Vampires

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Il più imprevedibile tra i film presentati in concorso alla ventottesima edizione del Torino Film Festival: Vampires è un horror sui generis che sfrutta le potenzialità (ancora forse non espresse in forma totalmente compiuta) del mockumentary per raccontare la nostra contemporaneità e farsene allegramente beffe.

Routine canina

Le prime due troupe che hanno tentato di fare questo documentario sono scomparse, racconta il regista. Ma la terza ce la fa: entra nella casa dei Saint-Germain, la famiglia belga di vampiri che ha accettato di raccontarsi davanti alle telecamere, intervista i loro amici e i vicini, registra le crisi tra genitori e figli… [sinossi]

La prima volta hanno resistito solo fino all’ingresso in casa dei puzzolenti umani; nella seconda occasione addirittura l’avventura è terminata prima ancora di cominciare, nell’automobile che li stava portando a casa Saint-Germain. Ma finalmente, dopo anni  di attesa (e con la doverosa dedica agli eroici caduti sul campo, compreso “un braccio di Jacques”, la troupe capitanata da Vincent Lannoo riesce a entrare nella magione di una delle più importanti famiglie belghe di vampiri per tentare un’impresa mai affrontata in precedenza: raccontare la routine quotidiana dei succhiasangue guardandola dal loro punto di vista. È da questa idea semplice e geniale allo stesso tempo che prende corpo Vampires, il più imprevedibile tra i film presentati in concorso alla ventottesima edizione del Torino Film Festival: un horror sui generis che sfrutta le potenzialità (ancora forse non espresse in forma totalmente compiuta) del mockumentary per raccontare la nostra contemporaneità e farsene allegramente beffe.

Un’ottica non così diversa da quella che oltreoceano ha partorito il ben più ansiogeno – e meno ironico – The Last Exorcism, a riprova ulteriore di un fil rouge che attraversa il cinema dell’orrore di questo ultimo decennio, come già si accennava in occasione della disamina del bel film diretto da Daniel Stamm. Sfruttando un gusto per il sarcasmo e per l’elogio del “cattivo gusto” che dalle parti di Bruxelles e dintorni ha sempre trovato terreno piuttosto fertile, Vampires prende di sorpresa lo spettatore costringendolo a confrontarsi con una realtà sgradevole, belluina, eppure carica di un’umanità (se si può usare questo termine, per quanto appaia paradossale in un contesto simile) in grado di lasciare senza fiato. Mescolando le carte a tal punto da far incrociare il documentario (per quanto falso) con l’horror e meticciando ulteriormente i due generi con il germe del b-movie, Vincent Lannoo porta a termine un’operazione davvero arguta, uscendo vincitore da una sfida tutt’altro che facile: i Saint-Germain e i loro vicini – una coppia di sangue nobile che vorrebbe vive nello scantinato e aspira a prendere il posto in casa della chiassosa famiglia – non solo raccontano alla videocamera le loro (non) vite con una schiettezza e una sincerità che finiscono ben presto per conquistare, ma schiaffano in faccia allo spettatore tutte le contraddizioni e le mostruosità di un’epoca che si vorrebbe illuminata e progressista come quella delle democrazie occidentali.

Nella sua pur breve durata (il film non arriva neanche all’ora e mezza di minutaggio), Vampires riesce a mettere in scena il più crudele razzismo, con gli immigrati clandestini dati in pasto ai vampiri direttamente dalla polizia, e a filosofeggiare sulla morte, la vita e tutto ciò che gravita loro intorno, senza alcuna auto censura. Ciò che ne deriva è il ritratto vitale e sanguigno – decisamente sanguigno – di un nucleo familiare eterogeneo eppur perfettamente ricalcato su modelli e stili rintracciabili nella nostra quotidianità: pur senza disprezzare digressioni perfettamente consone con il genere preso a riferimento (si vedano l’orgiastico furore del massacro nella villa, o il dissanguamento “misurato” della cameriera umana chiamata significativamente “la carne”), Vampires mescola l’alto e il basso senza preoccuparsi eccessivamente dei risultati.

Alla fine ci si ritrova davanti a un’opera spassosa, a tratti perfino irresistibile, intelligente e in grado di raccontare il nostro mondo con onestà e arguzia, come dimostra in pieno la parte ambientata in Quebec, e nel quale si accenna un confronto tra il vampirismo edonista e conservatore europeo e quello, più moderno e progressista, canadese. Sintomo di un film inclassificabile, destinato meritatamente a un fedele stuolo di idolatranti seguaci, e in grado di regalarci uno dei più appassionanti e coinvolgenti ritratti familiari visti in circolazione ultimamente. Sarebbe davvero un premio coraggioso,  e con ogni probabilità per questo all’ombra della Mole rimarrà a bocca asciutta. Peccato.

Info
La scheda di Vampires sul sito del Torino Film Festival.
Il trailer originale di Vampires.

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