Falstaff

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Spesso ammaliato dalla sfida con il materiale shakespeariano, mai vissuta in maniera prona, Welles trova nel personaggio di John Falstaff una figura a lui singolarmente congeniale: l’ode alla gioia del vivere, al godimento stesso dell’esistenza, la ὕβϱις istintiva e innata di un fanfarone senza arte né parte, un Tartarin di Tarascona ante-litteram, sintetizzano i caratteri peculiari di molti dei personaggi chiave della sua carriera. In dvd con Sinister e CG.

Dopo aver percorso un tratto di strada immersi nella neve, sir John Falstaff e Mastro Shallow si riscaldano davanti a un fuoco crepitante: in un primo piano contrastato e beffardo Shallow ripete estasiato “Quante ne abbiamo viste!”. Come affermò anche nel corso della lunga e complessa chiacchierata/intervista di Peter Bogdanovich, Orson Welles non amava i primi piani, e se il suo Falstaff ne abbonda è solo per venire incontro alle ristrettezze di budget, che lo costringevano a determinate scelte estetiche. Eppure nell’incipit descritto dianzi è possibile scorgere l’intera intelaiatura che sorregge e fortifica Falstaff, tra tutti i suoi capolavori uno dei più misconosciuti, per lo meno al pubblico italiano.

È dunque da rimarcare con forza la scelta della Sinister Film e della CGHV di riproporre quest’opera capitale per il mercato dei dvd: con il nome spesso e volentieri legato essenzialmente a Quarto potere, Orson Welles ha al contrario disseminato nel corso della sua sorprendente carriera autoriale una vera e propria messe di gemme, istanti di cinema sublimi, di fronte alla cui grandezza non si può che restare annichiliti. Spesso ammaliato dalla sfida con il materiale shakespeariano, mai vissuta in maniera prona – come dimostrano anche l’Otello e il Macbeth –, Welles trova nel personaggio di John Falstaff (rintracciabile in due distinte opere del Bardo, le due parti di Enrico IV e Le allegre comari di Windsor) una figura a lui singolarmente congeniale: l’ode alla gioia del vivere, al godimento stesso dell’esistenza, la ὕβϱις istintiva e innata di un fanfarone senza arte né parte, un Tartarin di Tarascona ante-litteram, sintetizzano i caratteri peculiari di molti dei personaggi chiave della sua carriera. Allo stesso tempo il dimesso canto funebre di un’epoca come quella della medioevale Merrie England, destinata alla sconfitta e all’oblio, assomiglia a molte altre società decadute descritte dal cineasta statunitense: in questo modo Falstaff diventa il simbolo dell’individuo sconfitto dal Potere e da chi lo amministra. Le falsità e le spacconate di cui l’ubriacone e rubicondo protagonista si fregia più volte nel corso del film sono poco più che barzellette in confronto alle truffe e ai raggiri che si debbono architettare per raggiungere e mantenere il trono d’Inghilterra: è proprio per questo che Hal, novello Enrico V, non potrà che disprezzare pubblicamente il suo (cattivo) maestro, svilendolo di fronte all’intera corte (“Quanto male si addicono i capelli bianchi a uno sciocco buffone”). Eroe e al contempo negazione di sé stesso, Falstaff sembra essere stato cucito idealmente sulla pelle di Orson Welles, che regala qui una delle sue interpretazioni più sorprendenti – superata forse solo da quella del maestoso Storia immortale – come dimostra proprio il superbo e disperato finale. Pur dovendo lavorare come (quasi) sempre con una produzione rabberciata e piena di intoppi e problematiche, la messa in scena architettata da Welles è un vero e proprio profluvio di intuizioni: dall’utilizzo espressivo e ricco di profondità dei primi piani a una scenografia essenziale che al contempo riesce sempre a evitare di scadere nella misera quinta teatrale. Ma il risultato più mirabile in tal senso viene raggiunto nell’immaginifica sequenza della battaglia, con i due eserciti immersi in un pantano e coperti da una pioggia incessante: tanto il resto del film sembra rifarsi alle geometrie allegoriche di Sergej Ejzenštejn quanto questi dieci minuti o poco più ricordano da vicino i furori belluini di Akira Kurosawa, trascinandoci in un’esperienza spettatoriale di fronte alla quale non si può non provare un godimento sensoriale e automatico.

Insomma, un dvd che non si può perdere (nonostante la quasi totale mancanza di contenuti extra, se si esclude l’interessante colonna sonora di Lavagnino) visto anche il pressoché totale oblio in cui Falstaff è via via scivolato, in Italia come nel resto del mondo: non è un mistero, dopotutto, che Welles amasse ricordare come Charlton Heston, anni e anni dopo l’uscita del film avesse proposto al regista e attore di interpretare il ruolo di John Falstaff, una parte con la quale avrebbe sempre amato vederlo confrontarsi. Grottesca ironia di un mondo, come quello dello spettacolo, che riesce a dimenticare anche i suoi esempi più lucenti ed esaltanti. Ora che avete l’occasione di non cadere nello stesso errore di Heston, sfruttatela…

Info
Il trailer originale di Falstaff.
La scheda di Falstaff sul sito della CG.
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