primo incontro, tra Eva e Alex nasce un legame speciale. Insieme affronteranno un viaggio che li condurrà a una rivelazione finale… [sinossi]

Quando si parla di cibernetica, replicanti, androidi, intelligenze artificiali e metropoli futuristiche, la mente corre inevitabilmente di default a un capolavoro come Blade Runner. Al cospetto della maestosa pellicola firmata da Ridley Scott tutto sembra tremendamente piccolo e insignificante. Poco se non nulla è riuscito nei decenni a seguire a offuscarne l’immagine scolpita nella storia del cinema o a tenerle testa. Detto ciò, se si vuole affrontare il genere senza il pericolo di perdersi nello spazio della mediocrità,  non si deve minimamente tentare di replicare in scala la formula che ha fatto la fortuna del film del 1982; pena un calco solo tecnicamente apprezzabile ma narrativamente sconquassato come quello alla base di Natural City del sudcoreano Amin Byung-cheon.

L’alternativa è data, invece, da un tipo di fantascienza che si può definire “minimalista”, basata su un ridimensionamento dell’impianto drammaturgico, scenografico e narrativo. Esempio calzante di questa tipologia di fantascienza è il recente Never Let Me Go di Mark Romanek, dove gli elementi tipici del genere in questione come i cloni hanno trovato collocazione in una dimensione spaziale ancorata saldamente al presente, lontana da scenari di megalopoli futuristiche percorse in lungo e in largo da veicoli volanti in stile Io, Robot o Dredd – La legge sono Io. Come Romanek anche il collega Kike Maíllo per la sua opera prima, Eva, ha scelto di sposare una visione fantascientifica per così dire retrò, incastonando ingredienti puramente sci-fi come robot dalle sembianze umane o animali dal dna cibernetico in una piccola realtà cittadina perennemente coperta dalla neve in quel della Spagna. Il mix funziona, merito di effetti visivi e di computer grafica di buona fattura che permettono alla storia di scivolare senza particolari intoppi verso una seppur prevedibile chiusura del cerchio e ai personaggi che la animano di coesistere con tutto ciò che li circonda. Lo script per fortuna non cerca mai il numero a effetto, quello che molto spesso pregiudica molti – anzi troppi – esordi cinematografici a tutte le latitudini. Sbavature e flessioni dal punto di vista della scrittura non mancano (vedi l’epilogo un po’ troppo dilatato piegato alle logiche della chiarezza), ma non pregiudicano la scorrevolezza e la riuscita di un plot che attira a sé lo spettatore fino alla fine. I personaggi ben delineati contribuisco in maniera determinante alla riuscita del film, supportati da un discreto impianto dialogico e soprattutto dalle convincenti performance del cast capitanato da un sempre all’altezza Daniel Brühl (lanciato da Good Bye, Lenin!) e da ottime spalle come Marta Etura, Alberto Ammann e Claudia Vega.

Il risultato è un live action che intreccia registri e generi come il dramma e la fantascienza, che strizza in più di un’occasione l’occhio a A.I. di Spielberg, mantenendo saggiamente da esso la giusta distanza. Il regista spagnolo dimostra di avere le carte buone per continuare a fare bene, vuoi per la sicurezza tecnico-stilistica espressa per gran parte della pellicola. La sua regia non prevarica e fagocita mai la componente narrativa, accompagnandola e sostenendola senza lasciarsi andare a inutili ghirigori o a numeri ad effetto. Maíllo preferisce lavorare low profile, al servizio della storia e dei personaggi che intende raccontare. Crea la giusta armonia e questo alla fine paga, anche se qualche guizzo e rischio in più avrebbe potuto prenderselo, perché se non te li prendi all’esordio non è detto che potrai permettertelo nel proseguo della carriera. Forse è questa la pecca di un film che appassiona, ma non incolla alla poltrona, che prende la rincorsa tenendo l’acceleratore premuto senza spiccare definitivamente il volo.

Info
Il trailer italiano di Eva.
Il trailer originale di Eva.
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