Impy Superstar – Missione Luna Park

Impy Superstar – Missione Luna Park

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Tra situazioni eccessivamente reiterate e scopiazzamenti da cartoon fin troppo recenti – vedere per credere tutta la parte all’interno del ventre della balena, che guarda senza vergogna a Finding Nemo di Andrew Stanton – Impy Superstar – Missione Luna Park arranca riuscendo a piazzare solo pochi colpi ben assestati.

Carta canta, dinosaur dorme…

Avvertenza iniziale: il titolo della recensione fa riferimento alla presenza nel cast di doppiatori di Marco Carta, fresco vincitore del Festival di Sanremo, nonché trionfatore della scorsa edizione di Amici. Il nostro si esibisce in un doppiaggio senza troppe lodi e ci intrattiene con una cover di That’s the Way (I Like It). Inutile dire come chi scrive abbia avuto modo di rimpiangere la versione di KC and the Sunshine Band.

E così Holger Tappe e Reinhard Kloos tornano alla carica: ad appena due anni di distanza da Impy e il mistero dell’Isola magica – ma il film nel nostro paese è uscito otto mesi fa – ecco di nuovo apparire all’orizzonte l’inconfondibile figura del giovane dinosauro. Sempre accompagnato dalla sua cricca di svampiti amici (un leone marino, un pellicano, una lucertola e un pinguino) e cresciuto dal maiale che gli fa da mamma e dal professore proprietario dell’isola, Impy è ora alle prese con una sorellina panda sbucata dal nulla e con un miliardario statunitense che lo vuole come principale attrazione del luna park che una cordata di facoltosi sceicchi gli ha commissionato. Vi gira leggermente la testa? Nulla di preoccupante, è l’effetto collaterale inevitabile di una trama a dir poco convulsa, eppur straordinariamente piatta; paradossi a parte, a far sorgere non pochi dubbi nello spettatore di Impy Superstar – Missione Luna Park è la fastidiosa sensazione che l’intera impalcatura edificata dai due cineasti non sia altro che un insipido trucchetto per menare per il naso gli spettatori, adulti o bambini che siano. Il film procede infatti per un meccanico e scricchiolante affastellamento di inserti che deviano dal percorso principale: quando Piggy, la mamma/scrofa, comprende che Impy ha deciso di imbarcarsi alla ventura seguendo le promesse di fama e gloria propinategli dal lestofante Barnaby, si lancia all’inseguimento del piccolo. L’intera sequenza in realtà non è studiata tanto per evidenziare l’attaccamento della maialina al cucciolo di dinosauro, quanto per lanciarsi in una stiracchiata gag slapstick, con Piggy catapultata su uno skateboard lanciato a tutta velocità per le viuzze dell’isola. E questo è solo uno degli esempi, probabilmente il più fulgido (ma avremmo potuto citare anche la partita di pallavolo e il personaggio di Eddie, originale e inimitabile fantasma scozzese), della mancanza di una vera e propria struttura narrativa su cui poggiare le disavventure di Impy e della sorellina Baboo.

Tra situazioni eccessivamente reiterate e scopiazzamenti da cartoon fin troppo recenti – vedere per credere tutta la parte all’interno del ventre della balena, che guarda senza vergogna a Finding Nemo di Andrew Stanton – il film arranca riuscendo a piazzare solo pochi colpi ben assestati: uno di questi è senza dubbio la creazione del personaggio di Otto, il fedele bulldog di Barnaby, non esattamente dotato da un punto di vista intellettivo.

Ma è poca cosa, così come l’animazione del film: non ci stancheremo mai di ripeterlo, ma chiunque veda nel 3D la panacea di tutti i mali, la soluzione alle millantate crisi dell’animazione contemporanea (e vorremmo davvero sapere a cosa si riferiscono gli esegeti della computer grafica), sta a nostro modesto avviso sbagliando clamorosamente mira. E non basta far riferimento a quei pochi casi in cui il 3D è stato effettivamente usato con lungimiranza – e qui ci riferiamo alla Pixar, ma non solo – perché il fatto è che, soprattutto in Europa, questa tecnica è diventato l’alibi perfetto dietro il quale si nasconde chi pensa di poter aggirare la cura della messa in scena cercando di far leva sugli oh! di meraviglia del pubblico. Certo, qui non siamo ai livelli incresciosi che avevamo riscontrato in Mocland di Juan Manuel Suárez, ma certo è che  come la produzione spagnola, anche quella tedesca ne ha di strada da fare se intende continuare a concentrare gli sforzi sul 3D: al di là del dittico con protagonista Impy, cosa dire infatti di Nel magico mondo di Gaya, diretto sempre da Holger Tappe in collaborazione con Lenard Fritz Krawinkel o di Lissy – Principessa alla riscossa di Michael Herbig?

Eppure basterebbe guardare in casa per scoprire perle come Tiffany e i tre briganti… ma tant’è, Impy torna ancora una volta trionfatore all’isola, il professor Siebenstein ignora tutto il pandemonio accaduto in sua assenza, e Marco Carta ci delizia con i suoi gorgheggi.
That’s All, Folks!

Info
Il trailer di Impy Superstar – Missione Luna Park.

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