3 Days to Kill

3 Days to Kill

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Arriva in sala 3 Days to Kill, diretto da McG e co-sceneggiato da Luc Besson a partire da una sua stessa idea originale: thriller a sfondo spionistico e familiare tutto incentrato sul corpo attoriale di Kevin Costner.

Il grado zero del “Luc Besson movie”

Ethan è una spia di livello internazionale che ha deciso di farla finita con il suo passato per tentare di riavvicinarsi alla moglie e alla figlia che ha tanto trascurato negli anni. Costretto a sacrificare la vita privata per evitare che le persone che più amava al mondo finissero in pericoloso a causa sua e dei suoi pericolosi affari e ora pronto a redimersi una volta per tutte, Ethan non è tuttavia indifferente al richiamo allettante e forse irresistibile di un’ultima missione che lo porrà di fronte a una delle prove più difficili di tutta la sua vita: scovare il terrorista più spietato sulla faccia della terra. Ma soprattutto, per la prima volta in oltre dieci anni, rimanere fuori con la figlia mentre la moglie si trova fuori città…[sinossi]

In 3 Days to Kill Kevin Costner si chiama Ethan, esattamente come l’agente segreto Hunt interpretato da Tom Cruise nella saga Mission: Impossible. Coincidenza voluta o meno, le assonanze rimangono ugualmente: c’è una missione mortale anche se non impossibile, un supercattivo esotico con un soprannome pittoresco (l’albino) da combattere e una vita privata da preservare, come ogni supereroe con superproblemi che si rispetti. Il canovaccio di base, di suo già piuttosto logoro e bollito, sembra dunque seguire il modello standard dell’action contemporaneo più abusato, corsi e ricorsi inclusi, senza variazioni sul tema o colpi di coda particolarmente rilevanti che meritino di essere segnalati in questa sede. La regia muscolare di McG, già regista di Charlie’s Angels e Terminator Salvation, si mette al servizio totale del meccanismo rodato, facendo leva sulla pulizia anonima e prevedibile della messa in scena e sui pochi assi nella manica che essa è in grado di sfoderare.

Il cuore di un prodotto come questo non può però prescindere, al di là di ogni sciatteria programmatica e verrebbe da dire inevitabile, dalla scrittura. Cosa che, viste le premesse, non può non apparire come un paradosso. Ma che nei fatti non lo è per nulla se a sceneggiare c’è una personalità ingombrante e vulcanica come Luc Besson, da molto tempo attivo con la sua EuropaCorp nel dare vita a numerose filiazioni più o meno dirette della sua estetica e idea di cinema. Anche quando non firma personalmente la regia, il cineasta transalpino è lì, a ridosso dei film che scrive o produce, come ogni “colonizzatore dell’immaginario“ che rispetti. Un ruolo che l’autore di Nikita si è cucito addosso con costanza indefessa, inanellando anche una serie di film nulli e insignificanti sotto il profilo strettamente cinematografico ma anche non troppo soddisfacenti dal punto di vista strettamente commerciale. Il problema di fondo, in questo caso come in altri, è la tendenza di Besson ad avallare una semplificazione del proprio stesso mondo espressivo facendo ad esso da padrino artistico, come una sorta di supervisore svogliato e anodino di una mediocrità riconducibile a se stesso. Nel cinema bessoniano le ragioni di interesse, anche nei frangenti meno riusciti, in realtà non mancano, complice un uso smaliziato e manipolatore degli stilemi del film d’azione, fatti dialogare a dovere con la pubblicità, con il tv movie più industriale, perfino con il film d’autore dagli echi esistenziali ma dal notevole pragmatismo.
Ma cosa resta, di tutto ciò, in un film come 3 Days to Kill, semplificato e spogliato da ognuna di tali implicazioni? Molto poco, se non quasi nulla. Qualche inserto da cartolina ad hoc (Parigi), un paio di spregiudicatezze smargiasse che risultano però più cialtrone che spavalde, figure bidimensionali (il personaggio di Amber Heard, implausibile oltre che poco approfondito) e giovani attrici promettenti quasi del tutto sprecate (quell’Hailee Steinfeld che ancora fatica a trovare una sua posizione definita nel dedalico panorama del giovane divismo contemporaneo).
L’Ethan di Costner, se inserito in un contesto meno becero e sornione a tutti i costi, avrebbe avuto – con le dovute proporzioni – le potenzialità per essere un erede più solare del William Munny de Gli Spietati di Clint Eastwood, ma l’ironia dello script di Besson è priva di ritmo, sfilacciata e automatica come una barzelletta risaputa e ripetuta ormai alle soglie della pedanteria. Del cowboy il personaggio conserva soltanto lo humour obliquo e l’approccio alla realtà ostinatamente analogico, contrapposto all’ovvia digitalizzazione della figlia e del mondo che gli si sviluppa attorno. La riabilitazione di un’icona ormai non più sulla breccia come Costner non va dunque a buon fine, sebbene qualche sano momento all’insegna del riso trash sia comunque assolutamente assicurato.

E’ però sconfortante rilevare l’assenza di qualsiasi altra destinazione d’uso, al di là di quest’ultima spiaggia, per un film che oltretutto sbanda parecchio superata la metà, incapace di supportare a dovere le quasi due ore di durata. Vanificando, tra l’altro, un senso di oppressione che trattandosi pur sempre di corsa contro il tempo sarebbe stato a dir poco salutare alla riuscita complessiva. L’adrenalina maggiore finisce col risiedere esclusivamente nella tensione comica dei dialoghi tra Ethan e il genero, forieri di stereotipi e battutine ammiccanti sciorinate a profusione. Ma la chiave della presa in giro non è l’unica che il film di McG prova ad utilizzare per sbarcare il lunario, ripiegando, all’apice dell’assenza di tono e del ripiegamento su se stessa della patina action, a un familismo sentimentale un po’ fuori posto, che confonde ancora di più le acque e finisce col lasciare lo spettatore a bocca asciutta su ogni fronte.

Info
Il trailer di 3 Days to Kill su Youtube
3 Days to Kill sul sito della Eagle Pictures
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