Dickens: l’uomo che inventò il Natale

Dickens: l’uomo che inventò il Natale

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Lezioso ed edificante, Dickens: L’uomo che inventò il Natale di Bharat Nalluri mette in scena la creazione del Racconto di Natale da parte di Charles Dickens, per la gioia di grandi e piccini. In Festa mobile al Torino Film Festival.

Raccontamela ancora

Nel 1843, dopo alcuni insuccessi, Charles Dickens cerca disperatamente un’idea per il suo nuovo romanzo. Questa gli si manifesta sotto le sembianze di un vecchio stizzoso. Nascono così, rielaborando personaggi della vita vera, Scrooge, il piccolo Tim e il fantasma dei Natali passati di Racconto di Natale, immortale fiaba gotica… [sinossi]

Saranno anche “baggianate”, come direbbe il buon vecchio Scrooge, ma i film di Natale hanno pur sempre un loro perché, specie poi quelli “sul Natale”, pronti a rammentare a grandi e piccini l’importanza di comportarsi a modo e volersi bene, perlomeno in questa occasione festiva. In fondo era anche questo l’obiettivo, scopertamente educativo, del Racconto di natale di Charles Dickens, unito però anche a una severa critica dei malcostumi della sua epoca, emarginazione dei poveri in testa.

Già oggetto di numerosissime riletture, inclusa quella in 3D firmata da Robert Zemeckis con A Christmas Carol (2009) e l’indimenticabile versione Disney Il canto di Natale di Topolino (1983), il celebre romanzo breve di Dickens in Dickens: L’uomo che inventò il Natale, del regista di origini indiane Bharat Nalluri, viene colto direttamente nel suo “farsi”. Protagonista del film, presentato in Festa mobile al 35esimo Torino Film Festival, è infatti proprio lo scrittore inglese che, dopo il successo internazionale di Oliver Twist e un tour oltreoceano tra i troppo entusiasti fan statunitensi, ha inanellato qualche flop letterario, che lo ha ridotto quasi sul lastrico. Con una famiglia numerosa da mantenere e un padre pieno di debiti, Charles cerca di destreggiarsi tra editori e circoli letterari, ma soprattutto è ora alla bramosa ricerca di ispirazione creativa.

Gommoso e lezioso, il Charles Dickens incarnato da Dan Stevens (la bestia di La bella e la bestia) ha costantemente gli occhi sgranati e le pupille dilatate, corre come un ossesso per le vie londinesi, rimbrotta il padre, gioca coi bambini, lascia cadere una goccia d’inchiostro sul foglio di carta bianco nell’attesa che la scrittura si manifesti. E questo naturalmente accade, anzi, a manifestarsi è direttamente il buon vecchio Scrooge (incarnato da Christopher Plummer, tristemente noto in questi tempi per aver sostituito Kevin Spacey nell’ormai famigerato nuovo film di Ridley Scott, All the Money in the World), con tutti i suoi “baggianate” e i vari mugugni da avaraccio incancrenito, ma pronto anche a suggerire al suo autore la giusta storia da narrare e i relativi personaggi. Dal momento poi che Dickens è l’acclamato cantore delle classi meno abbienti, con una spiccata predilezione per mendicanti, ladruncoli e prostitute – come gli viene rimproverato da un riccone a una serata di beneficenza – ecco che il film di Nalluri inserisce coerentemente anche una serie di fonti di ispirazione prese dalla realtà, tutte ben predisposte a stuzzicare la creatività dello scrittore. Ci sono i commercianti della zona, i popolani della piazza, il nipotino malato e claudicante, la nuova servetta irlandese che ama raccontare ai bambini storie di fantasmi. Tutti concorrono a fornire al protagonista i suggerimenti corretti, sebbene questi, allo spettatore che già conosce la storia, non possano non apparire come calati dall’alto, dilazionati a ritmo costante da uno script strutturato a tavolino per far rientrare nel film tutto quello che ci deve stare.

È un film assai verboso Dickens: L’uomo che inventò il Natale, dove il nostro scrittore parla a lungo da solo, poi discute con il suo Scrooge, poi con la servetta, infine con l’affollato gruppetto di popolani-consiglieri, che quasi lo perseguitano pur di inculcargli lo stile più idoneo per questa storia di avarizia, economica e umana, e relativa redenzione.

Strutturato come una commedia dedita all’entertainment più universale possibile, e non c’è dubbio che in tale direzione funzioni tutto molto bene, Dickens: L’uomo che inventò il Natale abusa però un po’ troppo del suo protagonista slapstick ammiccante e pasticcione, il cui obiettivo è, in fin dei conti, lo stesso del film; ovvero confezionare una storia sul senso del Natale in tempo per le feste. Solo che al film di Nalluri, nonostante la lucida ed edificante confezione, manca il gusto raffinato della scrittura di Dickens, della letteratura resta solo il trito e compiaciuto birignao.

Info
La pagina dedicata a Dickens: L’uomo che inventò il Natale sul sito del Torino Film Festival.
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