Maledetto il giorno che t’ho incontrato

Maledetto il giorno che t’ho incontrato

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Dopo aver marchiato a fuoco la commedia ‘romana’ nel corso degli anni Ottanta, con Maledetto il giorno che t’ho incontrato Carlo Verdone sconfina, andando in trasferta dapprima a Milano e quindi addirittura in Inghilterra. Tra il mito di Jimi Hendrix e le consuete dosi di psicosi si sviluppa uno dei film più ambiziosi, ma anche più riusciti del regista.

Chi ha ucciso Jimi Hendrix?

Bernardo Arbusti è un giornalista romano che vive a Milano. Sta lavorando a una biografia su Jimi Hendrix che dovrebbe contenere segreti sconvolgenti sulla sua morte. Caduto in depressione dopo essere stato lasciato dalla sua compagna, svolge delle sedute con un analista, durante le quali conosce Camilla, un’attrice piena di complessi che è innamorata dello psicologo con il quale intreccia una relazione clandestina… [sinossi]

Il 26 febbraio scorso sarebbe dovuto uscire nelle sale Si vive una volta sola, la ventisettesima regia per il cinema di Carlo Verdone: il diffondersi dell’epidemia di COVID-19 ha fatto cancellare la data di distribuzione, e chissà quando il film potrà essere visto sul grande schermo, con ogni probabilità con un titolo differente (apparirebbe assai macabro lasciare quello originale dopo una conta che arriverà a superare i ventimila decessi in Italia; un destino simile toccherà quasi certamente anche Andrà tutto bene, il nuovo film di Francesco Bruni a sua volta posticipato nella distribuzione a seguito della quarantena). Sorta di rilettura di Amici miei in camice ospedaliero – e anche questo dettaglio non aiuterà il film a essere veicolato nei prossimi mesi – Si vive una volta sola si muove nei confini tracciati da Verdone nel corso degli anni, tra professionisti che non possono celare ossessioni e turbe psicologiche e l’età che avanza e che propone svolte inattese. La prima grande scossa alla sua carriera Verdone la diede intorno ai quarant’anni. Nel 1988 certificava in modo corale – e dunque assoluto – l’adolescenza infinita, e la tragedia ovattata nella bambagia della commedia, di un’intera generazione (la sua) in Compagni di scuola, Il grande freddo all’amatriciana nel quale tirava le fila del suo primo decennio da regista. Ma è nel 1992 che il regista romano cerca di compiere un passo decisivo, in parte anche nel tentativo di smarcarsi dalle secche critiche nella quali rischierebbe di impantanarsi – e opere stanche come Il bambino e il poliziotto stanno lì a dimostrarlo. A gennaio del 1992 esce in sala Maledetto il giorno che t’ho incontrato, e nel dicembre dello stesso anno si propone come visione natalizia Al lupo al lupo. Quest’ultimo è un film dichiaratamente melanconico, prossimo al dramma, e che gioca in maniera scoperta con l’autobiografia del regista, cercando di mettere in scena il rapporto padre-figlio con Mario Verdone, e i traumi a esso legati. L’ambizione non manca però anche a Maledetto il giorno che t’ho incontrato, nel quale si cela la volontà di Verdone di uscire dal perimetro rassicurante in cui si è sempre rinchiuso: il Grande Raccordo Anulare.

Regista e attore che ha fatto della romanità un tratto indispensabile della costruzione narrativa, a partire da Un sacco bello (ma già il segmento dell’emigrante in Bianco, rosso e Verdone suggeriva le potenzialità universali della sua verve comica), Verdone si è spesso concentrato sulla messa alla berlina, sovente affettuosa, dei vizi e delle rare virtù degli abitanti della Capitale, in qualche misura arrivando persino a mapparla, come dimostra ad esempio Borotalco, l’opera che meglio di ogni altra riesce a trovare il punto di fusione tra le intuizioni comiche “televisive” dei primissimi film e scelte narrative più coese, meno legate alla battuta a effetto. Verdone romano lo resta in ogni caso, ovviamente, ma in Maledetto il giorno che t’ho incontrato interpreta Bernardo, un giornalista musicale che se n’è andato a vivere a Milano: dopotutto il rock ha sempre trovato una maggiore considerazione in terra meneghina. Questo cambio di location, che può apparire perfino banale, nasconde al suo interno la volontà di universalizzare il proprio discorso: anche in Al lupo al lupo, costruito come percorso a tappe, sorta di road movie, lo spaesamento rispetto all’epicentro capitolino sarà fondamentale. La Milano di Verdone è abitata da persone che hanno le stesse turbe e le stesse manie di persecuzione – o di egocentrismo – che da sempre contraddistinguono il suo cinema, trasformandosi quasi in poetica espressiva, eppure la luce e gli spazi ridisegnano le prospettive comiche di Verdone, che si muove in direzione di una commedia romantica vagamente più sofisticata, che guarda con insistenza a Nora Ephron, e ovviamente a Harry ti presento Sally di Rob Reiner. Se Verdone non rinuncia a sé, evitando sovrapposizioni deformi con Billy Crystal, la Camilla interpretata da Margherita Buy non è certo dimentica dei tic e delle piccole nevrosi di Meg Ryan. Quest’apertura a un mondo altro, del tutto in controtendenza rispetto alle dinamiche dei primissimi film – dove anzi l’immaginario americano diventava grimaldello per evidenziare ancora di più il provincialismo disperato dei personaggi, si veda sempre Borotalco, ma anche Acqua e sapone e Troppo forte – è prossimo invece al già citato Compagni di scuola, che non aveva però il coraggio di evadere dalla propria gabbia dorata (Verdone è comunque un campione d’incassi, e lo resterà).

Da quella gabbia evade Bernardo Arbusti, e con lui il cinema di Verdone. Maledetto il giorno che t’ho incontrato è un’opera sottile, non priva di qualche grossolanità ma in grado di cogliere le paure e i desideri di un’Italia che esce dagli anni Ottanta cercando di mostrarsi “europea” il più possibile. La Milano socialista incarnata prima da Tognoli e poi da Pillitteri cadrà sotto i colpi di Tangentopoli, lasciando già nel 1993 spazio alla Lega Nord e a Formentini, ma nel 1992 racchiude ancora l’ideale di città moderna – continuerà a raccontarsi come tale anche nei decenni a venire, nonostante tutto – che quindi permette alla storia di non vivere un triplo salto mortale quando la vicenda si sposta in Inghilterra. Il film, scritto da Verdone insieme a Francesca Marciano, che tornerà più volte a collaborare con il regista (Perdiamoci di vista, Sono pazzo di Iris Blond, L’amore è eterno finché dura, Io, loro e Lara), è infatti suddiviso in due parti nettamente distinte. La prima si svolge a Milano, ed è quasi interamente costruita sull’incontro di due psicosi, quelle di Bernardo e Camilla: Verdone gioca su alcune situazioni a lui care, come i litigi casalinghi, e organizza una regia costruita quasi interamente in interni – la scenografia non sempre supporta le ambizioni. La seconda metà invece propone un cambio di rotta evidente, e salvifico: la commedia se ne va all’estero, e il film-cartolina su Londra diventa un road movie verso la Cornovaglia, tra paesaggi che poco hanno a che spartire con l’indole sovraesposta e perfino ridanciana di Verdone. Qui la narrazione, senza mai dimenticare l’indole dei suoi personaggi, verte in direzione della commedia sentimentale, aprendo il fianco con maggior forza al lato romantico della vicenda ma mescolandolo al bizzarro noir di un’indagine che sulla carta dovrebbe svelare chissà quali misteri sulla morte di Jimi Hendrix. Grande appassionato di rock, Verdone concede anche un sublime cameo – quasi in apertura di film – a Richard Benson, a suo modo profeta dell’elettrica che in quegli anni imperversava nell’underground romano, da Metal Attack a Radio Rock. L’incontro/scontro tra le abitudini di Verdone e la necessità di rivedere parte del proprio immaginario si risolve in una delle commedie più godibili e meglio costruite, una formula che Verdone cercherà di rintracciare con alterne fortune negli anni Novanta andandosene dapprima a Praga (Perdiamoci di vista) e quindi a Bruxelles (Sono pazzo di Iris Blond). Il risultato sarà quello di costruirsi ancora una volta una gabbia attorno, tornando dunque a giocare su terreni fin troppo comodi e consolidati. Nella carriera di Verdone si alterneranno sortite più o meno riuscite, ma poche volte si avvertirà di nuovo il tentativo di mutare la propria prospettiva – fa eccezione Ma che colpa abbiamo noi, miglior regia per Verdone nel Terzo Millennio dove non a caso si rivede Buy, perché nessuna controparte femminile sarà più in grado di capire e condividere le psicosi verdoniane quanto lei.

Info
Il trailer di Maledetto il giorno che t’ho incontrato.

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