Il mercante di Venezia: un altro restauro è possibile?

Il mercante di Venezia: un altro restauro è possibile?

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Forse non si poteva fare di meglio, ma sicuramente si poteva fare di meno: il restauro del Mercante di Venezia presentato al Lido non lo si può definire un perfetto esempio di operazione filologica, pieno com’è di elementi aggiuntivi ed estranei al film stesso. Lo si potrà vedere in futuro senza alcun orpello?

Rispetto ai primi appunti a caldo, scritti il 2 settembre (vedere qui, nel nostro minuto per minuto), ci siamo presi qualche giorno per riflettere sul restauro del Mercante di Venezia di Orson Welles, presentato come pre-apertura della 72esima edizione della Mostra del Cinema in accoppiata con la versione italiana dell’Otello. Ci è sembrato fosse giusto lasciar sedimentare le impressioni, eppure la sensazione di fondo – ora che il festival è quasi finito – resta la stessa, sostanzialmente immutata.
L’attesa enorme per la possibilità che ci era stata data di poter assistere a un nuovo inedito wellesiano (di cui erano noti solo poco meno di dieci minuti) si è trasformata in nerissima delusione di fronte a un restauro che, per paura dell’horror vacui, si compone di tanti – troppi – elementi estranei al film stesso.
Forse sì, forse proprio di horror vacui bisogna parlare, visto che quanto è stato trovato di nuovo e di mai visto negli archivi di Cinemazero, associazione friulana già artefice del ritrovamento del Too Much Johnson, probabilmente non è sufficiente per poter ben delineare la natura di questa quarta e ultima incursione di Welles nella cosmogonia shakespeariana. Ma, in realtà, ci sembra che il problema di fondo sia un altro: l’atto stesso di valutare se i minuti a disposizione del Mercante siano sufficienti per darci un’idea di come potesse essere quest’opera è al momento una operazione impossibile. Bisognerebbe infatti espungere, rispetto a quel che si è visto al Lido, tutte le varie aggiunte che sono state fatte, in modo più o meno arbitrario; scelte che sono state guidate da un criterio che ci sembra non brilli per esattezza filologica, tutt’altro.

Del contesto in cui nacque questa versione del Mercante di Venezia, uno degli episodi prodotti dalla CBS per la serie Orson’s Bag, ne abbiamo già parlato circa un mese fa (vedere qui). Si trattava dunque di un adattamento televisivo che doveva rispettare una durata massima di non oltre quaranta minuti per puntata. E del Mercante si racconta che fosse stato completato, tanto che vi fu una proiezione privata, ma che poi – subito dopo – diversi rulli del film furono rubati.
Quanto abbiamo visto al Lido dura 35 minuti; questo però purtroppo non significa che ne manchino solo cinque per arrivare ad avere tutto il Mercante, anzi. Infatti, una delle grandi mistificazioni di questo restauro, condotto in primis da Stefan Drossler del Munich Film Museum (che ha in gestione tutti gli unfinished di Welles), è anche quella di aver gonfiato il minutaggio, attraverso didascalie, fermo immagine e quant’altro.
Comunque per cominciare a chiarire la situazione, proviamo ad elencare brevemente cosa, secondo noi, è stato aggiunto in maniera arbitraria: l’incipit di Welles che arriva in gondola, le didascalie piazzate di tanto in tanto per riferire qualche dialogo di cui non si è riusciti a reperire la traccia sonora (come se fosse un film muto e interrompendo così il montaggio pensato da Welles), l’inserimento a tratti di un radiodramma del ’38 in cui Welles interpretava sempre Shylock e che di nuovo è stato usato per riempire i momenti senza audio, la musica di Lavagnino anch’essa ritrovata di recente e inserita in maniera ossessiva senza un criterio drammaturgico, il fermo immagine finale sul volto di Welles nei panni di Shylock mentre in voice over si sente, ancora, un estratto dal radiodramma del ’38 e precisamente il momento del celebre monologo dello strozzino ebreo.

Tutti questi elementi addizionali hanno dunque contribuito a creare uno strato sotto cui ha finito per essere sepolto il materiale originale wellesiano. Per non parlare poi di altri interventi azzardati come, ad esempio, la decisione di voler imitare in digitale gli effetti truka realizzati all’epoca da Welles (il cui processo ci è stato raccontato dal montatore del film, Mauro Bonanni). Il cineasta americano infatti aveva trovato una soluzione ingegnosa per sottolineare la solitudine e l’amarezza della sconfitta di Shylock (abbandonato e derubato da sua figlia Jessica): farlo camminare per le calli veneziane mentre era in corso il carnevale e mentre scoppiavano dei fuochi d’artificio, i cui riflessi di luce colorata andavano a illuminare di tanto in tanto la figura dello strozzino. Ebbene, gli effetti realizzati da Welles non sono stati ritrovati e dunque si è cercato di riprodurli in digitale, con un risultato decisamente grossolano: le macchie di colore, infatti, compaiono a scatti, rigide, e non vanno a spegnersi dolcemente come succede di solito per i fuochi. Può sembrare, questo, un dettaglio, eppure ci pare molto significativo del modus operandi di Stefan Drossler, il cui intento è ricostruire quel che avrebbe voluto fare Welles e non restaurare. Ma c’è un dato di fatto: nessuno può avere il diritto e nessuno può sapere esattamente come Welles avrebbe fatto una certa cosa; dunque quel che viene ritrovato di suo andrebbe lasciato così com’è, a meno che non vi siano delle indicazioni precise (come ad esempio per la versione integrale di L’infernale Quinlan, di cui abbiamo parlato recentemente con il montatore Walter Murch).

Se poi dovessimo individuare l’intervento che più di tutti ci è sembrato anti-filologico, questo va senz’altro identificato nella decisione di inserire in colonna sonora degli estratti audio provenienti dal già citato radiodramma del 1938. Del resto, si sarà pensato, sempre di un Mercante di Venezia fatto da Welles si tratta. Ma non si è riflettuto sul fatto che a distanza trent’anni Welles potesse aver deciso di modificare qualcosa del testo shakespeariano? Non si è pensato che la voce in radio deve essere per sua natura maggiormente stentorea rispetto a quella cinematografica perché il microfono in quel caso è l’unico strumento a disposizione dell’attore? E che dunque le modalità recitative sono completamente diverse? Non ci si è accorti dell’enorme differenza nella qualità del materiale, per cui quando arriva la registrazione del ’38 sembra che le voci provengano dal grammofono della stanza accanto? Tutto questo tra l’altro accade nel momento in cui è in corso uno dei pochi frammenti che fa sì che si possa apprezzare appieno il lavoro di Welles, quando cioè Shylock parla con Antonio; purtroppo non è stata ritrovata la traccia sonora dell’ultima parte di questa sequenza e quindi – nel bel mezzo del dialogo – si sentono delle voci completamente differenti. Sia detto sinceramente: l’effetto è grottesco.

Forse ancora più grave è però quanto accade negli ultimissimi minuti del film, quando torna di nuovo il radiodramma di cui sopra e, nell’evidente impossibilità di rispettare il labiale, si sceglie piuttosto di fare un estenuante fermo-immagine di Welles, sempre nei panni di Shylock. Così questa voce diventa voice over, con conseguenze disastrose. Ecco che allora la volontà di voler piazzare a tutti i costi il celebre monologo (“Ma un ebreo non ha occhi? Un ebreo non ha mani, organi, misure, sensi…”) ha creato questo “frankenstein”. Un monologo che evidentemente non era presente nel materiale audio ritrovato e a proposito del quale non ci è dato sapere se almeno fosse presente nella sceneggiatura – ritrovata a fine giugno. Ma, al di là del fatto che il monologo non è mai stato previsto come finale in nessun tipo di adattamento del Mercante (Shakespeare lo mette nella prima scena del terzo atto), ci viene un dubbio: e se Welles avesse deciso di togliere quella scena? Certo, è molto difficile che sia così, fatto sta che se un passaggio – sia pur di fondamentale importanza – non si riesce a trovare, allora anziché optare per un feticcio sostitutivo, molto meglio, semplicemente, non mettere nulla.

L’ultima enorme perplessità che vogliamo segnalare riguarda l’incipit, quel minuto e mezzo circa in cui Welles gira in gondola per Venezia in campo lunghissimo e di tanto in tanto si vedono vedute di tipici palazzi addossati all’acqua della Laguna. Ci è sembrato immediatamente del materiale apocrifo, soprattutto per il ritmo visivo – vi sono inquadrature lunghe, con zoom abbastanza maldestri -, un ritmo completamente differente dal tipico montaggio wellesiano di quel periodo. Dopo la proiezione perciò abbiamo contattato Mauro Bonanni che, come detto, ha montato sia il Mercante che gli altri episodi CBS, e che ci ha rivelato di non aver mai visto quelle immagini. La sua ipotesi è che Welles potrebbe averle girate con l’obiettivo di usarle forse come semplice collegamento tra un episodio e l’altro, mettendo in scena i suoi spostamenti; ciò significa che su quelle immagini forse sarebbero dovuti passare in sovrimpressione i titoli di testa o di coda di un episodio o di un altro. La cosa del resto è molto verosimile perché anche in una precedente serie per la Tv, Around the World With Orson Welles, il cineasta americano aveva usato questo meccanismo, mettendosi in scena mentre saliva in treno.

Possibile, comunque, che vi siano delle attenuanti: lo scarso tempo a disposizione e il fatto che la sceneggiatura sia stata ritrovata solo a fine giugno (ma quanto aiuto può dare una sceneggiatura per un’opera di Welles, visto che lui modificava continuamente battute, scene, situazioni?). Però in ogni caso non si può accettare l’approccio che si è avuto verso questo materiale, perché ogni possibile idea di ricostruzione è velleitaria (Drossler, durante la presentazione lidense, ha accennato anche all’ipotesi – poi fortunatamente scartata – di far ridoppiare per l’occasione a degli attori le parti senza audio) e perché bisognerebbe prima di tutto eliminare gli orpelli che sono stati aggiunti e procedere a un vero restauro filologico.
Fino ad allora tutto resta sospeso. Fino ad allora non si potrà parlare del Mercante di Venezia in termini di analisi estetica, non si potrà ragionare sulla genialità di Welles nel mettersi in scena mentre si trucca per trasformarsi in Shylock in tempo reale, davanti ai nostri occhi. Per ora non si può parlare né di questo né di altre soluzioni estetiche. È tutto sospeso in attesa che qualcuno risponda a questa domanda: un altro restauro è possibile?

Vai allo Speciale Orson Welles.

Info
La pagina dedicata a Il mercante di Venezia sul sito della Biennale.
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