Vandal

Un coming of age urbano sull’universo ribelle e notturno dei writers: è Vandal di Hélier Cisterne In concorso al TFF.

Lotta all’ultimo tag

In seguito all’ultima marachella scolastica, Chérif viene mandato dalla madre a Strasburgo, dove risiede il padre. Qui il ragazzo sarà ospite degli zii e proverà a rigare dritto. Ma quando l’insospettabile cugino lo introduce nel mondo dei writers, i suoi piani e la sua buona volontà iniziano a vacillare. [sinossi]

Il racconto di formazione sembra essere il genere più battuto dai giovani registi che hanno animato con le loro opere prime, seconde o terze il concorso del TFF 2013. A partire dal vincitore, il grazioso Club Sandwich, per proseguire con la dolente maturazione dei trentenni di 2 Automnes 3 Hivers o alla maturazione tra i frutteti dell’Oregon in C.O.G., senza dimenticare la rivisitazione in chiave nostrana di La mafia uccide solo d’estate e quella venezuelana di Pelo Malo. Probabilmente la ragione di questo proliferare di coming of age sul grande schermo è legata a doppio filo al clima di incertezza che si respira in questi tempi un po’ a tutte le latitudini, ma anche alla necessità di leggere il presente attraverso lo sguardo delle generazioni più giovani, smarrite in una realtà che costituisce la pesante eredità dei loro padri, ma all’interno della quale, talvolta, si muovono con assai maggiore agilità.

È intriso profondamente di queste suggestioni Vandal di Hélier Cisterne, racconto della trasferta obbligata di un adolescente difficile a Strasburgo presso la magione degli zii. Qui la più affettuosa ma comunque severa zia e il rigido pater familias incarnato da Jean-Marc Barr cercheranno di raddrizzare il fanciullo ribelle e indirizzarlo alla professione di manovale, svolta anche dal padre che risiede proprio in loco. L’incontro con un’altra adolescente tormentata, la coetanea Elodie, ma soprattutto l’apprendistato da writer cui sarà sottoposto dall’insospettabile cugino – che ha le bigie e ligie sembianze di un serioso Harry Potter – daranno una scossa al suo percorso di redenzione.
Primi amori, impulsi d’indipendenza, conflitti con i familiari, ma soprattutto con gli adulti in generale, animano questo affresco composito europeo che fa del sottomondo notturno dei graffitari un’impeccabile metafora delle ricerca d’identità. In un mondo dove tutto – marachelle comprese – è stato già fatto, scritto e creato, cancellare l’opera altrui e riscrivervi sopra la propria sembra essere l’unico gesto possibile per affermare se stessi e lasciare un segno. Si tratta però di un segno perennemente passibile di essere spazzato via, dalle autorità cittadine come dalle altre crew di “scrittori” urbani. E questo problema è in particolare tematizzato nel film nella lotta all’ultimo tag tra il gruppo di writers in cui Chérif si inserisce e che si firma come “Ork” e il misterioso e fantasmatico Vandal, personalità dall’indubbio talento che spande la sua impronta sui muri cittadini. Proprio l’incontro scontro tra Ork e Vandal segnerà un punto di non ritorno per il percorso di redenzione del protagonista, un nuovo trauma, forse stavolta incancellabile.

Sorta di melodramma urbano contemporaneo che non calca la mano sui suoi effetti più tragici né intraprende i sentieri già battuti di un manierismo dardenniano spesso imperante in prodotti europei similari, Vandal trova una sua via personale ed equilibrata, sospesa tra un percorso intimo senza psicologismi e un trattato più complesso e universale sul crescere oggi nel Vecchio Continente.
Di certo, una delle pellicole più convincenti e interessanti del concorso torinese.

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