Minions

Con questo Minions, la Illumination Entertainment dedica uno spin-off agli acclamati aiutanti del cattivissimo Gru: le premesse non erano poi delle peggiori, ma il risultato, nel suo complesso, soffre di convenzionalità.

Scagnozzi per vocazione

Prima degli uomini, prima ancora dei dinosauri, all’alba della storia della Terra, c’erano già i Minions: esseri minuscoli e naturalmente votati a servire il padrone più malvagio. Attraversate tante epoche storiche, trovato rifugio nella steppa siberiana, lo spirito guerriero dei Minions si assopisce e si abitua alle comodità. Finché tre loro esponenti non decidono che è ora di cambiare… [sinossi]

Nei due episodi di Cattivissimo me (blockbuster d’animazione della Illumination Entertainment, iniziatore di un franchise di cui ora è atteso un ulteriore sequel) ammettiamo che la figura dei Minions, buffi ed enigmatici aiutanti del protagonista, ci era sembrata uno degli elementi più interessanti. Mantenendosi nei canoni di un’animazione piuttosto standardizzata, lontana quindi dai prodotti più complessi (e autenticamente rivolti a un pubblico trasversale) della Pixar, i due episodi di questa ancor giovane serie avevano trovato, se non altro, nelle piccole creature un elemento dinamico e di curiosità; ciò, visto il loro strambo modo di esprimersi (un idioma incomprensibile, che mescola vocaboli e monosillabi da varie lingue conosciute), il loro design piacevolmente freak, e la loro origine non chiara. Ora, sulla scia di quanto fece la Dreamworks con I pinguini di Madagascar (e vista la simpatia che il pubblico ha tributato ai curiosi esseri gialli) i Minions hanno un loro film dedicato: uno spin-off che è in realtà anche un prequel, visto che racconta la storia degli aiutanti del cattivissimo Gru prima dell’incontro con quest’ultimo; e che si configura anche, verosimilmente, come episodio unico, dato il suo ricollegarsi direttamente agli eventi del film originale.

La parte più efficace di questo Minions, che vede la conferma alla regia del Pierre Coffin dei due episodi della serie principale (stavolta coadiuvato dalla new entry Kyle Balda) è quella iniziale; qui, viene fatto un breve excursus sulla storia e sull’evoluzione di questi esseri, partendo dalla preistoria (e dal loro rapporto privilegiato con la specie diabolica per eccellenza, quella del T-Rex), attraversando il mondo antico e il Medioevo, e giungendo fino all’età napoleonica. La scelta di integrare la vicenda collettiva di piccole creature naturalmente opportuniste, votate al padrone più crudele, con alcuni eventi-chiave della storia umana si rivela indubbiamente furba, ma a suo modo indovinata; vedere i Minions attraversare le epoche diverte e strappa sorrisi, così come vederli seguire ascese e cadute (come tanti, grotteschi lacché pseudoumani) del padrone di turno. Siamo nell’ambito, ovviamente, di una rilettura della storia standardizzata e senza la pretesa di graffiare (in linea col target a cui il prodotto è rivolto); ma si nota comunque un certo gusto nell’abbozzo della descrizione della struttura sociale delle creature, nel passaggio dal nomadismo alla stanzialità, con l’inevitabile assopimento e l’emergere delle tre figure che diverranno protagoniste della storia. Inevitabilmente, una di esse (il personaggio più timido e imbranato) finirà per trovare il suo personale riscatto, stupendo i suoi compagni. Tutto come da copione, insomma.

Poste le premesse, e una volta entrati nel vivo della vicenda, il film si fa molto più dinamico, ma anche decisamente più banale. Lo sbarco dei piccoli Kevin, Stuart e Bob nella Londra del 1968 provoca l’inevitabile (e molto stereotipato) incontro/scontro con la cultura hippie, con gli esponenti del peace and love, con una società in subbuglio di cui vengono resi (ma c’erano pochi dubbi a riguardo) solo i tratti esteriori. Come molti prodotti analoghi, e come in fondo era annunciato, il film non vuole fare una rappresentazione del contesto che abbia un minimo di credibilità, non si pone il problema dell’incontro del fantastico con la storia, men che meno prova ad abbozzare una riflessione sulla diversità delle piccole creature. Se la precedente metà aveva offerto una qualche illusione a riguardo (aiutata da uno script che si concentrava sulle dinamiche interne all’organizzazione sociale dei Minions, più che sulle loro interazioni con l’esterno) gli sviluppi si incaricano rapidamente di spazzarla via: una volta che i tre sono giunti nella Londra sessantottina, il film corre veloce tra improbabili famiglie di banditi con neonati al seguito, convegni di supercattivi, una padrona (la Scarlet Overkill divenuta in italiano Sterminator) vagamente ricalcata sulle dark lady del noir classico, incoronazioni improvvisate e le inevitabili citazioni per non annoiare i genitori (qui addirittura fanno capolino addirittura un sosia del Leatherface di Non aprite quella porta e dei clown vagamente simili a quello di It).

Il ritmo ovviamente c’è, ed è decisamente elevato, l’azione viene profusa con generosità, la musica è inevitabilmente di gran livello (e non ci vuole molto a raggiungere questo scopo, quando si ambienta un film nel 1968). La vicenda, man mano che ci si avvia verso la conclusione, si fa sempre più frammentata ed episodica (ma pochi se ne accorgono), le gag si susseguono a ripetizione, il 3D fa il suo, e quantomeno non disturba. L’esilità del tutto (ma è in fondo un’esilità annunciata) fa presto dimenticare le premesse (involontarie?) che il film aveva posto nella sua parte iniziale; una volta accettate le sue regole, Minions scorre addosso in modo piacevole quanto innocuo. Certo, dal soggetto si poteva spremere qualcosina in più, ma i due registi hanno evidentemente optato per la strada più sicura (e risaputa). L’animazione di spessore, e capace davvero di coinvolgere grandi e piccini, ancora una volta abita altrove.

Info
Il trailer italiano dei Minions.
I Minions su facebook.
Il sito ufficiale dei Minions.
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