Barry Seal – Una storia americana

Barry Seal – Una storia americana

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Mescolando entertainment e “impegno” Barry Seal – Una storia americana di Doug Liman ritrae un self made man completamente dopato dal sogno americano.

Scusi, dov’è il Nicaragua?

La storia vera di Barry Seal, un aviatore statunitense e narcotrafficante che, una volta accusato di riciclaggio di denaro sporco e traffico di droga, trovò un accordo con il governo USA diventando un informatore sotto copertura della CIA e contribuendo a lavorare a una delle operazioni più famose della storia dell’agenzia: incastrare il signore della droga Pablo Escobar. [sinossi]

Mai dire a Tom Cruise che non può fare qualcosa. Pilota spericolato (Top Gun), barman acrobatico (Cocktail), agente segreto (Mission: Impossible et similia), samurai (L’ultimo samurai), produttore hollywoodiano calvo e ciccione Tropic Thunder, sognatore realista per Stanley Kubrick (Eyes Wide Shut), Cruise negli anni ha accumulato una variegata galleria di personaggi, li ha assorbiti e, come accadeva anche alle vecchie star del passato, talvolta li riversa tutti insieme in un unico film, dimostrando un alto grado di consapevolezza del suo status iconico e non poca autoironia. Corpo elastico sospeso tra la performance muscolare e l’acrobazia slapstick, Tom Cruise sa che la sua presenza scenica fa la differenza e per questo non si risparmia, facendo parlare di sé spesso anche per le sue prodezze (e disavventure) sul set, come avvenuto di recente per una sua rovinosa caduta durante le riprese di Mission: Impossible 6.
Si presta a contenitore perfetto e tutt’altro che accessorio delle su elencate qualità del suo protagonista, anche Barry Seal – Una storia americana di Doug Liman, sorta di racconto picaresco tratto da una storia vera, non esente da interessanti annotazioni critiche sulle amministrazioni Carter e Reagan, nonché sul sogno americano tutto.

Ambientato lungo buona parte degli anni ’80, il film di Liman segue le gesta avventurose di un pilota di linea della TWA (il Barry Seal del titolo, incarnato da Cruise) che per spirito di avventura ed endogena necessità di adrenalina, molla tutto e accetta di pilotare un piccolo aereo da ricognizione per conto della CIA. Siamo ancora nel pieno della guerra fredda e l’obiettivo di questi voli, con annesso reportage fotografico, è presto detto: sorvegliare le attività “antiamericane” nei paesi del Sudamerica per scongiurare l’ascesa, magari con l’appoggio dell’URSS, di regimi socialisti o peggio ancora comunisti. Ma a Barry neanche questo basta, vuole di più: più pericolo, più adrenalina, più soldi. Ecco allora che quando Pablo Escobar e soci (il nascente cartello di Medellin) gli chiedono di trasportare nei suoi voli dei quantitavi di coca, lui non si tira certo indietro. E non si tirerà indietro di fronte a parecchie altre cose.

Personaggio cartoonistico benché reale, Barry Seal, un po’ come Willy il coyote, si caccia sempre nei guai, ma riesce anche (quasi sempre) paradossalmente a venirne fuori. A tratti pare persino imparentato con il Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street, ma per lui i soldi, il cui accumulo compulsivo e parossistico inizia presto a causargli qualche problema logistico, non sono il vero scopo di ogni avventura: è piuttosto la possibilità di accatastarne, che gli viene offerta dal “sogno americano”, a rendergli ogni impresa irrinunciabile. La sua droga è tutta qua, e gli è elargita da una terra delle opportunità che non fa differenze, distribuisce ricchezze a chiunque, stolti e uomini d’ingegno, purché audaci.

Liman costruisce con cura il suo adrenalinico biopic, inframezza ogni impresa con delle confessioni video (interessante l’utilizzo delle immagini simil VHS) che provengono da un non ben precisato futuro di Barry, fa convergere le due temporalità con cura, alterna avventura e melodramma domestico, affastellando a un ritmo incalzante problemi geopolitici, malavitosi e familiari, un po’ come avveniva al Ray Liotta di Quei bravi ragazzi. E se le ragioni della cecità della moglie sulle attività evidentemente poco legali del marito restano un po’ sottotraccia, in fondo poco importa, quello che serve sapere è che per i personaggi (e non solo per loro) una cosa “è legale se la fai per i buoni”.

Versione aerea e pirotecnica del “cappa e spada” Barry Seal – Una storia americana – con buona pace del ben più calzante titolo originale del film: American Made – arriva al punto con arguzia, smantellando l’American Dream dall’interno, ovvero dal punto di vista di un suo fervente credente, e rivelandone dunque una volta di più le esiziali storture. È una storia basica questa, ma anche foriera ancora di innumerevoli sviluppi, almeno finché esisterà un qualche americano medio disposto a crederci. E c’è da scommettere che Barry Seal non è (stato) l’ultimo. Liman non risparmia poi a questo esemplare della sua stessa specie anche una sottile punta di ironia, inserendo all’interno del film delle sapide animazioni atte a spiegare, anche al pubblico meno avvezzo alla storia e alla geografia, o troppo distante (fisicamente e temporalmente) dal sussidiario scolastico, dove si trovano i vari paesi dell’ “esotico” Sudamerica. In ogni caso, allo spettatore come a Barry Seal, dove si trovi il Nicaragua e cosa vi sia avvenuto durante gli anni ’80, poco importa, e probabilmente è un’informazione che dimenticherà poco dopo la visione del film.

Con una forma di autorialità discreta, celata tra le pieghe di una storia vera e la grancassa di un prodotto destinato prettamente all’entertainment, Liman tratteggia con Barry Seal – Una storia americana la sua possibile forma di cinema d’impegno civile. Tanto lui lo sa, anche il suo film è ” Americam Made”, e bisogna sapersi accontentare.

Info
La pagina dedicata a Barry Seal – Una storia americana sul sito della Universal.
Il trailer del film.
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