John From

John From

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Opera seconda di João Nicolau, montatore anche di Miguel Gomes e Alessandro Comodin, che ricambia firmando il montaggio di John From, una commedia strampalata, surreale e fresca che gira attorno alla figura di Rita, adolescente alla scoperta del mondo.

Mica scema la ragazza

Annoiata dall’estate in città, l’esuberante quindicenne Rita decide d’invaghirsi del nuovo vicino, un fotografo che sta allestendo una mostra di suoi scatti in Melanesia. Quel che comincia come un gioco si trasforma in una cotta pazzesca che fa perdere a Rita i confini tra realtà e fantasia… [sinossi]
Dança, sol e mar, guardarei no olhar
O amor faz perder encontrar
Lambando estarei ao lembrar que este amor
Por um dia um instante foi rei
(Ballo, sole e mare, lo conserverò?
L’amore fa perdere e ritrovare
Ballerò la lambada ricordando questo amore
Per un giorno un istante fui re)
Kaoma, Lambada

Rita è una quindicenne di Lisbona, come ce ne sono tante, dappertutto. Rita sta attraversando una fase cruciale della vita di adolescente, quella dell’esplorazione del mondo, dei sentimenti, della spensieratezza, ma anche dei sogni, delle illusioni come quella del classico principe azzurro. Rita vive in un palazzone anonimo della capitale portoghese, dai colori bianco, dei muri, e blu, delle porte e dei corrimano. Il blu, l’azzurro, è il colore del mare, del cielo, dei suoi sogni che la portano nelle terre lontane e incontaminate della Melanesia. Sui titoli di testa vediamo Rita, mentre passeggia su un marciapiede, incrociare un cagnolino che si mette a seguirla. Così è la mdp del regista João Nicolau, come il cagnolino che tiene il fiato sul collo di Rita, così è il film incentrato sulla figura della ragazza. La vita di Rita si snoda tra casa, festicciole, e un circolo culturale che frequenta per suonare una pianola. È proprio lì che si imbatte in una mostra sulla Melanesia, scopre che l’autore delle fotografie è un suo nuovo vicino di casa, e se ne invaghisce. L’esaltazione, l’idealizzazione che fa è quella, facile facile, per l’uomo maturo, per l’uomo che ha vissuto, viaggiato, avuto avventure esotiche. Tutto può essere esaltato, tutto può diventare divinità, come gli aerei sulla Melanesia, visti per la prima volta dagli indigeni, considerati un segno magico celeste, e come tali divinizzati. Tutto può colorarsi, può tingersi, virare di azzurro o di colori sgargianti. Anche una delle cose più deprimenti della vita come una riunione condominiale, prevedibilmente affollata viste le dimensioni del palazzo, cui Rita partecipa in vece dei genitori, eccitata all’idea di incontrare e conoscere il nuovo vicino. Riunione la cui lettera di convocazione piove magicamente dal cielo.

John From è una commedia brillante e strampalata, come si diceva. Una commedia che inizia con Rita che allaga il terrazzino di casa, per poter immergere i piedi nell’acqua simulando di essere in un’isola tropicale. La narrazione, anarchica, è capace di tornare indietro di poco nel tempo, e farcela vedere in una dimensione più tendente all’apatia, quando rifiuta, scusandosene, un rapporto sessuale con il suo fidanzatino. Solo allora compaiono i titoli di testa, al ritmo di una canzoncina allegra e simpatica.
Mentre Lisbona viene avvolta da una surreale nebbia, che inizia proprio alla seriosa riunione condominiale, nella periferia desolata, i metrò non si fermano, la mamma di Rita è quanto mai nevrotica facendo la spesa mentre la sua amica è ossessionata dall’appendicite, il pensiero va alle isole del Pacifico, alla Melanesia, a paesaggi gauguiniani. Il pittore impressionista che trascorse la sua vita in Polinesia è non a caso citato in da una stampa riproducente un suo quadro, mentre il ruolo dell’arte viene simboleggiato da una scultura indigena, inquietante, esposta nella mostra, raffigurante un teschio umano incluso nella pancia di un grande tonno. Il mondo meraviglioso di Rita si tinge di colori tropicali, si popola di statue e maschere tribali, palme finte, animali esotici, bradipi, pappagalli verdi, basilischi, casuari, mentre il suo vestito viene paragonato alla livrea di un cacatua e si arriverà a utilizzare conchiglie al posto dei soldi. E la stessa ragazza arriverà a praticare il body painting come i nativi degli arcipelaghi dell’Oceania, con la fronte azzurra con la scritta che cambia da “azu(l)”, “Vanatu”, “USA”. Basta allagare il terrazzino perché la propria casa diventi una capanna affacciata sul Pacifico.

La freschezza, la vitalità e il fermento del nuovo cinema portoghese trovano piena espressione in John From, un film sull’adolescenza, la giovinezza e la spensieratezza. Rita è una sorta di Amélie che però non ha bisogno di stupire con effetti speciali e la cui dimensione surreale si fonda su ingredienti minimali, mentre la narrazione procede a piccoli passi. Una commedia sentimentale dove l’innamoramento si gioca su una piuma regalata, dove lo smartphone viene usato come la margherita nell’equivalente del “m’ama non m’ama”. Un film dove non a caso si cita Aki Kaurismäki e il suo surrealismo lieve, con una scena di Ombre nel paradiso, altra storia romantica di personaggi timidi e impacciati come la nostra Rita che approccia il fotografo con frasi imparate a memoria. Un film che palpita, fino al tripudio finale, al ritmo della Lambada.

Info
Il trailer originale di John From.
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