Splatters – Gli schizzacervelli
di Peter Jackson
Splatters, il film che lanciò il nome di Peter Jackson tra i più interessanti artigiani del cinema horror. Un’opera divertente e di straordinaria libertà estetica.
Il morso della scimmia-ratto
Il giovane Lionel è succube di una madre castrante. A sconvolgere questo ordine oltre a Paquita, una ragazza che si è invaghita di Lionel, c’è una scimmia-ratto che solo con un morso rende zombie le sue vittime. La madre di Lionel viene morsa in uno zoo e, impazzita, diffonde il contagio ovunque. Lionel e Paquita si ritroveranno ad affrontare un’orda di zombie purulenti… [sinossi]
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Fa una certa impressione andare a recuperare, oggi, le opere d’esordio di Peter Jackson: sono passati quasi venti anni dall’uscita cinematografica di Braindead (questo il titolo originale della pellicola in questione), e il cineasta neozelandese ha raggiunto la meritata fama nelle vesti di timoniere per operazioni produttive maestose, tonitruanti, annichilenti quali la trilogia tolkeniana de Il signore degli anelli o King Kong. Simboli di un cinema ricco, alla ricerca perenne di una grandeur che sia inequivocabile: niente di più lontano, all’apparenza, dai deliri sanguinolenti e pregni di un’ironia beffarda e crudele che Jackson firmò tra il 1987 (Bad Taste) e il 1992 (Splatters). A uno sguardo disattento la storia d’amore condita di zombie e smembramenti che rappresenta il nucleo fondante di Splatters, può apparire “solo” come un’originale, spassosa ma in fin dei conti goliardica caduta nel maelstrom dell’assurdo. Nulla per cui valga la pena di stupirsi, dopotutto: se l’horror corre il rischio di rimanere spesso e volentieri incompreso, sia nella sua carica metaforica e politica che nelle sue esigenze più strettamente umorali, perché lo splatter, che dell’horror è una deviazione ancor più estremizzata (per lo meno da un punto di vista strettamente scopico), dovrebbe fare eccezione?
Non v’è dubbio che Jackson abbia affrontato la vicenda narrata con il piglio del guascone, intenzionato a dare l’ultimo liberatorio sfogo alla sua verve picaresca ed esagerata (appena due anni dopo sarà già tempo del cupo dramma adolescenziale Creature del cielo), ma accettare questa come verità non equivale certo a sorvolare l’ammaliante valore teorico e simbolico di Splatters. Agli albori degli anni novanta, con l’epoca della plastica e del capitalismo pop che ha appena iniziato la sua (relativa) fase calante, il film di Peter Jackson bombarda letteralmente l’immaginario visivo popolare. Riprendendo le fila del discorso intrapreso negli Stati Uniti da Brian Yuzna con il sommo Society, il regista di Bad Taste e Meet the Feebles decreta una volta per tutte l’annullamento del corpo, il suo superamento, e ne circoscrive con accuratezza il rito funebre: perché Splatters altro non è se non un elogio, slabbrato e iconoclasta al punto giusto, della macellazione del corpo – elemento cardine negli anni dell’ideologia reaganiana esportata su scala mondiale – come unico baluardo possibile per arginare la distruzione della razza umana. Una riflessione politica e sociale che non corre mai il rischio di tracimare in un appesantimento della forma visiva, come al solito al contrario scintillante: il film è un vero e proprio caleidoscopio di invenzione, in cui l’estro registico di Peter Jackson si mostra al meglio delle sue potenzialità.
Incastonata in una Nuova Zelanda anni cinquanta dai colori pastello e dalle geometrie precise e ottuse allo stesso tempo, la messa in scena di Splatters si muove su registri apparentemente inconciliabili tra loro, mescolando patetico e buffonesco, sadismo e melodramma, e finendo per articolare un pamphlet fuori da ogni regola e dimensione. Un film in cui un prete può mascherarsi da giustiziere della notte per punire i malvagi con il suo inarrestabile colpo del “ninja di Dio” per poi finire, zombie in evidente stato di putrefazione, in un sottoscala a molestare un’infermiera a sua volta passata a miglior vita. Sintomi di una capacità di lavorare sulla materia cinematografica invidiabile, e che non dimentica mai i suoi “obblighi”: Splatters è un perfetto film d’intrattenimento, curato in ogni minimo dettaglio (la ricostruzione storica è decisamente al di sopra della norma) e che se necessita di un pubblico preparato è solo ed esclusivamente per la scelta di trattare un materiale non proprio per tutti i gusti. Splatters irruppe sulla scena mondiale con una potenza deflagrante, e forse anche per questo fu ingiustamente relegato solo nelle kermesse di genere, divenendo oggetto di culto per un’intera generazione. Perché forse, a conti fatti, un’opera come Braindead fa paura, per la sua inequivocabile libertà formale ed etica, per la sua capacità di ridere della prassi, fustigandola a ogni pie’ sospinto: nella stupefacente carneficina finale, si è voluto vedere solo l’aspetto ludico, tralasciando la componente eversiva che fa capolino da ogni angolo della pellicola.
Sperando, inutilmente, di tornare a fare sogni tranquilli…
Info
Il trailer di Splatters – Gli schizzacervelli.
- Genere: commedia, grottesco, horror
- Titolo originale: Braindead
- Paese/Anno: Nuova Zelanda | 1992
- Regia: Peter Jackson
- Sceneggiatura: Fran Walsh, Peter Jackson, Stephen Sinclair
- Fotografia: Murray Milne
- Montaggio: Jamie Selkirk
- Interpreti: Brenda Kendall, Diana Peñalver, Elizabeth Moody, Ian Watkin, Jed Brophy, Stephen Papps, Stuart Devenie, Timothy Balme
- Colonna sonora: Peter Dasent
- Produzione: Avalon/NFU Studios, New Zealand Film Commission , WingNut Films
- Distribuzione: Minerva Pictures Group
- Durata: 104'