Lo sconosciuto del lago

Lo sconosciuto del lago

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Pur mettendo in scena solamente uomini in cerca di soddisfazione sessuale omo-erotica, Lo sconosciuto del lago è capace di raggiungere l’universale, grazie soprattutto all’idea di immaginare una sorta di società, estemporanea e quasi utopica.

La riva di un lago, in estate, è il punto d’incontro della comunità gay in cerca di sesso occasionale. Tra questi c’è il giovane Franck che, da un lato, costruisce un platonico rapporto con il distaccato Henry, dall’altro ambisce ad amare il più desiderato della spiaggia, Michel. Anche quando scopre che questi cela un segreto orribile, Franck non si tira indietro, anzi… [sinossi]

Raramente è capitato al cinema di vedere una tale naturalezza nel mostrare il nudo del corpo maschile come in Lo sconosciuto del lago di Alain Guiraudie, film che ha vinto quest’anno il premio per la regia al Festival di Cannes nella sezione Un certain regard. Detto ciò, bisogna immediatamente evitare di incorrere nella settorializzazione riduttiva, definendo magari il film come appartenente al genere “gay movie”.
Lo sconosciuto del lago, infatti, pur mostrando in scena solamente uomini in cerca di soddisfazione sessuale omo-erotica, è capace di raggiungere l’universale, grazie soprattutto all’idea di immaginare una sorta di società, estemporanea e quasi utopica, in cui si possono liberamente seguire le pulsioni del desiderio. Un ideale destinato ovviamente a fallire.

Lo spunto di Guiraudie è allo stesso tempo semplice e libertario, geometrico e anarchico: il film è infatti completamente ambientato sulle rive di un lago dove una piccola comunità si incontra ogni giorno nel corso di un’estate. Nell’arco di un racconto che non prevede alcun interno, le location sono poche, precise e simboliche: il parcheggio ghiaioso (confine tra la civiltà e l’oasi naturale, accesso verso una realtà apparentemente a-legale), la riva del lago (il palcoscenico in cui esibire corpi, desideri e interessi), il lago (la sfida atletica alla natura, l’inconoscibile) e il bosco (il “retro-palco”, il luogo in cui copulare, ma anche il luogo del mistero e del rischio). Su tutto, l’illusione di una natura incontaminata, di un’oasi in cui l’uomo può ritrovare un rapporto spontaneo con la nudità. E in tal senso si gioca una buona parte dello stile registico di Guiraudie per cui, guidato dalla necessità di mostrare il quotidiano (senza ostentarlo) in una realtà che invece di quotidiano non ha nulla, utilizza la stessa frontale tecnica di ripresa sia per i corpi nudi, sdraiati in spiaggia, sia per il lago, gli alberi e, in genere, gli spazi naturali, dove tocca alla colonna audio stratificare il discorso, dal rumore del passaggio di un aereo a quello delle auto che evidentemente scorrono a velocità elevata su una qualche statale (rigorosamente fuori-scena); suoni che increspano la superficie idilliaca e suggeriscono l’incombere della civiltà con le sue regole spietate. Uno stile che si rintraccia anche nella scrittura della sceneggiatura – ad opera sempre di Guiraudie – per cui i personaggi, al di là delle loro pulsioni, non hanno alcun accento psicologico e sono privi di passato, per un discorso complessivo che gioca volutamente sulla frontalità e sulla superficie e che è perfettamente esemplificato dalle placide e insieme minacciose onde lacustri, sotto cui si cela il più volte evocato pesce siluro.

Ecco che allora l’orrore – e non poteva essere altrimenti – penetra anche qui, sulle rive del lago, incarnato non a caso da quella sorta di oscuro oggetto del desiderio che è il personaggio di Michel, al cui corpo anelano in molti, a partire dal protagonista Franck. Michel è colui che interpreta le regole non scritte di questa società nella maniera più radicale possibile, interessato solo al piacere e a nient’altro, né al dialogo né alla possibilità di vedersi al di fuori di quel luogo. Un piacere che, una volta consumato, può e deve essere messo da parte.
È a partire dall’apparizione in scena di Michel che Lo sconosciuto del lago abbandona progressivamente la dimensione di geometrico realismo per sprofondare in dinamiche noir altrettanto calcolate e calibrate. Verrebbe quasi da pensare al cinema di Chabrol, eppure Guiraudie lavora ancor più a fondo sull’astrazione e sul simbolo fino a far entrare in questo spazio a-legale un rappresentante della legge, un ispettore di polizia, che ovviamente rimane rigorosamente vestito e attraversa gli spazi del piacere con quel suo fisico asessuato e quel suo fare perplesso più o meno giudicante. Un po’ alter-ego dello spettatore (è lui a notare giustamente certe assurdità di comportamento degli habitué del lago), un po’ – di conseguenza – anche voyeur, l’ispettore con il suo arrivo introduce un elemento esterno ed estraneo che decreta la fine delle dinamiche del piacere, arrivando ad esempio a costringere Franck a rievocare anche incontri sessuali poco soddisfacenti.

Ciò detto, il film di Guiraudie – pur composto di almeno un paio di sequenze di sesso esplicito – è del tutto alieno dalla volontà di stupire, infastidire o scandalizzare. E sarebbe un peccato se se ne parlasse solo in tal senso, sottacendo invece la sua cristallina dimensione cinematografica.

Info
Lo sconosciuto del lago sul sito della casa di produzione Les Films du Worso.
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