La fiera delle illusioni – Nightmare Alley

La fiera delle illusioni – Nightmare Alley

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Il viaggio di del Toro attraverso il noir non è solo una dichiarazione d’amore cinefilo, è la conferma di una necessità espressiva, il riappropriarsi in maniera eclatante di una messa in scena stratificata, esteticamente densissima, capace di indagare la realtà con tutti i mezzi possibili. La fiera delle illusioni – Nightmare Alley non contrappone luci e ombre, semplicemente le mescola, le rende indivisibili, ricordandoci le mille sfumature dell’animo umano, del destino, delle (nostre) scelte.

Ogni numero di magia ha un terzo atto

Quando si avvicina alla chiaroveggente Zeena e a suo marito Pete, ex mentalista, in un luna park itinerante, il carismatico ma sventurato Stanton Carlisle vede spianata la strada per il successo, utilizzando le nuove abilità che ha imparato per truffare l’alta società newyorkese degli anni Quaranta. Con la virtuosa Molly lealmente al suo fianco, Stanton pianifica di imbrogliare un pericoloso magnate con l’aiuto di una misteriosa psichiatra, che forse potrebbe essere la sua avversaria più temibile… [sinossi]

Illusionismo, mentalismo, spiritismo. Ovvero, il cinema. Perfettamente in linea con le sue opere più personali e con La forma dell’acqua – The Shape of Water, non distante dalla necessità di Spielberg (West Side Story) di tornare ai classici per (ri)trovare e plasmare forme e contenuti, Guillermo del Toro rimette mano al romanzo di William Lindsay Gresham, più che alla prima e non fortunatissima trasposizione di Edmund Goulding (La fiera delle illusioni, 1947), e mette in scena un’opera complessa, colma di citazioni e rimandi, di piani di lettura, di riflessi sul reale e sull’immaginario di ieri e di oggi. Ritroviamo ne La fiera delle illusioni – Nightmare Alley gli Stati Uniti usciti dalla Grande depressione ma già piombati nella Seconda guerra mondiale, lontani dal Male del nazismo ma già immersi nei rimpianti e nei sensi di colpa che verranno; al tempo stesso, possiamo riconoscere i riflessi della profonda crisi morale odierna, in un intreccio di luci e ombre che dall’epoca dei noir a oggi continuano ad avvolgerci. E ritroviamo ovviamente tutte quelle mirabolanti suggestioni estetiche, mai disgiunte dalla narrazione, che hanno consegnato il noir degli anni Quaranta all’immortalità.

Ci sono Browning (Freaks), punto di partenza anche temporale per la parabola circense del protagonista, Hitchcock e Dalì (Io ti salverò), ma anche gli incubi langhiani (Il prigioniero del terrore), gli omaggi a Fellini (Perlman\Zampanò) e un po’ tutta quella fertile fase psicanalitica del noir, costruita immagine dopo immagine fin dall’incipit e fatta deflagrare con l’entrata in scena di Cate Blanchett\Lilith Ritter, femme fatale ma anche specchio, complice, amante, madre, come lo sono le altrettanto abbacinanti Zeena (Toni Collette) e Molly (Rooney Mara), contrapposte alle figure paterne morte\morenti incarnate da Pete (David Strathairn), dal mefistofelico magnate Ezra Grindle (Richard Jenkins) e ovviamente dal padre di Stanton, evocato dai flashback.
Il viaggio di del Toro attraverso il noir non è solo una dichiarazione d’amore cinefilo, e nemmeno si limita a un sentito omaggio per Gresham, ma è la conferma di una necessità espressiva, il riappropriarsi in maniera eclatante di una messa in scena stratificata, esteticamente densissima, capace di indagare la realtà con tutti i mezzi possibili, anche apparentemente contrastanti e inconciliabili come l’espressionismo e il realismo1. La fiera delle illusioni – Nightmare Alley non contrappone luci e ombre, semplicemente le mescola, le rende indivisibili, ricordandoci le mille sfumature dell’animo umano, del destino, delle (nostre) scelte. Il tunnel dell’orrore che rimanda a Dalì\Hitchcock e l’incipit con gli spazi aperti e illuminati che riecheggiano il realismo magico di Wyeth abitano costantemente il volto di Stanton, anima che può essere corrotta e salvata da un battito d’ali, da una carta rovesciata, da un rigurgito di coscienza. Come molti villain\eroi del noir, Stanton non può essere giudicato «con i vecchi criteri» e «il film costruisce una trappola in cui vediamo dimenarsi l’eroe e da cui sembra che non ci siano vie d’uscita»2: in questo senso, è illuminante la differenza tra il finale de La fiera delle illusioni di Goulding, a suo tempo imposto dalla produzione, e la scelta di del Toro e Kim Morgan, che da bravi mentalisti\illusionisti\spiritisti riescono a raccontarci quello che vogliamo sentire.

Con un solo piede fuori dalla dimensione fantastica, però costantemente evocata, del Toro ci parla ancora di mostri, del Male, dell’abisso che dilaga, infetta, stermina generazioni – il nero non ha sfumature, come non le hanno il capitano Vidal (Il labirinto del fauno) e il colonnello Strickland (La forma dell’acqua). Le sfumature appartengono a Stanton, che è allo stesso tempo illusionista e spettatore, ingannatore e ingannato. Al suo eroe, e a noi come monito, del Toro regala la disperazione, che è già una forma di redenzione: la scelta di Bradley Cooper, col suo volto da cinema classico, nato per interpretare personaggi positivi o comunque mai realmente negativi, indubbiamente seduttivi, permette a del Toro di non ingabbiare il personaggio, di esaltarne le debolezze, le crepe.
Edipico, freudiano, labirintico, La fiera delle illusioni – Nightmare Alley trascina tutto e tutti, spettatori compresi, in una dimensione sospesa eppure tangibile, dannatamente reale, eppure da svelare. In una serie pericolosa di triangoli tra imbonitori e imboniti, come era davvero nelle fiere di paese ed è ancora oggi nel circo social e dei media, è facile diventare vittima e farsi divorare, come è facile essere preda delle apparenze. E se il volto poco rassicurante di Bruno (Perlman), schietto e violento, può ingannare, altro esito hanno le sue azioni, i suoi pugni: allo stesso modo, travolto da marciume e nefandezza, non ingannano i pugni di Stanton, in una delle sequenze più ambigue e strazianti del film. L’abisso, la bestia, è lì che ci aspetta, è dentro di noi. La salvezza è o non è un’illusione?

Note
1 «Sono dell’idea che il noir e il neorealismo abbiano molte cose in comune». Cfr. Alessandro De Simone, La fiera delle illusioni, conversazione con Guillermo Del Toro, CiakMagazine.it, 27 gennaio 2022.
2 Jack Shadoian, Sogni e vicoli ciechi. Il cinema gangsteristico e la società americana, Dedalo libri, Bari 1980, pag. 164.
Info
Il trailer italiano de La fiera delle illusioni – Nightmare Alley.
La fiera delle illusioni – Nightmare Alley sul sito della Searchlight Pictures.
Il trailer originale de La fiera delle illusioni – Nightmare Alley.

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