High School
di Frederick Wiseman
High School è il secondo lungometraggio diretto da Frederick Wiseman, all’epoca trentottenne. Messo a punto il proprio stile di osservazione, il regista statunitense riesce a tenere insieme il particolare – la vita quotidiana in un liceo di Philadelphia – e l’universale, allargando lo sguardo all’America di quegli anni, tra turbolenze in atto e spinte verso la “normalità” borghese.
Nell’abito da gala
La vita quotidiana a Northeast, una delle high school di Philadelphia, Pennsylvania, è fatta di piccole cose: un litigio con un compagno, un rimbrotto da parte di un professore, ginnastica, lingue straniere e la preparazione per ciò che si vorrà o potrà diventare da adulti… [sinossi]
La prima inquadratura di High School possiede una forza antropologica, quasi totemica nella sua capacità di dimostrarsi “base” condivisa nell’immaginario cinematografico statunitense. Il corridoio del liceo, ripreso nella sua profondità e senza focalizzarsi su uno o gli altri dei ragazzi che lo attraversano, vivendolo, diventerà infatti nel corso degli anni un punto fermo di quel genere perfettamente distinguibile e identificabile che è il teen-movie. Da Rock’n’Roll High School a Dazed and Confused e Juno il corridoio rappresenterà lo spazio condiviso e per sua stessa natura ingestibile che svolge un ruolo predominante – anche da un punto di vista strettamente teorico – nei film ambientati tra liceali. Lo dimostra ovviamente il padre putativo del genere, John Hughes, che lo sfrutta abbondantemente tanto in Breakfast Club quanto in Ferris Bueller’s Day Off. L’unica differenza, però marcata e di fondamentale importanza, sta nella natura strettamente documentaria di High School, che si muove in direzione del direct cinema senza prendere in alcun modo in considerazione l’unicità dell’esperienza individuale. È però interessante notare come prima dell’avvento di Wiseman, e ovviamente prima del 1968, l’ambiente scolastico fosse da un lato escluso dalle commedie per e su i teenagers – gli studenti venivano mostrati per lo più nella loro vita extrascolastica, o al limite nelle loro vacanze di primavera come testimoniano titoli quali La spiaggia del desiderio di Henry Levin, del 1960, o i sette “beach party film” prodotti dalla AIP tra il 1963 e il 1965 – e dall’altro concentrato quasi esclusivamente sull’eroismo dei docenti della scuola pubblica, decisi a svolgere il loro compito statale nonostante tutto, dalle carenze economiche al riottoso comportamento adolescenziale fino alla stolidità dell’istituzione. Rientrano in quest’ottica di “progressismo benpensante” i vari Il seme della violenza di Richard Brooks (1955), Because They’re Young di Paul Wendkos (1960), e La scuola della violenza di James Clavell, che nel 1967 porta le istanze “teen” hollywoodiane dall’altra parte dell’oceano in terra britannica.
Wiseman spoglia da subito il proprio sguardo di qualsiasi tentazione strettamente biografica: il film non segue, nel corso della sua ora e un quarto di durata, nessuno studente in particolar modo, e lo stesso fa con il corpo insegnante o con i genitori. Non esiste alcuna focalizzazione, lo sguardo della macchina da presa non si stringe mai su qualcuno, non cerca di interrogarsi su sogni, pulsioni e desideri singoli. Prediligendo la tecnica che affinerà poi nel corso dei decenni, il documentarista bostoniano si interessa semmai alle dinamiche sociali e istituzionali che dettano ritmi e timbriche alla vita quotidiana nella scuola pubblica. Come aveva già dimostrato l’anno prima in Titicut Follies, esordio acerbo ma potentissimo che spinge lo spettatore oltre le spesse mura di un carcere per criminali con disturbi psichiatrici, Wiseman si approccia alla materia del contendere in un’ottica esclusivamente sistemica. È l’istituzione scolastica in quanto tale a dettare non solo le regole, ma anche i ritmi cui si deve sottoporre la sua popolazione.
È qui, nell’attrito tra una gioventù che non appare ribelle ma semplicemente non comprende il senso di regole oramai superate dal tempo – la discussione sulla lunghezza dell’abito che le ragazze potranno indossare per il ballo di fine anno, quella tra un giovane che ha subito una punizione a suo parere ingiusta e il docente che cerca di convincerlo che deve sottoporvisi a prescindere da qualsiasi lettura personale –, che High School si immerge nel ’68, nel punto di svolta di quel lento e corrosivo apprendistato alla libertà di pensiero che si tramuterà nella lotta senza quartiere alle cartoline di precetto per l’arruolamento nella guerra del Vietnam.
Proprio il Vietnam e ciò che accade nel sud-est asiatico mentre i ragazzi sono in classe a studiare francese o storia, irrompe gradualmente nel racconto di Wiseman, quasi che la realtà esterna debba entrare poco per volta in un microcosmo a se stante, con le proprie regole, i propri comportamenti, la propria struttura gerarchica. Le attività in cui vengono mostrati gli studenti sono quelle canoniche, dalle lezioni alla ginnastica in palestra, fino alle discussioni sul liceo e quelli che sono o dovrebbero essere i suoi compiti. Eppure gli ex-studenti tornano in visita dal Vietnam, dal campo di battaglia, e c’è chi lì è stato ferito gravemente al punto di non poter più giocare a football. Si muore in America e per l’America, e a morire sono ragazzi che fino a un paio di anni prima correvano in cortile, o si attardavano ai telefoni del corridoio nonostante le continue ramanzine del vice-preside.
In questa discrasia lo sguardo di Wiseman non viene mai meno alla sua centralità, che non è mai neutrale ma non pretende mai l’identificazione. Il sistema scolastico è lì, monolitico ma non inscalfibile, eroso dal tempo e dalle sue continue modifiche ma statuario nella sua missione, quella di contribuire alla formazione di adulti consapevoli e in grado di gestire la propria vita. Anche sostituendosi a genitori egotisti – il babbo della poco studiosa Norah che nonostante tutto pretenderebbe che lei andasse in un’università di prestigio per continuare gli studi, mentre la ragazza desidera solo iscriversi a un corso da estetista – o a chi i genitori proprio non li ha mai avuti, come l’ennesimo giovane in Vietnam che spedisce una lettera alle sue insegnanti. Con High School Wiseman mette in mostra l’intero spettro della propria poetica e attitudine, che si svolgerà poi in modo sempre più stratificato nelle successive cinque decadi.
Info
High School sul sito della Zipporah Films.
- Genere: documentario
- Titolo originale: High School
- Paese/Anno: USA | 1968
- Regia: Frederick Wiseman
- Fotografia: Frederick Wiseman
- Montaggio: Frederick Wiseman
- Produzione: Osti Productions
- Durata: 75'