La vita è meravigliosa

La vita è meravigliosa

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In pochi sanno che La vita è meravigliosa, il classico natalizio di Frank Capra, non riscosse un grande successo al momento della sua uscita nelle sale, elogiato in Europa dal solo Sergej Ėjzenštejn e contrastato in patria dall’FBI che lo accusava di essere anti-americano. E solo il pubblico dominio gli donò la visibilità che merita…

Grazie, Clarence

Fin da ragazzo George Bailey ha mostrato una grande forza d’abnegazione. Quando suo padre viene a morire, George abbandona ogni progetto più caro e rinuncia agli studi universitari per mandare avanti la ditta di costruzioni che il padre ha fondato con l’intento di offrire case a buon mercato a piccoli borghesi ed artigiani. George prosegue con successo l’opera paterna, superando l’ostilità del vecchio milionario Potter, finanziere esoso e senza cuore. La vigilia di Natale, il vecchio zio di George smarrisce ottomila dollari della Società, esponendo questa al pericolo del fallimento… [sinossi]

È davvero bizzarro notare come nel corso dei decenni La vita è meravigliosa si sia trasformato nel film natalizio per eccellenza, andando a prendere nella storia del cinema il posto che in letteratura spetta a Canto di Natale di Charles Dickens. Opera con la quale, per di più, presenta non pochi aspetti in comune… In realtà chi fu presente all’uscita nelle sale del sestultimo lungometraggio di Frank Capra [1] ricorderà un’accoglienza piuttosto fredda, non negativa ma del tutto distante dai fasti che oggi accompagnano il film. La stampa si trattenne da elogi pubblici, i premi Oscar andarono tutti o quasi a I migliori anni della nostra vita di William Wyler, gli incassi al botteghino furono tutt’altro che soddisfacenti, ripagando appena il costo della produzione. La messa in scena della società statunitense valse al film accuse da destra (l’FBI lo tenne sotto osservazione come opera antipatriottica che metteva in cattiva luce il capitalismo) ma anche da sinistra, come testimonia la recensione abbastanza caustica che James Agee scrisse per The Nation. Insomma, un’atmosfera ben diversa da quella in cui a distanza di settant’anni galleggia la memoria di George Bailey, delle sue gesta, del tentativo di suicidio sventato da Clarence, l’angelo senza ali, il deus ex machina indispensabile per portare a termine una fiaba che forse fiaba non è fino in fondo.
Se c’è un’incomprensione attorno a La vita è meravigliosa è la stessa che domina spesso la lettura dell’intera filmografia di Capra, paradossalmente uno dei registi più visti e allo stesso tempo meno studiati dell’età d’oro hollywoodiana. Non è un caso che ogni qual volta si decida di citare qualche passaggio del film ci si soffermi in maniera esclusiva sul finale, quell’apoteosi di abbracci, canti collettivi di fronte all’albero e generosità. Ci si ferma, come quasi sempre con Capra, all’immagine in quanto tale, e la si considera solo per quel che rappresenta in maniera evidente. Non si tenta mai di scartarla, di osservarne la schiena, di aggirarla per cercare di scoprire cosa cela alle sue spalle. Qui è il vero errore che si commette nei confronti di Capra. Lo si è commesso spesso all’epoca della produzione dei suoi film – e lo dimostra, pur senza qualche granello di verità, proprio il sopracitato articolo di Agee – e lo si commette ancora di più oggi, quando La vita è meravigliosa viene rimosso dall’archivio polveroso nel quale è stato posato solo in occasione della Vigilia, o comunque durante le festività natalizie. Lo si vede, e lo si vuol vedere, per quello che è solo in parte: un’elegia della famiglia, dei buoni sentimenti, della capacità dell’uomo si sopravvivere grazie all’amore e alla comprensione. Una lettura davvero troppo parziale.

Il vero sognatore a conti fatti è proprio Capra. La Seconda Guerra Mondiale è finita da un anno e mezzo – e trova comunque spazio all’interno della narrazione de La vita è meravigliosa sia attraverso il gesto eroico individuale del fratellino di George sia per mezzo dell’azione collettiva di chi è rimasto a casa e si prodiga per lo Stato – e Franklin Delano Roosevelt, il presidente tanto amato dal regista, è morto. Ancora non sono in molti ad affermarlo, ma con lui è stato sepolto il progetto a lungo termine del New Deal. Lo spauracchio nazista non c’è più, l’economia riprende a crescere, perché si dovrebbe ancora sentire la necessità di parlare del Social Security Act o del National Labor Relations Act? Eppure è proprio su questo che si concentra almeno in parte La vita è meravigliosa: George Bailey eredita dal padre la “Prestiti e mutui”. Prestiti. Mutui. Il punto di partenza su cui si basa il capitalismo, la possibilità di cedere con diritto di riscatto qualcosa e costruire una mutualizzazione del rapporto tra venditore e acquirente. Ma Bailey, ed è il punto essenziale della poetica di Capra, non specula. Bailey non pressa coloro che sono in ritardo con i pagamenti, perché conosce la condizione del proletariato e non lo vessa. Bailey non è Potter, il temibile e arcigno villain del film, anche lui uscito da un romanzo di Dickens.

Paradossalmente, proprio come l’opera di Dickens, anche La vita è meravigliosa appare quasi come un racconto proto-socialista, che mescola ad aspetti chiave del progressismo liberale retaggi di cristianesimo, da non leggere nella sua veste puramente ecclesiastica. Le brave donne e i bravi uomini di Capra non esistono, e il regista ne è perfettamente consapevole. Per questo La vita è meravigliosa non può essere altro che un fantasy, con l’intervento di un angelo sui generis – quasi un ritardato, il povero Clarence, incapace di ragionamenti troppo complessi – e il riferimento a un altro mito a suo modo non lontano da lusinghe anarcoidi e socialiste, quel Mark Twain citato attraverso la sua opera più celebre, Tom Sawyer. Certo, si può rimanere distanti da un film così spudoramente didattico, quasi pedagogico. E si può anche storcere il naso di fronte a quel finale raggiante e ottimista (ma pagato il debito contratto cosa succederà a George Bailey e alla Prestiti e mutui? E se dovesse fallire, cosa succederebbe agli inquilini delle sue casette? Finirebbero tra le grinfie di un capitalismo selvaggio e anti-umano), se non si ha intenzione di leggerlo in maggior profondità.
Ma Capra ha sempre rivestito di una patina socialmente accettabile le sue incursioni negli Stati Uniti degli anni Trenta: ha nascosto un documentario sulle vittime della Grande Depressione nei risvolti di una commedia romantica in Accadde una notte, ribadendo poi il concetto un paio di anni più tardi in È arrivata la felicità; ha esaltato la necessità di non lasciarsi piegare dalle abitudini borghesi e dal conformismo prima ne L’eterna illusione e quindi in Arsenico e vecchi merletti; ha quindi preso di petto l’elite del paese, culturale (e mediatica) e politica, svelandone ipocrisie e latrocini con Arriva John Doe e Mr. Smith va a Washington. I lieto fine di questi film arrivano sempre puntualmente come un’illuminazione, quasi si trattasse dell’intervento divino. Di più, dell’intervento registico. Ma ciò che i lavori di Capra raccontano fino a un attimo prima di quell’inversione a u fa gelare il sangue nelle vene: prospera il Capitale, aumenta la distanza tra chi ha tutto e chi nulla, le classi si irrigimentano, così come le distanze fra l’America wasp e i nuovi cittadini, le istituzioni e le forze dell’ordine difendono il vertice della piramide, e vessano la base.

Non è un caso che La vita è meravigliosa fosse così apprezzato da Sergej Ėjzenštejn; il reale può passare attraverso gli stretti vincoli del sistema solo se viene ammantato di un’aura fantastica, solo se si può far finta che quel reale non esista. Per questo la Bedford Falls sembra scenografata prendendo a spunto i dipinti di Norman Rockwell, per questo il perfido Potter deve assumere una posa dickensiana. C’è bisogno, nella Hollywood dorata, di dare vita alla più fervida immaginazione per distillare gocce di realtà, di vita reale, di vita sociale. È un grande canto collettivo, La vita è meravigliosa, forse in questo davvero un ritorno alla radice storica del Natale, al concetto di comunità, all’idea di un vivere comune che non passasse solo attraverso l’accettazione di un codice comune.
Il film, come scritto, non fu compreso appieno e non ricevette il successo economico che avrebbe meritato; anzi, fu solo per una strana dimenticanza nel rinnovamento del copyright e quindi per il passaggio nel pubblico dominio che La vita è meravigliosa divenne, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, quel “classico” che ancora oggi impazza sulle televisioni di mezzo mondo dopo il solstizio d’inverno. Un dramma non privo d’ironia e dai toni fantasy che per ritmo, qualità della messa in scena e interpretazioni non teme paragoni con chicchessia. James Stewart, in un ruolo costruito su misura per lui, giganteggia all’interno di un cast variegato e ricco di sorprese. La fotografia di Joseph Walker, che qualche scriteriato pensò di colorizzare nelle versioni del film trasmesse durante gli anni Ottanta (provocando l’ira di Capra in persona), lavora uno dei bianco e nero più emotivi e ricchi di sfumature della Hollywood del periodo. Il montaggio di William Hornbeck, con il suo andirivieni temporale, sperimenta un codice espressivo che diventerà nel corso degli anni vera e propria prassi. Opera maestosa e ambiziosa, che racconta partendo dal particolare (la vita di un individuo) quarant’anni di vita americana, La vita è meravigliosa merita di essere riscoperto anche da chi crede di conoscerlo a memoria, battuta per battuta.

Note
1. Dopo La vita è meravigliosa arriveranno, nell’arco di quindici anni solo Lo stato dell’Unione, La gioia della vita, È arrivato lo sposo, Un uomo da vendere e Angeli con la pistola, auto-remake di Signora per un giorno del 1933. Angeli con la pistola esce nelle sale statunitensi nel 1961, ma Capra morirà solo trent’anni più tardi, dopo una lunga pensione…
Info
La vita è meravigliosa, un trailer.
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