Crimson Peak

Crimson Peak

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Il rosso del sangue e della passione, lo splendore della profondità di campo, le performance di Mia Wasikowska, Jessica Chastain, Tom Hiddleston. Crimson Peak intreccia suggestioni gotiche e (iper)melodrammatiche, scenografie lussuose e una messa in scena abbacinante. Un blockbuster che se ne infischia del tempo, del gusto corrente, delle attese del pubblico.

The Girl in the Red Velvet Swing

La giovane Edith Cushing è un’aspirante scrittrice che vive con il padre a Buffalo, New York. Cresciuta con l’ossessione della perdita della madre, Edith riceve un misterioso avvertimento dall’oltretomba: “fai attenzione a Crimson Peak”. Estranea agli ambienti dell’alta società a causa della sua controversa immaginazione, Edith è contesa tra due pretendenti: il dottor Alan McMichael e l’irresistibile seduttore Thomas Sharpe, uno sconosciuto che apprezza Edith per quella che è realmente e che le rapisce il cuore. Quando suo padre muore in circostanze misteriose, Thomas porta Edith nella tenuta di famiglia: Allerdale Hall, un vasto palazzo gotico nelle sperdute colline inglesi, intriso di misteri e pericoli… [sinossi]

Fanciulle in pericolo, case infestate da fantasmi, architetture e suggestioni gotiche. Il cinema statunitense degli anni Quaranta (e non solo) e i sempiterni romanzi di M. R. James, Horace Walpole e Anne Radcliffe. Lo splendore della profondità di campo, preziosismo tecnico ed estetico che ridicolizza l’uso e l’abuso del 3D. Questo è Crimson Peak, ultima fatica del vulcanico bambinone Guillermo del Toro, cineasta che può permettersi di giocare col proprio immaginario, con una cinefilia espansa e trasversale.
Del Toro non prosegue il discorso iniziato con La spina del diavolo (2001) e Il labirinto del fauno (2006), per certi versi narrativamente affini, lasciando fuori da Crimson Peak qualsiasi riflessione storica e politica. Il suo ultimo film, paradossalmente più in linea col giocattolone Pacific Rim (2013), è invece un raffinato e stratificato divertissement che tassello dopo tassello, mattone dopo mattone, ricostruisce i gothic romance film: una fanciulla virginale e di bianco vestita; un seduttore misterioso; una dama in nero; una dimora spettrale e labirintica, affascinante e mortale.
Crimson Peak rievoca le haunted house e gli spazi scenici di Rebecca, la prima moglie, La casa sulla scogliera di Lewis Allen, Il castello di Dragonwyck di Joseph L. Mankiewicz, Suspense di Jack Clayton, Gli invasati di Robert Wise, risalendo fino ai vari The Changeling di Peter Medak, The Others di Amenábar, The Orphanage di Bayona. Del Toro (ri)costruisce attraverso una scenografia sontuosa, una fiumana di argilla rossa e una profondità di campo d’antan, uno spazio cinematografico, cinefilo e orrorifico: Allerdale Hall, come Manderley di Rebecca, è il trionfo della messa in scena, della supremazia della finzione, della sovrastruttura estetica e narrativa – «the studio creation of Manderley contributed to its abstract and isolated character. The location of the house is never specified in a geographical sense; it’s completely isolated, Hitchcock later told. That’s also true of the house in The Birds. I felt instinctively that the fear would be greater if the house was so isolated that the people in it would have no one to turn to» [1].

Il triangolo orrorifico-sentimentale Wasikowska-Hiddleston-Chastain rafforza e conferma le linee architettoniche tracciate da Allerdale Hall, segnando una netta divisione tra i tre protagonisti e il resto del cast/mondo. Una scelta precisa, ma anche un limite narrativo: Crimson Peak funziona pienamente solo all’interno delle mura del palazzo gotico, chiudendo troppo frettolosamente gli snodi narrativi esterni. Ma a del Toro, in fin dei conti, interessa lavorare sugli archetipi e far risaltare la componente (iper)melodrammatica, pescando a piene mani dalle disavventure delle eroine del cinema post-bellico statunitense – «narratives that recount tales of desire, longing, and loss» [2]. La fragilità di Edith, l’ambiguità e la debolezza di Thomas e l’instabilità di Lucille (Rebecca, ancora una volta) vanno a comporre un microcosmo sentimentale e narrativo inevitabilmente chiuso, che accarezza almeno per un attimo l’autosufficienza e che è portatore (in)sano di una iconografia tra il gotico e il melò. Iconografia portata in palmo di mano, ma anche alleggerita da inattesi siparietti quasi comici, che regalano soprattutto al personaggio di Lucille tratti di apprezzabile e schizofrenica modernità.

Crimson Peak gioca con le aspirazioni letterarie di Edith, in bilico tra Jane Austen e Mary Shelley, e con cromatismi elementari ma suggestivi: il bianco del vestito e della neve, il rosso dell’argilla, del sangue, della passione. Ed è così che rintracciamo facilmente i cliché del genere, coi luoghi che si fondono col subconscio e i suoi rimossi, con il superamento dell’essere figlia e vergine, col trauma della crescita, della disillusione dell’amore romantico e travolgente. C’è un po’ de Il sospetto, di Angoscia e di Tragico segreto, ma c’è soprattutto la follia di Lucille, di un amore che è costretto a farsi morte per sperare di sopravvivere. Più (iper)melodrammatico di così…
Crimson Peak trova la propria fertilità nelle emozioni inconfessabili, negli abissi di angoscia evocati dalla profondità di campo (e dalle maschere dell’immancabile Doug Jones), nell’amore per un cinema che non ha paura di essere bigger than life, eccessivo, citazionista, cinefilo, finto eppure verissimo e vivissimo.

Note
1. Steven Jacobs, The Wrong House: The Architecture of Alfred Hitchcock, 010 Publishers, Rotterdam 2007, p. 180.
2. Alison L. McKee, The Woman’s Film of the 1940s: Gender, Narrative, and History, Routledge, Londra 2014, p. 99.
Info
Il trailer italiano di Crimson Peak.
Crimson Peak su facebook.
Il sito ufficiale di Crimson Peak.
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