Crossing

Crossing

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Ancora un’opera a tematica LGBT per il regista svedese-georgiano Levan Akin che in Crossing racconta la ricerca da parte di una donna della nipote trans a Istanbul. Un grande affresco della capitale turca, dei quartieri popolari, della sua comunità transgender. Il titolo indica tanto la transizione di sesso quanto un attraversamento di popoli e culture. Film di chiusura del Trieste Film Festival 2025.

Istanbul monogatari

Lia, un’insegnante georgiana in pensione, ha promesso di ritrovare la nipote transgender Tekla, di cui non aveva più notizie da tempo. La cerca in una città in Georgia dove viene a sapere da un ragazzo, Achi, che ha attraversato il confine con la Turchia. Lia si reca a Istanbul portandosi dietro Achi. Qui i due vengono aiutati da un’avvocatessa che lotta per i diritti delle trans. [sinossi]

Dalla Georgia arrivano svariati film a tematica LGBT, come il bellissimo Wet Sand di Elene Naveriani, presentato al Trieste Film Festival 2022, oppure il documentario Instructions for Survival di Yana Ugrekhelidze, il ritratto di una persona transgender. Il tema è particolarmente caldo nel paese da quando il governo ha vietato i gay pride adducendo motivi di ordine pubblico, visto che spesso degeneravano in risse con i provocatori fondamentalisti religiosi. Ancora sul tema è Crossing di Levan Akin, presentato come evento speciale di chiusura al 36° Trieste Film Festival, dopo aver aperto Panorama dell’ultima Berlinale. Già il titolo richiama alla transizione di sesso, per un film che ritrae il mondo transgender di Istanbul, ma anche l’attraversamento di confini geografici, l’incontro di culture, il meticciato. Levan Akin aveva già trattato tematiche LGBT nel suo precedente And Then We Danced, una storia di attrazione di due ballerini georgiani, mentre la sua stessa vita, scissa tra la nativa Svezia e la Georgia, patria originaria della sua famiglia, lo portano a ragionare sulle esistenze apolidi, sugli incroci di mondi e tradizioni. La sua stessa filmografia vede film di ambientazione svedese (The Circle) come georgiana.
Crossing è incentrato su tre personaggi chiave. Lia, anziana donna georgiana, tenace e forte, temprata dalla vita, che è in cerca della nipote trans Tekla, scappata di casa senza lasciar traccia perché non accettata. Lia ha promesso alla sorella, in punto di morte, di rintracciare la figlia. Dalla città di Batumi, nella zona a sudovest della Georgia, al confine con la Turchia, la donna si reca a Istanbul a cercare la nipote, accompagnata da Achi, un ragazzo in cerca di lavoro e di fuga dalla situazione famigliare asfittica e promiscua nell’ambiente dei sobborghi di Batumi. Achi vive con il fratello e la cognata. Anche sua madre è scomparsa andando a Istanbul, presumibilmente è morta. È stato lui a segnalare a Lia la partenza di Tekla per Istanbul da Batumi, dove viveva in una baracca insieme ad altre trans. Ed è lui che si propone alla donna di aiutarla nella ricerca. La loro coabitazione, nella stanza dell’ostello senza bagno, non sarà priva di difficoltà, ma i due arriveranno a comprendersi. A Istanbul il loro tragitto si incrocerà con quello di Evrim, avvocatessa trans che si batte per i diritti delle persone transgender per l’associazione Pink Life. Lei che per prima è vittima di pregiudizi, come quando, in ospedale, al ritiro dei certificati che le permetteranno di cambiare nome sui documenti di identità, l’impiegato si rifiuta di salutarla e stringerle la mano.

Levan Akin si rivela un grande cantore delle vite marginali e dei loro ambienti di vita. Crossing è un grande ritratto dei quartieri popolari della capitale turca e della comunità arcobaleno che li popola. Non si vede la Istanbul turistica, le grandi moschee si intravedono solo sullo sfondo. La città nel caos, nell’andirivieni della folla, il bambino che suona il liuto, già sul traghetto, le rosticcerie ambulanti, i bazar, le moschee, le pasticcerie con i tipici dolcetti turchi, i ristorantini, la città verticali con i vialetti in pendenza, le musiche orientaleggianti, il canto del muezzin. E poi i gatti che sono ovunque, finanche nei corridoi dell’ospedale. All’interno la comunità queer che si compatta per difendersi, fatta di matrone trans, di persone che vivono alla giornata come lo ‘scopamico’ di Evrin che è un tassista abusivo. Levan Akin riesce a restituire quel mondo in tutta la sua autenticità, e a raccontare personaggi portatori di sofferenze che, in quel contesto, si liberano in danze catartiche. A partire da Lia, che si scoglie dal suo carattere schivo e legnoso ballando, ricordando in ciò anche il precedente film And Then We Danced.
Il passaggio dalla Georgia a Istanbul è graduale, i due popoli sono confinanti e ci sono molte contaminazioni reciproche, di culture e persone. Entrambe le lingue, poi, non hanno i generi, non c’è quindi una distinzione grammaticale di genere, come dice la didascalia iniziale, come se portassero ancestralmente una equiparazione, una parità. Achi porta in giro i turisti turchi a Batumi, e quando attraversa il confine con la Turchia, non trova differenze rispetto alla sua terra. Ma Lia lo ammonisce: «Aspetta di vedere Istanbul». La metropoli turca è un punto di approdo e di perdizione per la gente georgiana di confine. Il film mostra le tappe geografiche per il suo arrivo, il traghetto, il pullman che si perde in una ripresa panoramica sul grande cavalcavia. E nella loro ricerca, Lia e Achi, incontrano un altro georgiano al ristorante e una trans che si scopre essere figlia di un georgiano. Levan Akin mostra un grande senso cinematografico per gli spazi, sia esterni che interni, a partire dalla macchina a mano con cui esplora, con un movimento laterale, la casa e le varie stanze in cui vive Achi con la sua famiglia anomala. La ricerca di Tekla si rivela un pretesto per esplorare tutti quei mondi e la sua apparizione finale, improvvisa, ha tutto il sapore della proiezione onirica di Lia. Levan Akin usa uno sguardo delicatissimo nel mettere in scena quelle situazioni e quei personaggi, anche coadiuvato da interpreti di grande espressività. Sembra un Ozpetek che ce l’ha fatta, raccontando quelle stesse cose che sono care al regista italo-turco, anche nei suoi film ambientati in Turchia, senza mai scadere nel patinato compiacimento.

Info
Crossing sul sito di Trieste 2025.

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