Sull’isola di Bergman
di Mia Hansen-Løve
Passato in concorso all’ultimo Festival di Cannes e adesso in Fuori Concorso/Surprise al Torino Film Festival 2021, Sull’isola di Bergman di Mia Hansen-Løve è un tributo alla figura e ai luoghi del Maestro svedese costruito su una multipla stratificazione metacinematografica. Più intelligente e affascinante che realmente riuscito, con un buon duetto d’attori tra Tim Roth e Vicky Krieps.
Ma la sera a casa di Ingmar…
I due filmmaker Chris e Tony, coppia anche nella vita con una figlia a carico lasciata a casa, decidono di isolarsi per qualche settimana sull’isola di Fårö, al largo delle coste svedesi, luogo eletto da Ingmar Bergman a dimora dello spirito dove il Maestro si spense nel 2007 all’età di 89 anni. Tony è stato invitato sull’isola per partecipare alla presentazione di uno dei suoi film, ma la coppia si trattiene anche per concentrarsi sui loro prossimi progetti cinematografici. Sulle prime dubbiosa, Chris rimane poi particolarmente colpita dal luogo, tanto da trascurare il compagno Tony e da dedicarsi alla scrittura di un nuovo film che ha tutte le apparenze di un diario intimo traslato e camuffato… [sinossi]
Il mito di Ingmar Bergman. L’isola di Fårö. La memoria di una delle menti più brillanti del secolo scorso. Mia Hansen-Løve ha dedicato il suo ultimo lungometraggio, Bergman Island (in Italia Sull’isola di Bergman), a uno dei luoghi più suggestivi per chi si occupa di cinema, sia sul fronte dei realizzatori sia degli studiosi e appassionati. È infatti sull’isola di Fårö, al largo della Svezia, in pieno Mar Baltico, che Ingmar Bergman elesse la propria dimora dello spirito, discretamente lontano dal mondo e distanziato dalla pazza folla. Oltre a sceglierla come residenza (lì si è spento nel 2007), Bergman vi realizzò le riprese per Come in uno specchio (1961), e adesso quella stessa isola si è trasformata in luogo di pellegrinaggio per cinefili. La nuova fatica della francese Hansen-Løve è passata in concorso all’ultimo Festival di Cannes, e adesso è riproposta al Torino Film Festival per la sezione Fuori Concorso/Surprise. Per l’autrice si tratta del primo film in lingua inglese, alle prese con un cast discretamente prestigioso, che mette insieme Tim Roth, Vicky Krieps e Mia Wasikowska.
È lì, infatti, che va a rifugiarsi e isolarsi una coppia di filmmaker, Chris e Tony, compagni anche nella vita con una figlia a carico lasciata a casa, per presenziare alla proiezione di un film di lui e per lavorare entrambi ai progetti dei loro prossimi film. La premessa narrativa, va ammesso, è di incalcolabile fascino. Scoprire l’isola di Fårö insieme ai protagonisti, coglierne la profonda dedizione alla memoria di Bergman, vedere in concreto la casa dove il Maestro abitò, la camera da letto che è servita per location di Scene da un matrimonio (1973). Sull’isola di Bergman sortisce in tal senso un effetto davvero singolare; mentre i due protagonisti si avventurano per le stanze della dimora, fanno la conoscenza con i curatori locali e con appassionati cultori bergmaniani, finiamo spesso per trascurare i dialoghi tra Roth e la Krieps e ci perdiamo con gli occhi a scrutare quei luoghi, tentando di percepire il respiro di Bergman, cercando disperatamente di immaginarcelo a muoversi tra quelle scale, quelle pareti. È un fascino tutto extradiegetico, ma del quale crediamo che Hansen-Løve non sia del tutto ignara. Finisce anzi che Sull’isola di Bergman sembra muoversi su un doppio binario. Da un lato, una vicenda metacinematografica avvitata intorno ai destini di una coppia di filmmaker; dall’altro, un altro film che si snoda sullo sfondo, la registrazione e restituzione di luoghi che hanno raccolto una parte consistente del vissuto di Bergman. Così, col passare dei minuti, dei rovelli e dei tenui tormenti tra i due protagonisti ce ne importa sempre meno, mentre speriamo che al più presto Chris inforchi di nuovo la bicicletta per farsi un altro giro nei dintorni bergmaniani.
Per quanto attiene alla costruzione narrativa, Sull’isola di Bergman mostra un inizio brillante, anche punteggiato di una sapida ironia nei confronti del Mito intoccabile dell’autore svedese, che successivamente si disperde in un arzigogolo metacinematografico decisamente poco appassionante e fine a se stesso oltre il livello di guardia. Il cinema di Mia Hansen-Løve è spesso vistosamente ambizioso, ma altrettanto spesso affidato a ellittiche modalità narrative, intensamente rarefatte, che di frequente finiscono per confinare il racconto dalle parti dell’irrilevante. È un po’ quel che accade anche con Sull’isola di Bergman, una sorta di aggiornamento morbido e allentato di Scene da un matrimonio, con accenti di tenue commedia ma al contempo articolato su una tripla stratificazione metacinematografica. Da metà in poi, infatti, il racconto è dedicato alla visualizzazione di un’ipotesi di film intorno alla quale la Chris di Vicky Krieps sta lavorando, e per la quale la donna si confronta con il compagno Tony, in cerca di un finale che non vuol farsi trovare. Si tratta di un film nel film che è anche (forse) un diario intimo, traslato e mascherato, mentre il terzo livello narrativo è garantito da un segmento di racconto inscritto nella dimensione onirica. In sostanza, i luoghi bergmaniani si rivelano per generatori di suggestioni altrettanto bergmaniane nella fantasia di cineasti appassionati (ancorché critici e dubbiosi) del Maestro svedese, e Sull’isola di Bergman finisce per ripercorrere alla lontana alcuni dei luoghi narrativi di Bergman per riaffermarne il valore assoluto, nel tempo e nello spazio. Caratterizzato da un’apprezzabile scrittura dei dialoghi, e per lunghi tratti affascinante nella sua struttura a scatole cinesi, Sull’isola di Bergman lascia comunque la sensazione di un film che non chiude, che non stringe con decisione intorno al proprio discorso. Discorso, peraltro, che rimane a mezz’aria, non meglio definito e d’altra parte non adeguatamente supportato da una struttura espressiva che sappia reggere con convinzione ed esaustività un vero sistema di allusioni, suggestioni ed ellissi. Brillante e cervellotico, il film di Hansen-Løve trova due interpreti ispirati in Tim Roth e Vicky Krieps, ma purtroppo non si solleva mai da una congenita involuzione comunicativa, lasciando in ultima analisi la sensazione del presuntuosetto ghirigoro autoriale. Possono continuare quanto vogliono, Roth e la Krieps, a confrontarsi sulle loro rispettive creatività. Noi li ascoltiamo, certo, ma intanto ci perdiamo negli autentici spazi bergmaniani, lasciandoci cullare da un suggestivo paradiso terrestre per cinefili, immaginabile solo (o quasi) nella civilissima Svezia. Per cui, appena si potrà, urge un viaggio sull’isola di Fårö. Senza Roth, senza Krieps, senza Wasikowska. Non è necessario. È decisamente sufficiente Ingmar Bergman. Nell’aria.
Info
Sull’isola di Bergman, il trailer.
- Genere: commedia, drammatico, sentimentale
- Titolo originale: Bergman Island
- Paese/Anno: Belgio, Francia, Germania, Messico, Svezia | 2021
- Regia: Mia Hansen-Løve
- Sceneggiatura: Mia Hansen-Løve
- Fotografia: Denis Lenoir
- Montaggio: Marion Monnier
- Interpreti: Anders Danielsen Lie, Mia Wasikowska, Tim Roth, Vicky Krieps
- Produzione: Arte France, Eurimages, Film Capital Stockholm Fond, Gotlands Filmfond, Mitteldeutsche Medienförderung, Sveriges Television, Swedish Film Institute, Wallimage
- Distribuzione: Teodora Film
- Durata: 112'
- Data di uscita: 07/12/2021