Torino 2008 – Presentazione
Con il festival di Torino 2008 oramai alle porte impazzano le polemiche – o presunte tali: perché così esiguo il numero di pellicole italiane presentate al festival? Perché non si è voluto seguire il percorso tracciato da Venezia (4 film nostrani in concorso) e soprattutto da Roma, dove le produzioni del belpaese erano un vero e proprio nugolo? E via discorrendo su questa falsa riga.
Se, nei giorni tumultuosi della querelle sul passaggio di consegne dalla gestione a due D’Agnolo Vallan/Turigliatto a quella monocentrica di Nanni Moretti, l’intenzione da parte dei piani alti era quella di creare una nuova mise, dall’appeal decisamente mediatico, al glorioso Festival di Torino, non ci sono dubbi che la freccia scoccata abbia centrato in pieno il bersaglio.
Francamente ci asteniamo con grande gioia dal miserando gioco delle polemiche, perché la programmazione del Festival di Torino 2008, a nostro modo di vedere, merita uno spazio ben più imponente di quanto non le si dedicherebbe soffermandosi esclusivamente sulla bagarre in atto intorno allo stato del cinema di casa nostra.
C’è da dire, da subito, che l’idea che si ha nel gettare uno sguardo sul palinsesto messo in piedi da Moretti e dal suo entourage sia quella di un netto e irrimediabile ritorno al passato. E non solo per la mancata esposizione del prodotto interno, messo in secondo piano rispetto a un panorama decisamente più globale, ma in particolar modo per i nomi che vengono alla luce spulciando i programma.
Koji Wakamatsu, Albert Serra, Jia Zhang-ke, Terence Davies, Michael Almereyda, Kelly Reichardt, sono nomi che i frequentatori abituali della kermesse che si tiene sotto lo sguardo attento della Mole Antonelliana conoscono fin troppo bene; sembra quasi che Torino 2008 voglia rappresentare un piccolo tuffo nel passato (recente). Dal nostro punto di vista non possiamo che plaudire una scelta siffatta: non tutte le novità dell’anno scorso ci avevano convinto appieno, soprattutto nella scelta dei Fuori Concorso, apparentemente ripiegata su una serie di prossimamente, film già in odore di distribuzione che facevano capolino a Torino solo per avere una maggiore visibilità critica.
Quest’anno invece si torna all’antico, e al di là delle certezze incrollabili (leggasi, tra gli altri, Hong Sang-soo, Kim Ki-duk, Hirokazu Kore-eda, Shane Meadows, Raoul Ruiz) siamo contenti di dover affrontare il festival con quel misto di sorpresa e preoccupazione, sentimenti che da sempre affiancavamo al festival di Torino. Così come non si può non considerare notevole la scelta delle retrospettive: se un nome come Roman Polanski non ha alcun bisogno di presentazione, altrettanto meriterebbe lo straordinario cinema di Jean-Pierre Melville, da qualche anno ignominiosamente dimenticato dalla maggior parte della critica italiana. E che dire dell’omaggio alla cosiddetta British Renaissance? E di quello al grande e misconosciuto regista nipponico Kohei Oguri, messo in piedi da La Zona di Massimo Causo?
Insomma, le prospettive per assistere a un festival di assoluto livello ci sono tutte. Da domani vi sapremo dire di più, e meglio.