Il tentato suicidio nell’adolescenza (T.S. Giovanile)

Il tentato suicidio nell’adolescenza (T.S. Giovanile)

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Presentato alle Giornate degli Autori di Venezia 74, Il tentato suicidio nell’adolescenza (T.S. Giovanile) è un mediometraggio inedito di Ermanno Olmi del 1968, a metà tra documentario scientifico e racconto intimo.

La malattia della giovinezza

Il documentario racconta i primi pionieristici anni di attività di un reparto psichiatrico d’urgenza presso il Policlinico di Milano. Un padiglione dedicato ai casi di emergenza per tentato suicidio, con un’incidenza drammatica di adolescenti. Ci sono interviste, statistiche, storie personali… [sinossi]

Tra le cose che colpiscono di più della settantaquattresima edizione della Mostra del Cinema di Venezia c’è il modo un po’ barbaro di organizzare programma e palinsesto. Uno dei casi forse più rappresentativi è il mediometraggio di Ermanno Olmi realizzato nel 1968 (datazione operata a posteriori) e poi mai proiettato in pubblico, mai comparso in alcuna filmografia (neppure in quelle, accuratissime, verificate e riverificate, curate dallo storico Adriano Aprà), creduto perso, scomparso dall’orizzonte dei film visibili. A Venezia Il tentato suicidio nell’adolescenza (T.S. Giovanile) ha trovato posto come Evento Speciale nel programma delle Giornate degli Autori: senza che la notizia circolasse troppo in giro, è stata prevista una proiezione unica in una delle sale più piccole della manifestazione. Tanto che sulla scelta del direttore delle Giornate, Giorgio Gosetti, Tatti Sanguineti, scelto per curare la presentazione del film, ha lanciato una piccola polemica.
Ritrovato casualmente, la scorsa primavera, in una delle molte miniere ancora in buona parte inesplorate che, in giro per il mondo, serbano al loro interno chissà quanti e quali tesori cinematografici in attesa di essere riscoperti, Il tentato suicidio nell’adolescenza (T.S. Giovanile) giaceva conservato in uno dei fondi detenuti dalla Fondazione Luigi Micheletti di Brescia (la stessa che qualche decennio fa ereditò l’intero archivio personale di Roberto Gavioli), per l’esattezza il fondo Cinestabilimento. La scoperta è avvenuta per via di un’esplorazione iniziata grazie alla collaborazione della Fondazione con l’Istituto Luce durante la quale due archivisti (Maurizio Orsola, per il Luce, e Stefano Guerrini, della Micheletti) si sono imbattuti nei quattro rulli del mediometraggio del quale ormai più neppure lo stesso Olmi conservava memoria.

Il film, finanziato dalla casa farmaceutica Sandoz e prodotto dalla Palumbo, rappresenta una interessante eccezione nella filmografia del regista lombardo. L’incipit – che funziona come introduzione al corpo centrale del film – è chiaramente imparentato con il resto della produzione olmiana della prima metà degli anni Sessanta: un bianco e nero opaco che sembra spesso sul punto di sfumare le figure con una messa a fuoco incerta, presenta inquadrature di giovani, volti soprattutto, montate in rapida successione, con tagli netti: tra le molte immagini se ne riconoscono diverse certamente già presenti nel precedente Giovani, serie di tre episodi per la tv di Stato del 1967, uscito anche in una versione cinematografica più breve col titolo Racconti di giovani amori.
Subito dopo viene la parte centrale del film che si presenta sotto forma di documentario scientifico-didattico sulle cause, le dinamiche, le caratteristiche sociali del fenomeno dei suicidi in età adolescenziale e giovanile. Alcuni dei medici responsabili della clinica psichiatrica del Policlinico di Milano che si occupa della gestione di questa specifica categoria di emergenze sono i protagonisti di questa prima parte: le loro testimonianze da esperti sono messe in scena e gestite in modo meno rigido e statico di quel che prevederebbe il canone. La voce degli intervistati si slega presto dai loro corpi iniziando a stendersi su una colonna visiva apparentemente ridotta a illustrazione e che invece procede per salti, un po’ raccontando e un po’ evocando la vita di giovani studenti, giovani lavoratori, giovani innamorati, ragazzi e ragazze ritratti in una vasta gamma di situazioni di quotidianità urbana (l’ambientazione è, come quasi sempre nella prima parte della produzione di Ermanno Olmi, milanese). D’altra parte le parole degli esperti, pur appartenendo a una lingua formale e ipercontrollata coerente con il momento storico, costruiscono discorsi tutt’altro che rinchiusi nella forma burocratica riconducibile al loro ruolo istituzionale. In questo specifico stile di organizzazione e impiego delle testimonianze per ricostruire un ambiente, una storia, un fenomeno si ritrovano gli elementi alla base dei successivi film per la televisione, le “inchieste” che Olmi realizzerà dal 1970 fin quasi alla fine del decennio, tra le quali anche quelle firmate insieme a Corrado Stajano

La sezione più significativa del film viene poco dopo la metà: il volto di una giovane scampata alla morte torna ora e prende parola con la propria voce. L’analisi di una dottoressa si alterna al racconto in prima persona della giovane che ripercorre la sua vita dai primi disagi dell’infanzia fino al tragico gesto: la voce della ragazza ricostruisce in una sorta di memoriale anamnestico le prime fasi dell’innamoramento, poi la delusione, la depressione e infine la decisione di tentare il suicidio. Sulla linea tesa dalla voce si stendono, in un montaggio rapido, sintetico, asciutto ma incredibilmente articolato, le immagini, mute, che riordinano la storia della giovane. Il gioco di rimandi e sfasamenti tra colonna sonora (la voce narrante) e colonna visiva (le immagini del passato tessute in un fitto e libero andirivieni temporale che fa slittare di continuo un tempo sopra l’altro) ricorda un modo poetico-narrativo simile a quello visto per la prima volta ne I fidanzati, 1963 (in molti accostarono lo stile di questo film a quello usato pochi anni prima da Alain Resnais) e diversamente ripetuto anche in film successivi, prima di tutto proprio in quel Giovani precedente solo di un anno, dal quale provengono molti dei materiali impiegati in questo mediometraggio.

Il tentato suicidio nell’adolescenza (l’etichetta sulla scatola impolverata riportava laconicamente “T.S”), oltre il valore suo proprio, si svela così come importante tassello per meglio osservare e comprendere lo sviluppo dell’elaborazione estetica e di quella ideologica e politica di Olmi che pochi mesi dopo il suo piccolo trattato sulla gioventù, e nello stesso anno del durissimo Un certo giorno – critica frontale alla degenerazione morale nell’Italia della nuova borghesia capitalista – torna a raccontare la condizione giovanile come cartina al tornasole della salute di una nazione.

Info
La scheda de Il tentato suicidio nell’adolescenza (T.S. Giovanile) sul sito delle Giornate degli Autori.
Una clip tratta da Il tentato suicidio nell’adolescenza (T.S. Giovanile).
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