Il castello nel cielo

Il castello nel cielo

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La spettacolarità de Il castello nel cielo è esaltata dalle sequenze aeree, passione mai sopita del regista giapponese, che riesce a creare una sorta di tecnologia aviatoria, bizzarra ma credibile, in stile ottocentesco.

Un regista tra le nuvole

Sheeta, misteriosa ragazzina in possesso di una magica pietra azzurra, è inseguita da una sgangherata banda di pirati dell’aria e da un torvo agente governativo. Grazie all’aiuto di Pazu, giovane e coraggioso minatore gallese, riuscirà a svelare il mistero della pietra, a scoprire le proprie origini e a ritrovare la leggendaria Laputa, l’isola che fluttua nel cielo… [sinossi]

Il tempo a volte aggiusta le cose, almeno in (piccola) parte. L’uscita nelle sale italiane del miyazakiano Il castello nel cielo (1986), oltre a sottolineare il prezioso lavoro della Lucky Red, colma un vuoto, un ritardo che è soprattutto culturale e solo secondariamente distributivo. Negli anni in cui la Disney – si veda, come punto più basso, il disastroso Taron e la pentola magica – annaspava artisticamente e tecnicamente, in Giappone si produceva da tempo animazione di elevatissimo livello, per qualità e contenuti: piccoli e grandi capolavori che venivano sistematicamente ignorati dal Bel Paese. E nulla è cambiato: Otomo, Takahata, Oshii e via discorrendo. Ma il discorso si potrebbe tranquillamente spostare su tanta animazione europea, asiatica e americana mai arrivata nelle nostre sale. Per non parlare di tutte quelle pellicole – animazione o live action, commerciali o autoriali – che restano sistematicamente fuori dai nostri confini nazionali o che passano come meteore (l’ultimo Sokurov, tanto per fare un esempio facile facile). Ecco, Il castello nel cielo colma un vuoto, dopo quasi tre decenni. Si potrebbe, guardando il bicchiere mezzo pieno, essere quasi contenti.

Segnalando la consueta cura della Lucky Red nell’adattamento e nel doppiaggio, vi riproponiamo una recensione scritta in occasione dell’edizione 2004 del Future Film Festival. Gli anni passano, ma i capolavori di Miyazaki mantengono una freschezza quasi miracolosa. E la distribuzione è finalmente arrivata.Dopo lunghi e insensati anni di vuoto critico e distributivo, le opere del grande cineasta nipponico Hayao Miyazaki hanno conquistato una buona visibilità e il suo nome non ha più un suono esotico. Le fortune festivaliere de La città incantata (Orso d’oro a Berlino ed Oscar come miglior film d’animazione) hanno aperto la strada alle pellicole precedenti, almeno per una distribuzione home video (sempre meglio di niente). Dopo la travagliata edizione in vhs e dvd di Kiki’s Delivery Service (Mayo no Takkyubin, 1989) è arrivato Laputa, il castello nel cielo (Tenku no Shiro Laputa, 1986), seconda uscita della collana Studio Ghibli Collection, proiettata su grande schermo al Future Film Festival 2004.
Miyazaki, avido consumatore di letteratura fantascientifica, fantasy e d’avventura, recupera il convincente character design di Conan e Lana della serie televisiva Conan, il ragazzo del futuro (Mirai Shonen Conan, 1978) e immerge i due giovani protagonisti (ora Pazu e Sheeta) in un’atmosfera Belle Epoque in stile Jules Verne, con evidenti riferimenti all’isola volante Laputa descritta da Jonathan Swift nel secondo capitolo de I viaggi di Gulliver e alle fortezze volanti dotate di armi distruttive descritte nel Mahabharata.
Dal punto di vista tecnico, è inevitabile sottolineare la qualità dell’animazione, datata 1986 e ancora oggi inarrivabile per la maggior parte delle produzioni europee, americane e persino giapponesi. Il morbido e pulito character design, la ricchezza dei fondali e la fluidità dei movimenti hanno sempre caratterizzato le opere dello Studio Ghibli e hanno permesso a Miyazaki, che supervisiona ogni fase produttiva e spesso interviene di suo pugno, di liberare la sua fantasia.

Tra le tante sequenze memorabili, alcune hanno fatto scuola e sono state fonte d’ispirazione e di citazione: Hideaki Anno ha riproposto le atmosfere dei titoli di testa per due dei suoi maggiori successi, Il mistero della pietra azzurra (Fushigi no umi no Nadia, 1991) e Le ali di Honneamise (Honneamise no tsubasa, 1987), e John Lasseter, tycoon della Pixar, ha omaggiato Miyazaki in A Bug’s Life (1998). La sequenza in cui Flik salva la Principessa Dott, attaccandosi al dorso di un insetto volante, è una chiara citazione del drammatico salvataggio di Sheeta con i flaptor. Il castello nel cielo è probabilmente il film che meglio rappresenta e riassume l’opera di Miyazaki, pur non possedendo lo spessore politico di pellicole come Princess Mononoke (Mononoke Hime, 1997) o Nausicaä della Valle del vento (Kaze no Tani no Nausicaä, 1984). Il regista di Akebono riesce a far convivere le sue due anime cinematografiche: il gusto per l’azione, il ritmo elevato e la commedia – il suo primo lungometraggio, Il castello di Cagliostro (Lupin Sansei: Cagliostro no Shiro, 1979), è un esempio lampante – e la voglia di esprimere, attraverso sequenze che si tingono di poesia, le sue riflessioni sul mondo, sull’uomo, sulla natura. Laputa è un film che diverte e intrattiene e, allo stesso tempo e senza perdere colpi, offre spunti di riflessione e commuove.

Oltre a dirigere con estrema sapienza le scene d’azione, come il già citato salvataggio coi flapptor o l’inseguimento sui binari morti, Miyazaki sfrutta a meraviglia il potenziale comico della banda di pirati di Mama Dola, dimostrando che il cinema d’animazione non è costretto a ricorrere a buffi animaletti canterini per strappare una risata. La spettacolarità di Laputa è esaltata inoltre dalle sequenze aeree, passione mai sopita del regista giapponese, che riesce a creare una sorta di tecnologia aviatoria, bizzarra ma credibile, in stile ottocentesco. Ma è proprio Laputa, l’isola fluttuante, che eleva il film verso vette altissime: Miyazaki disegna l’isola “attorno” a un grande e maestoso albero che, travalicando le dimensioni del possibile, diventa metafora della natura che si riappropria dei propri spazi e monito alla cieca e stolta corsa agli armamenti. La sequenza del primo incontro tra i due giovani protagonisti e l’ultimo robot guardiano dell’isola è pura poesia, sottolineata dalle ispirate e leggiadre note di Joe Hisaishi – autore di tutte le colonne sonore dei film di Miyazaki, ad eccezione de Il castello di Cagliostro, e fidato compositore di un altro geniaccio del Sol Levante, Takeshi Kitano.

Info
Il castello nel cielo su nausicaa.net
Il castello nel cielo sul sito della Lucky Red.
Il trailer de Il castello nel cielo.
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