Life Without Principle

Life Without Principle

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Con Life Without Principle Johnnie To abbandona, almeno apparentemente, le timbriche più tipiche del suo cinema per raccontare l’impatto che il crollo mondiale del sistema bancario ha avuto sulla vita dei singoli cittadini. Un po’ confusionario nella scrittura, ma affascinante.

La bolla che scoppia

Una comune impiegata di banca, promossa analista finanziaria, è costretta a vendere ai clienti titoli ad alto rischio per raggiungere gli obiettivi di vendita. Un delinquente di mezza tacca spulcia gli indici dei futures nella speranza di guadagnare soldi facili per pagare la cauzione a un amico nei guai con la legge. Un ligio ispettore di polizia, da sempre soddisfatto del suo tenore di vita da reddito medio, si ritrova disperatamente a corto di soldi quando la moglie versa la caparra per un appartamento di lusso che non può permettersi e il padre morente gli chiede di prendersi cura di una sorellastra minore che neppure sapeva di avere… [sinossi]

Il cinema ai tempi della crisi finanziaria. Johnnie To torna al Lido nelle vesti di regista a quattro anni da Mad Detective (che fu il film “a sorpresa” dell’edizione del 2007) e si confronta con l’attualità politica e sociale che sta trascinando il mondo sull’orlo della bancarotta. Una scelta che già di per sé dovrebbe segnalare l’urgenza, per il grande cineasta hongkonghese, di allontanarsi almeno parzialmente da quei codici estetici che poco per volta rischiavano di ingabbiarlo: una necessità avvertibile già con Don’t Go Breaking My Heart, rom-com assai poco convincente diretta in co-regia con il fedele Wai Ka-fai e passata sugli schermi udinesi del Far East Film Festival lo scorso aprile, e che con ogni probabilità troverà conferma anche in Romancing in Thin Air, terza regia portata a termine in questo 2011. Un anno fecondo per To, la cui carriera conta quarantatré regie tra il 1979 e oggi, che non dirigeva così tanti film in breve tempo dal 2004 (quando portò a termine Breaking News, Throw Down e Yesterday Once More). Si diceva dunque della volontà di To di distaccarsi dai cliché narrativi ed estetici ai quali viene solitamente accostato il suo nome: la prima ora di Life Without Principle (il titolo originale è Duo mingjin) non contempla inseguimenti, sparatorie, movimenti articolati della macchina da presa, emozioni forti, ma solo la descrizione di un evento come il crollo della borsa mondiale, tanto immateriale nella forma quanto dirompente e determinante nella sostanza.

Johnnie To, facendo leva su una sceneggiatura scritta da Au Kin-yee e Wong King-fai con l’essenziale apporto del Milkyway Creative Team, si preoccupa di far sì che anche lo spettatore più ignorante in materia possa avere l’occasione di comprendere il significato di simboli, diagrammi, termine di uso bancario, andamento della borsa e via discorrendo: quel che ne consegue è un profluvio di dialoghi incentrati sull’argomento, e messi in scena sfruttando come escamotage il personaggio della giovane analista finanziaria, impegnata a promuovere agli occhi dei suoi clienti un investimento ad alto rischio. 

E proprio la presentazione dei vari personaggi che vanno a comporre questa complessa ramificazione di episodi tra loro connessi palesa senza ombra di dubbio lo stato di confusione che pervade il lavoro in fase di scrittura. Laddove il detective – impegnato con la sua compagna a cercare di acquistare un appartamento da favola con vista tanto sull’oceano quanto sulla collina – viene presentato in un incipit breve quanto folgorante, in grado di racchiudere in pochi istanti i caratteri in scena, sia la già citata analista finanziaria che il piccolo villain dal cuore d’oro necessitano di troppi minuti prima di entrare nelle grazie del pubblico. Il film così fatica a decollare, nonostante la solita maestria di To dietro la macchina da presa e qualche sequenza effettivamente efficace (su tutte quella della povera donna che, speranzosa di poter guadagnare qualche dollaro hongkonghese in più, si lascia abbindolare dall’analista senza riuscire a capire niente della proposta che le viene fatta). Solo quando Life Without Principle ha superato la boa di metà percorso il film inizia a cambiare realmente ritmo, agevolato (non a caso) da una timbrica più tendente al noir e all’action: uno dei clienti della banca, uno strozzino, viene ucciso in un parcheggio; il delinquente è impegnato in una corsa contro il tempo per trovare il modo di guadagnare milioni di dollari e allo stesso di salvare la vita al suo migliore amico, ferito gravemente al petto; il detective si ritrova imprigionato in un ascensore con un anziano disperato armato di bombola a gas e accendino. Il ritmo si fa dunque più concitato e To ritrova a sprazzi lo smalto dei suoi capolavori, salvo però disperdere parte del suo potenziale in una quadratura del cerchio fin troppo geometrica e calcolata, che riduce di molto anche l’impatto critico dell’argomento principale. 

L’impressione è che la crisi finanziaria, spunto interessante e inusuale, anche e soprattutto nel cinema dell’estremo oriente, fosse solo un mcguffin per raccontare storie di vita più o meno ordinaria. Un peccato, perché da un regista come Johnnie To è lecito aspettarsi sempre il meglio. Un titolo, questo, cui forse avrebbe giovato una sistemazione nel Fuori Concorso, lontano dalle luci della corsa al Leone d’Oro: discorso, questo, valido anche per altri titoli in competizione.

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