La Duchessa

La Duchessa

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Compostezza, geometria sfarzosa dello spazio e interpretazioni trattenute. Sono queste le caratteristiche de La Duchessa di Saul Dibb, biografia romanzata di Georgiana Spencer, duchessa del Devonshire. Con Keira Knightley e Ralph Fiennes.

Turisti dell’aristocrazia

Althorp, 1774. Nel giardino della tenuta di campagna della famiglia Spencer, sei giovanotti aristocratici si preparano a gareggiare in una corsa. La diciassettenne Georgiana fa il tifo per Charles Grey. All’interno della casa, Lady Spencer, madre di Georgiana, sta concludendo un accordo matrimoniale con il Duca del Devonshire, un uomo di diversi anni più grande di Georgiana. Il contratto di nozze garantisce a Georgiana un’ottima copertura finanziaria, a condizione che dia un erede maschio alla casata del Duca… [sinossi]

È percepibile dal primo momento in cui si entra in sala il rispetto verso alcuni film; uno di questi è per esempio La Duchessa. Basta che sin dalle inquadrature iniziali vi sia la compostezza, lo stile e la geometria sfarzosa dell’architettura settecentesca inglese, di cui tanto cinema si è infatuato, ma anche le figure nobili che non danno mai in escandescenza nel discutere, così come l’ordine nel desinare e nell’abbigliarsi. Tutto questo insieme fa sì che il pubblico osservi silenzioso in punta di piedi, come un timoroso turista ha paura di turbare una perfezione apparente. Bisogna capire però se lo spettatore, sorta di voyeur di salotti museali, sia poi anche entusiasta di ciò a cui dedica tanta reverenza.

L’armonia di certo non è turbata per tutto il film di Saul Dibb, non vi sono scossoni che agitano lo sguardo, non tanto nella trama quanto nel modo di seguire le vicende di lady Georgiana Spencer e di suo marito, il duca di Devonshire. Ciò non è necessariamente un difetto. In questa discrezione vi si può riconoscere una plausibile aderenza al Settecento inglese, dove i formalismi tra coniugi di famiglie nobili erano atti a mascherare, mettere in sordina, una chiara egemonia maschile: il nostro duca Ralph Fiennes, infatti, immerso nei suoi hobby quali la caccia agli animali e alle giovani fanciulle, somiglia  abbastanza a quel Daniel Day Lewis che in Camera con vista, trattava come un oggetto la futura moglie irrequieta e passionale. Ma qui si aggiunge anche un pizzico di crudeltà in più: il duca arriva a gettare la maschera e imporre la propria autorità su una donna un po’ stravagante ma sensibile, talvolta con violenza, più spesso col potere ricattatorio datogli dal titolo nobiliare. In alcuni momenti sembra accennarsi una contrapposizione tra conservatori e illuministi in questo conflitto matrimoniale, ma qui si parla appunto di stravaganza, e non come dice la sinossi festivaliera (il film è stato presentato al Festival di Roma) di anticonformismo; non possiamo certo donare al ruolo della bella e sofferente Keira Knightley, un essere contro come portatrice di nuovi valori di libertà. Non punge affatto nell’eloquio questa duchessa e, aldilà di un talento per la moda e un ottima affabilità coi giornali e con il popolo, non possiamo certo definirla rivoluzionaria, né tanto più una figura femminista. Cosicché il sontuoso affresco del film non aggiunge niente di nuovo a ciò che ci aspetta già di vedere: un anelito romanzesco sentimentale che deve scontrarsi con le barriere aristocratiche dell’epoca. L’unica finestra sul mondo che verrà può considerarsi il giovane politico: col suo modo audace di sfruttare come testimonial la duchessa nelle proprie campagne elettorali, la quale a sua volta sfrutta ciò per farsi pubblicità, ci ricorda un esercizio mediatico che pare essere piuttosto attuale (la Peron come esempio alto, Flavia Vento come quello più deteriore). Ma aldilà di questo il politico nascente, forse futuro rivoluzionario, forse solo futuro uomo di potere e niente più, non viene sfruttato a pieno, se non per dar forza alle romanticherie della duchessa.

Se non altro questa ubbidienza, forse più iconografica che storica al Settecento, qua e là modaiola e furbesca (come nell’allusione al rapporto saffico tra la duchessa e l’amante del marito), mostra una sua dignità e coerenza non cedendo fino in fondo al ricatto sentimentale; senza sussulti sarà anche la fine della storia. Fosse stata una piena vittoria dei sentimenti La Duchessa sarebbe diventato qualcos’altro, probabilmente peggiore, o forse lo stesso, chi lo sa.
Di certo sarà disattesa l’idea iconoclasta che qualcuno, in eccesso di rabbia o di follia rompa l’armonia sfregiando qualche arazzo, o sfasciando qualche scrivania rococò, se non in una fugace sequenza di ballo in cui Georgiana, ubriaca, butta giù un lampadario e la sua parrucca improvvisamente prende fuoco, con i convitati a guardarla come statue inerti, un lampo visivo che però la regia dimentica presto. Si poteva anche auspicare di vedere esplodere, esagitare il volto impassibile eppure sempre amaro di Fiennes, poteva essere tutto più coinvolgente. Magari si può dubitare che l’attore ne sia capace: è la sua forza e la sua debolezza, ma probabilmente quel viso ha una potenzialità comica (vedi In Bruges) che egli stesso non sfrutta ancora a pieno.

Info
Il trailer italiano de La Duchessa.
La Duchessa sul canale Film su YouTube.
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