Searching

Searching

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Searching, l’esordio alla regia dello statunitense di origini indiane Aneesh Chaganty, è un brillante thriller che gioca tutte le sue carte sull’utilizzo dei dispositivi elettronici contemporanei, sulle app e sui social network. Gli manca un po’ di cattiveria, forse, ma è affascinante.

Social thriller

Quando la figlia sedicenne di David Kim scompare viene aperta un’indagine locale e assegnato un detective al caso. Ma 37 ore dopo David decide di guardare in un luogo dove ancora nessuno aveva pensato di cercare, dove tutti i segreti vengono conservati: il laptop della figlia. In un thriller iper-moderno raccontato attraverso i dispositivi tecnologici che usiamo ogni giorno per comunicare, David deve rintracciare tutti i movimenti di sua figlia prima che scompaia per sempre. [sinossi]

A Searching manca la giusta cattiveria, doverosa per chiudere nel migliore dei modi – e anche nel modo più coerente – un’operazione brillante, che gioca con una certa maestria con i dispositivi tecnologici, e il ruolo centrale che svolgono oramai nella vita dei cittadini del mondo occidentale (dove il termine va inteso nel suo senso economico, e non strettamente geografico). Tutta colpa, si fa per dire, della giovane età del suo regista, l’esordiente Aneesh Chaganty, nato nello stato di Washington nel 1991 e cresciuto poi in California ma di discendenze indiane. Probabilmente il regista, ventiseienne al momento delle riprese, non ha ancora sviluppato il pelo sullo stomaco necessario per osare tutto ciò che è osabile. Semplificando la questione, e sapendo che in epoca di terrore dello spoiler questa frase possa creare qualche mal di pancia ai lettori, il lieto fine cui va incontro parte consistente della trama di Searching appare a dir poco posticcio, e depaupera a ben vedere il potenziale di un thriller che per il resto si muove con agilità tra applicazioni, computer, telefoni cellulari e chi più ne ha più ne metta. Anche per questo la decisione di Chaganty di non pigiare sul pedale dell’acceleratore fino in fondo lascia un po’ di amare in bocca, pur nella consapevolezza di trovarsi a tu per tu con un film di genere che cerca di smarcarsi dagli schematismi dell’ovvio e del già predigerito.

L’assunto di partenza di Searching spalanca gli occhi su una realtà incontrovertibile: il mondo contemporaneo è letteralmente dominato dai dispositivi elettronici, che di fatto scandiscono il tempo e le giornate di uomini, donne e bambini. È attraverso il calendario di un computer che lo spettatore segue la degenza ospedaliera della moglie di David nonché madre di Margot Kim: una battaglia contro il cancro destinata a finire male. Dopo il decesso della donna il rapporto tra David e Margot, nonostante non si smarrisca mai un evidente affetto e un senso di cura, si sfilaccia. Quando David chiama la figlia al telefono tramite FaceTime lo fa solo per ricordarle che non ha buttato la spazzatura. La tecnologia come elemento di controllo dell’adolescenza ribelle? Forse, ma quando la ragazza svanisce nel nulla, dopo aver tentato di contattare il padre un paio di volte durante la notte – ma il genitore dorme beatamente nel suo letto, e non sente le chiamate – è solo tramite app di varia forma e senso e il computer che David sarà in grado (con la collaborazione di un’agente di polizia) di ricostruire gli eventi.
Potrebbe apparire come un grande spot alla Apple, Searching, e magari nelle intenzioni della produzione – Timur Bekmambetov è un gran furbone sotto questo punto di vista – si trattava proprio di questo. Eppure nel suo sviluppo il film di Chaganty trova il modo di allargare la visuale per cercare di discutere a suo modo del peso della tecnologia, della dittatura di apparati che l’uomo può controllare solo in parte, e che non possiedono valore morale né strettamente sociale. Utensili immateriali, e come tali in grado di diventare oggetti indispensabili in una detection.

Certo, ci sono delle forzature – la sequenza a casa del fratello di David, dove per mantenere l’uniformità di sguardo Chaganty è costretto a ricorrere all’escamotage di videocamere nascoste –, e come già scritto la svolta finale appare troppo semplice, ma nel complesso viene naturale provare simpatia per questo piccolo prodotto che punta tutto sulla riscrittura completa dell’immaginario, sull’azione che non passa nel gesto umano ma si modifica grazie a un algoritmo. Un’opera prima che lascia ben sperare sul futuro registico di Aneesh Chaganty, con la speranza che sappia acquisire nei prossimi anni la giusta dose di cattiveria, indispensabile per non perdere mai lucidità.

Info
Il trailer di Searching.
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