Le tre scimmie

Le tre scimmie

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Troppo facile, la tragedia, come scappatoia. Più difficile, per le tre scimmie del film (padre, madre e figlio) guardarsi negli occhi, alla fine, ognuno con un bel carico di colpe ed errori commessi (ed è questo il peggio) con la più perfetta buona fede, e le migliori delle intenzioni.

Nuvole non in viaggio

Una famiglia entra in crisi per colpa di una serie di piccoli segreti che alla fine si trasformano in grandi menzogne, e tenta disperatamente di restare unita rifiutandosi di affrontare la Verità. Negando la Verità per evitare prove e responsabilità troppo dure da sopportare, la famiglia decide dunque di non vederla, non sentirla e non parlarne: ma facendo il gioco delle “tre scimmie” riuscirà anche a cancellarla? [sinossi]

Sorpresa: la sfacciataggine di fare oggi un cinema “di poesia”, a volte funziona. Eccome.
Il turco Nuri Bilge Ceylan (Uzak/Lontano, Iklimler/Il piacere e l’amore), per tre volte in concorso a Cannes (un paio delle quali, tra cui Le tre scimmie, vincendo anche premi minori) si affida pienamente alla cura pittorica dell’inquadratura, a una narrazione spesso sospesa in favore della suggestione di atmosfere livide, crepitanti. Proprio come le nubi cariche di pioggia (che Ceylan ficca nei suoi film più volte che può) che raramente però fanno piovere, si percepisce sovente una tensione sempre lì lì per esplodere in tragedia (e relativa catarsi), ma che invece non scoppia affatto. Più chiaramente che mai in questa sua ultima opera, che termina con una tragedia solo sognata ma mai consumata.

Troppo facile, la tragedia, come scappatoia. Più difficile, per le tre scimmie del film (padre, madre e figlio) guardarsi negli occhi, alla fine, ognuno con un bel carico di colpe ed errori commessi (ed è questo il peggio) con la più perfetta buona fede, e le migliori delle intenzioni. Stare al mondo lo stesso, immersi nella propria imperfezione, puntualmente sottolineata dal discreto lirismo del paesaggio. Il padre autista va in carcere, innocente, in cambio di una grossa somma di denaro per coprire il potente politico per cui lavora, il quale una notte ha investito un uomo involontariamente e non può permettersi uno scandalo alla vigilia delle elezioni. Anche la moglie cede al politico (sessualmente), inizialmente per soldi, poi per amore. Il figlio, che già era disorientato prima, comincia a non azzeccarne una e sarà sempre peggio.
Il rimosso, il non detto, i sentimenti inconfessabili tra i personaggi, Ceylan ce li fa sentire a pelle per mera virtù figurativa, attraverso un mirabile gioco di distanze tra gli attori nel quadro, di esitazioni, di indugi (soprattutto usando benissimo gli spazi ristretti e asfissianti del loro appartamento). Il “pathos trattenuto” e solo alluso di questa situazione opaca e fangosa tra i tre sta tutto nei colori caldi e pastosi, nelle zaffate di luce che affiorano incongrue qua e là, nelle ombreggiature rade ma sapienti, nei dettagli rivelatori, nel sound design quasi lynchiano che “amplifica i silenzi”, nella tessitura attentamente graduale dei passaggi tra quadro e quadro, che smussa gli spigoli di una composizione visiva studiatissima e rende l’andatura del film fluida, dolce…

Agli strepiti del melodramma, confinato nelle parole imbarazzanti di una canzoncina strappalacrime nella suoneria del cellulare della moglie, Ceylan preferisce un maturo, stoico, atteggiamento di rassegnata contemplazione delle debolezze degli uomini, di tutti gli uomini – incapaci di recidere il cordone che li lega a un Potere inevitabilmente deleterio (e anche piuttosto goffo e ridicolo, stando a come è ritratto qui il politico). Per giungere a questa faticosa consapevolezza comune (in primo luogo dei tre protagonisti) e a una paradossale serenità da essa derivata, il film fa di tutto per cullarci nella contemplazione, e ci riesce.

Info
Le tre scimmie sul sito del Festival di Cannes.
Il trailer de Le tre scimmie.
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