Office 3D
di Johnnie To
Con Office 3D, Johnnie To si cimenta per la prima volta, in modo diretto, col musical: il risultato, nei limiti di un prodotto destinato al mercato mainland, è apprezzabile e visivamente sontuoso. Alla decima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Trasparenze in musical
L’importante finanziaria di Hong Kong Jones & Sunn, quotata in borsa, sta per concludere un grosso affare con un’azienda di cosmetici; intanto, nei suoi uffici fanno il loro ingresso due nuovi dipendenti, il giovane idealista Lee Sung e l’affascinante (e misteriosa) Sophie. Nel team aziendale, intrighi e macchinazioni si susseguono, mentre la crisi finanziaria mondiale è alle porte…[sinossi]
Alla luce degli ultimi titoli da lui diretti, si potrebbe forse iniziare a ritenere superata la divisione (più volte ribadita dallo stesso regista) che tradizionalmente si associa al cinema di Johnnie To: da una parte le opere più personali, i noir con cui il regista/produttore di Hong Kong si è fatto conoscere dalla critica internazionale; dall’altra i progetti puramente “alimentari”, con uno sguardo più attento al pubblico e al mercato, principalmente appartenenti al genere della commedia romantica. L’abbraccio, da parte di To, del mercato cinese mainland, con l’apertura ai gusti di un nuovo tipo di pubblico (ma anche con nuove limitazioni) ha probabilmente reso più sfumata questa differenziazione: la necessità a prescindere di sottostare a regole e paletti produttivi ha fatto sì che l’autorialità del cineasta trovasse altri canali per esprimersi. Così, in questo Office 3D (coproduzione cino-hongkonghese dalla chiara impronta mainstream) non solo To si cimenta per la prima volta con la stereoscopia, affrontando un genere, il musical, da lui mai toccato direttamente: il regista di Hong Kong sceglie qui, infatti, di inserire frammenti di commedia romantica e di bozzetto sociale in un contenitore dall’estetica sfavillante, recuperando una star come Chow Yun-Fat e portando avanti un interessante affresco (con tutte le limitazioni del caso) della Cina capitalista.
L’elemento che più immediatamente caratterizza questo Office 3D, balzando per primo all’occhio, è quello scenografico: il regista adotta per il film una scenografia all’insegna dell’astrazione, ambienti trasparenti su uno sfondo nero, linee luminose a delimitare superfici invisibili. La scelta, con la sua attitudine a lavorare su volumi semplici ed essenziali, esalta il carattere immersivo della stereoscopia: il lavoro scenografico, con gli ambienti spogli e gli oggetti in risalto, tiene naturalmente conto dell’uso del mezzo (non particolarmente amato dal regista, almeno stando alle sue passate dichiarazioni) cercando di massimizzarne l’impatto. La scelta può essere concettualmente letta in vari modi: come rappresentazione dell’abbattimento (tipico dell’attuale modello sociale) della sfera privata dell’individuo, e come sconfinamento del tempo di lavoro nel tempo di vita, e incunearsi (esplicito anche a livello visivo) dell’uno nell’altro; ma anche come ironico contrasto tra l’opacità delle operazioni finanziarie al centro della storia, che finiranno per sconvolgere le vite di tutti i protagonisti, e la pretesa trasparenza che caratterizza la vita lavorativa. Sullo sfondo, l’onnipresente icona dell’orologio, a scandire un tempo sempre più indifferenziato e pervasivo, ironico rimando ai chapliniani tempi moderni (ancora rigidamente suddivisi) di vita e lavoro. “Il nostro scopo è uscire dall’ufficio il prima possibile”, cantano in coro gli impiegati dell’azienda. Come se ci fosse una vera differenza tra un fuori e un dentro.
To ha sempre dichiarato di amare il musical (genere da lui già toccato, tangenzialmente, in Sparrow); e d’altronde, il cinema di Hong Kong a cui il regista si rifà ha sempre avuto nella componente coreografica un elemento fondamentale. Qui, tuttavia, To abbraccia direttamente (e in modo più filologico) le regole del genere, compiendo un’operazione simile, ma decisamente più riuscita, di quella fatta a suo tempo con Yesterday Once More (che si rifaceva invece alla sophisticated comedy). Il regista si mostra a suo agio con l’estetica e le convenzioni di un musical riletto dall’ottica locale, mettendo in scena i numeri canori con gusto e mestiere, e gestendo in modo abbastanza fluido i loro inserimenti nella diegesi. L’impronta corale della storia si adegua perfettamente a un’opera che ha nello sguardo d’insieme (anche a livello visivo/scenografico) uno dei suoi punti di forza; da un altro punto di vista, tuttavia, la sceneggiatura finisce per zoppicare e perdere di vista alcuni suoi personaggi, riducendone altri a mere macchiette, e dando per scontati alcuni dei suoi subplot (l’esile love story tra i due protagonisti principali). Il fulcro concettuale della storia (il carattere pervasivo e subdolo della finanza, e del modello sociale – sia dal punto di vista dei cittadini che la subiscono, che da quello di coloro che direttamente vi operano – ad essa sotteso) finisce per emergere con maggior forza, e limpidezza, dall’impianto visivo del film che da una sceneggiatura a tratti esile e risaputa. Lo stesso tema, a livello puramente narrativo, era stato in fondo affrontato dal regista in modo più efficace, e rigoroso, nel sottovalutato Life Without Principle.
Il pessimismo sotteso alla storia (una costante per tutto il cinema di To), e l’amarezza celata sotto la sua lucente confezione, cedono il passo, nel finale, a un messaggio consolatorio quanto posticcio: evidente, forse inevitabile concessione alle limitazioni di un’industria ancora pesantemente condizionata dalle direttive di regime. Anche un film che parli della crisi finanziaria, in fondo (pur laddove si esprima in forma di commedia) dev’essere sempre attento a celare la sua attitudine pessimista; ancor meglio laddove arrivi a negarla, in modo diretto, in un finale il cui carattere “costruito” è evidente. Malgrado ciò, l’operazione portata avanti da To, nei suoi limiti, può dirsi riuscita: per rendere ancor più produttivo il suo rapporto col pubblico e l’industria mainland (e perfezionarne gli inevitabili compromessi) in fondo c’è sempre tempo.
Info
La scheda di Office 3D sul sito della Festa del Cinema di Roma.
- Genere: commedia, musical
- Titolo originale: Hua li shang ban zu
- Paese/Anno: Cina | 2015
- Regia: Johnnie To
- Sceneggiatura: Sylvia Chang
- Fotografia: Cheng Siu-keung
- Montaggio: David Richardson
- Interpreti: Chow Yun-Fat, Eason Chan , Lang Yueting, Sylvia Chang , Tang Wei, Wang Ziyi
- Produzione: EDKO Films, Media Asia Films, Milkyway Image, Shanghai Hairun Film & TV Production, Sun Entertainment Culture
- Durata: 119'