The End? L’inferno fuori

The End? L’inferno fuori

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Esordio nel lungometraggio del regista Daniele Misischia, prima puntata della nuova avventura produttiva dei Manetti Bros., The End? L’inferno fuori rilegge lo zombie movie da un’ottica nostrana, evocando efficacemente un’apocalisse che resta in massima parte fuori campo. Alla Festa del Cinema di Roma.

Cabin Apocalypse

In una frenetica mattinata romana, Claudio, uomo d’affari cinico e arrivista, resta chiuso nell’ascensore della sua azienda alla vigilia di un’importante riunione. Mentre l’uomo impreca per il contrattempo, fuori sembra stia accadendo qualcosa di insolito: il tecnico dell’ascensore improvvisamente interrompe la comunicazione in preda al terrore, mentre la moglie di Claudio, spaventata, lo contatta al cellulare dicendo che qualcuno vuole entrare in casa. I notiziari parlano di un’inspiegabile esplosione di violenza per le strade della Capitale: l’uomo dovrà presto rivedere le sue priorità, scoprendosi costretto a lottare per la sopravvivenza. [sinossi]

Forti di un ingresso ormai acquisito nei circuiti mainstream, capaci di mediare tra l’anima prettamente nerd e di genere del loro cinema, e le esigenze di un’industria che aveva bandito da tempo i generi stessi (insieme all’idea di cinema popolare tout court) ai suoi margini, i fratelli Manetti inaugurano con The End? L’inferno fuori (il primo titolo, con cui è stato presentato a Roma, era In un giorno la fine)la loro nuova avventura produttiva, la Mompracem. È interessante come i due cineasti – che ormai si candidano a divenire guida ideale per un panorama di genere che (lungi dal farsi, ancora, “movimento”) sembra se non altro aver ritrovato vitalità e un minimo di spazio distributivo – abbiano deciso di affiancare alla loro attività registica la creazione di una piccola “factory”. Ed è significativo che l’esordio di questa realtà sia un horror che più classico non si può, una rivisitazione tutta nostrana (ma rispettosa del canone) dello zombie movie, forte di qualche interessante variante. Un b-movie di fatto (malgrado la coproduzione di Rai Cinema, e una generale, buona cura nella confezione) che rilegge il genere con un colore locale, scegliendo una singola, essenziale location (la cabina di un ascensore), un protagonista tanto sgradevole da risultare perfetto antieroe, insieme a un pugno di basilari comprimari.

L’esordio di Daniele Misischia (classe 1985, un background di corti e fan movie, oltre a una gavetta come operatore e regista di seconda unità per i due fratelli) resta fedele, nell’iconografia e nell’approccio alla messa in scena, alla rivisitazione del genere che da circa un quindicennio ha interessato la figura del morto vivente romeriano: ci sono, qui, tanto gli zombie dalle movenze rapide e ferine de L’alba dei morti viventi di Zack Snyder, quanto il make-up marcato e iperrealistico della pluripremiata serie The Walking Dead.
L’esigenza di spiegare le origini del contagio non sembra interessare Misischia, che si preoccupa piuttosto di costruire un minimo di background per il suo protagonista, oltre a un abbozzo di descrizione del tessuto sociale in cui l’orrore erompe: le strade della Capitale sono riprese tanto prima quanto dopo l’”apocalisse”, mettendo a confronto una realtà cronicamente nevrotica, e costantemente sul punto di esplodere (tanto che, quando la radio inizia a parlare di una serie di atti di violenza, nessuno sembra prestarci molta attenzione) col successivo scenario post apocalittico delle strade deserte e disseminate di cadaveri. Il protagonista interpretato da Alessandro Roja è figlio di quella Roma: rozzo, per niente empatico, tirannico sul lavoro quanto meschino in famiglia. Uno stereotipo, in fondo perfettamente funzionale al racconto.

A combattere i non morti, infatti (qui, in realtà, i disprezzati colleghi di lavoro trasformatisi) ci sarà proprio lo sgradevole personaggio col volto di Roja, scopertosi capace di sussulti di umanità ed empatia proprio quando il mondo intorno a lui sembra aver perso tali qualità. Lo farà da dentro la cabina (quasi) chiusa di un ascensore, luogo deputato di molto cinema di genere (memore forse – anche – dell’analoga location del manettiano Piano 17) nonché naturale incubatore di tensione e claustrofobia. Con buon mestiere, e al netto di qualche inevitabile forzatura, il regista sfrutta l’angusto perimetro della cabina, e il limitato spiraglio di visione che si offre al protagonista, per suggerire in modo semplice ed efficace l’idea di un fuori non filmabile, meramente evocato dalle telefonate e dalle comunicazioni radio, rivelato parzialmente dalle eruzioni e (tentate) irruzioni d’orrore che si offrono agli occhi del protagonista. Poco conta, in fondo, che gli assalti zombeschi si verifichino proprio quando ce li aspettiamo, che arrivino sempre dalla direzione prevista, e che forse, dopotutto, con un po’ di buona volontà da quella cabina si poteva venir fuori un po’ prima. Durante la visione, le regole (e le forzature) del genere le si accetta senza grossi problemi: ma ci si scopre altresì ad apprezzare la metallica fotografia degli interni, l’asettico scorcio di corridoio violentato dal sangue, la consistenza “fisica” di un’apocalisse che per gran parte resta solo evocata.

Se è vero che, rispetto al cinema dei suoi mentori, quello di Misischia sembra (ed è) un approccio più convenzionale e meno consapevole, se è vero che la genialità degli ultimi, manettiani pastiche di generi è lontana, se è vero che la recitazione di Roja sbanda e scivola pericolosamente sui registri più emotivamente espliciti (a tratti, qualche sorriso è inevitabile) è anche vero che The End? L’inferno fuori non cede praticamente nulla sul terreno di una tensione di genere che resta risaputa quanto (eternamente) efficace: proprio dell’eterno ritorno degli zombie, da decenni prevedibile, puntuale quanto gradito, ritroviamo qui l’essenza punk e sanguigna, in modo ben più limpido (e diretto) rispetto a quanto accade in molte produzioni più blasonate. Un risultato, in definitiva, perfettamente coerente con le sue premesse.

Info
La scheda di The End? L’inferno fuori sul sito della Festa del Cinema di Roma.
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