Free State of Jones

Free State of Jones

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Rischia di essere inghiottito più volte dalla retorica Free State of Jones, biopic sulle imprese di Newton Knight, repubblicano e battista dai condivisibili principi e dalla testa parecchio dura che prese a calci per qualche anno i confederati e le loro leggi schiaviste. Qualche passaggio a vuoto, una cornice anni Cinquanta troppo didascalica, ma anche il solido mestiere di Gary Ross e un Matthew McConaughey misurato, accompagnato da un valido cast. Disastro al botteghino negli Stati Uniti, presentato al Torino Film Festival 2016, dal primo dicembre nelle sale italiane.

La guerra dell’uomo ricco combattuta dall’uomo povero

Al culmine della Guerra civile, il contadino del Mississippi Newt Knight guida una rivolta contro la Confederazione, «la guerra dell’uomo ricco combattuta dall’uomo povero», come sarebbe poi passata alla storia. Insieme a un’improbabile banda di contadini e schiavi fuggiaschi, Knight conduce la battaglia tra le paludi del Mississippi e, nonostante l’inferiorità numerica e tecnica, porta la Contea di Jones a separarsi dagli Stati della Confederazione… [sinossi]
John Brown died that the slaves might be free,
John Brown died that the slaves might be free,
John Brown died that the slaves might be free,
His soul goes marching on…
John Brown’s Body [1]

È lunga la strada che ha portato gli Stati Uniti e il Partito Repubblicano da Abraham Lincoln a Donald Trump. Come lungo è (stato?) il cammino degli afro-americani dalla schiavitù, passando per la segregazione, fino ai giorni nostri. Il cinema a stelle e strisce torna con una certa regolarità su questi snodi storici, sociali e legislativi: l’epopea di Solomon Northup in 12 anni schiavo, l’abolizione della schiavitù nello spielberghiano Lincoln, il primo matrimonio interrazziale di Loving e via discorrendo [2]. Nonostante l’inevitabile retorica, enfatizzata dalle parentesi anni Cinquanta, Free State of Jones aggiunge il suo non disprezzabile mattoncino alla Storia, narrandoci le gesta e la profonda e incrollabile umanità di Newton Knight. Bianco, repubblicano, abolizionista.

Regista dalla filmografia breve ma significativa, Gary Ross è cineasta solido, capace di contenere gli eccessi retorici con una messa in scena che cerca di lavorare di sottrazione, che lascia sedimentare con alcuni quadri fissi, anche in campo lungo e senza ridondanze sonore, dei momenti emblematici e rischiosissimi. La messa in scena della battaglia iniziale, ad esempio, non si dilunga in inutili svolazzi spettacolari ma sceglie un approccio piuttosto crudo, realistico. Ross non insiste sui dettagli grandguignoleschi, ma li utilizza per contestualizzare psicologicamente l’orrore della guerra, l’insensatezza delle battaglie, di questi muri umani che avanzano tra proiettili e cannonate, perdendo vite e pezzi di carne a ogni passo – non c’è, in sostanza, il tentativo di emulare altre scene di guerra, come il celeberrimo sbarco di Salvate il soldato Ryan, e non solo per questioni di budget e talento, ma anche e soprattutto per il contesto e le intenzioni evidentemente differenti. In questo scenario, quantomeno agli occhi di un contemporaneo dotato di senno, la guerra dei ricchi, l’onore e tutto quel che segue non possono che svuotarsi di qualsiasi positivo e costruttivo significato: l’adesione al pensiero e alla posizione umanista di Knight è praticamente inevitabile. Ed è proprio questa coincidenza di pensiero a restituirci la statura morale di Newton Knight (McConaughey), personaggio straordinario, già proiettato in un futuro ancora da scrivere.

Gary Ross, che firma anche la sceneggiatura, si trova a proprio agio con le figure ribelli e rivoluzionarie, con uomini e donne in grado di deviare dal pensiero dominante: dall’amabile esordio Pleasantville, passando per il primo Hunger Games (non ancora zavorrato da budget iperbolici, dalla corsa al box office e dalle banali semplificazioni della categoria young adult), fino all’odierno Free State of Jones, la filmografia di Ross si è rivelata un piccolo compendio del pensiero libero. Ma anche dell’azione, del gesto che accompagna il pensiero, che lo rivendica. In un certo senso, si torna ai colori di Pleasantville, alla capacità di immaginare un mondo diverso, di superare un immaginario collettivo sbiadito o addirittura imputridito.

Non è un film memorabile Free State of Jones, eppure prova a veicolare dei messaggi non banali (l’azione, la collettività, il vero nemico, la sacralità del lavoro), ricollegandosi in tono minore all’ultimo Tarantino, The Hateful Eight e Django Unchained. Non una riscrittura della Storia o una possente metafora tarantiniana, ma un onesto tassello da aggiungere a una rilettura critica della genesi degli Stati Uniti e, più in generale, del capitalismo. «La guerra dell’uomo ricco combattuta dall’uomo povero» è la trave portante del pensiero e delle azioni di Knight, il veicolo che permette di prendere le distanze dallo schiavismo, dal razzismo, da qualsiasi distinzione di classe. E che permette di unire le forze, e di moltiplicarle.
Sarebbe molto utile anche oggi.

Detto della cornice “contemporanea” smaccatamente didascalica, con dinamiche e personaggi che non hanno il tempo fisiologico per prendere corpo, Free State of Jones sembra restare sempre a metà strada, un po’ Radici e un po’ Glory – Uomini di gloria, ma senza le dimensioni da epopea storico/familiare della miniserie televisiva o l’impatto epico del lungometraggio di Edward Zwick.

Note
1. Una delle prime versioni di John Brown’s Body, canzone che incarnava lo spirito anti-schiavista dell’Unione e dell’abolizionista bianco John Brown. Venne usata come inno di battaglia dalle truppe nordiste durante la guerra di secessione.
2. Alla mappatura storica contribuisce anche il genere sportivo, con una serie di pellicole sospinte dal successo de Il sapore della vittoria (2000). Il film di Boaz Yakin racconta con qualche licenza narrativa la storia vera della squadra di football americano del liceo T.C. Williams di Alexandria, Virginia, prima formazione interrazziale. A ruota, cloni come il cestistico Glory Road – Vincere cambia tutto (2006) e il natatorio Pride (2007).
Info
Il trailer italiano di Free State of Jones.
La scheda Free State of Jones sul sito del TFF2016.
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