Nella tana dei lupi

Nella tana dei lupi

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Con un occhio più a Felix Gary Gray e ad Antoine Fuqua che al cinema di Michael Mann, Christian Gudegast firma con Nella tana dei lupi un action che spara tanto, e non sempre centra il bersaglio. Eppure qualche sforzo in direzione di un’opera più personale in fase di sceneggiatura sembra di scorgerlo…

Scacco al maschio alfa

Dopo un colpo a un blindato terminato con una scia di sangue, la squadra speciale anticrimine di Los Angeles guidata da Big Nick individua i componenti di una banda di rapinatori determinati, preparati e pronti a svaligiare di nuovo qualche caveau. Big Nick cercherà i modi per contrapporsi alle loro mire, che arrivano addirittura alla Federal Reserve di L.A. [sinossi]

Con Nella tana dei lupi lo sceneggiatore de Il risolutore (2003) con Vin Diesel e di Attacco al potere 2 (2016) con Gerard Butler esordisce dietro la macchina da presa realizzando un progetto inseguito da oltre dieci anni. Christian Gudegast era affascinato da tempo dall’idea di mettere in scena un “colpo grosso” alla Federal Reserve di Los Angeles, una delle principali filiali della banca centrale più potente del mondo. La realtà, intanto, ha già superato la fantasia e in tutt’altra maniera, visto che due anni fa venne hackerata la filiale di New York, a Wall Street. E senza sparare neanche un proiettile vennero sottratti 81 milioni di dollari. Ma Nella tana dei lupi rivolge lo sguardo al duello “vecchio stile”, più a Heat (1995) che a Blackhat (2015), e alla preparazione di un colpo tradizionale che inevitabilmente conduce a un corpo a corpo tra agenti e rapinatori, tra i nemici (diversi e simili) che al fine si fronteggiano a suon di mitra e pistole. Il regista è però anche interessato a tratteggiare le tipologie umane che fanno parte delle fazioni contrapposte, oltre a essere chiaramente intenzionato a mostrare sparatorie spettacolari e dalle dinamiche molto accurate.
Il fluviale lavoro (140 minuti) si sofferma infatti a delineare i personaggi, con scene che servono solo a “dare vita” ai protagonisti. Il capo dei rapinatori, Ray Merriman (Pablo Schreiber), è uscito di prigione da alcuni mesi ed è un tipo calmo, glaciale, determinato. Ha una preparazione militare, conosce la disciplina e i trucchi del mestiere, e cerca di usarli per fregare alla Federal Reserve quei 30 milioni di dollari che ogni giorno vengono gettati nei rifiuti perché le banconote non sono perfette, dunque non sono segnate e tracciabili. Dall’altra parte troviamo “Big Nick” (Gerard Butler), che guida la squadra speciale anticrimine ma ha una vita privata devastata ed è molto più sregolato e furibondo di Merriman. Entrambi però condividono il bisogno di “farsi” di adrenalina e sollecitazioni violente, di andare a mille: uno ha voglia di rapinare, l’altro ha voglia di incrociare un rapinatore per vincere, entrambi hanno voglia di fare fuoco. Sapendo che prima o poi finiranno male. Sono due maschi alfa autodistruttivi.

La cosa più interessante del film è il fatto che, mentre questa tipologia di macho continua stolidamente a far la gara a chi ce l’ha più lungo (la scena al poligono di tiro è esemplare), la buona riuscita sarà per chi spara meno ma è capace di sfruttare a proprio vantaggio tutte le informazioni utili. A colpire nel segno, tutto sommato, è che l’eterno duello western tra i “boss” risulta al fine necessario solo per loro, per la loro psiche, per i loro bisogni identitari, per i loro immaginari maschili. Mentre i più svegli giocano già su altri terreni. La cosa meno interessante è proprio che questa intuizione resti in secondo piano e il film si sviluppi e si snodi proprio per farci arrivare alla sparatoria finale, dove sono stati realmente scaricati circa 10mila colpi e distrutte una cinquantina di macchine. Il centro di tutto resta comunque lo scontro tra due personaggi che, come vuole lo schema, sono differenti per posizione ricoperta e simili per psicologia. Sono in qualche modo la stessa cosa su barricate contrapposte. A Gudegast interessa però molto il lato “militare” della faccenda tanto che per girare La tana dei lupi il cast è stato addestrato da un esperto dell’Esercito e da un ex detective sotto copertura di Los Angeles, e che il film ha anche avuto una consulente, Janette Luttrell, per rendere gli scontri a fuoco più realistici e dettagliati. Così, nonostante gli sforzi, l’intenzione dominante non sembra quella di scandagliare le psicologie, né certamente di fare un film ironico o brillante, ma di confezionare un action dai codici chiari e che sfrutta solo lateralmente e forse senza una decisa convinzione alcuni schemi di depistamento o approfondimento. Sulla scia di Felix Gary Gray o di Antoine Fuqua (ben più che su quella di Mann), Gudegast si muove nell’action duro e puro con l’ambizione di innestare qualche elemento che renda il suo prodotto più intrigante. Operazione non proprio riuscita, ma che al botteghino in Usa sta andando bene. Tanto che il sequel è già stato annunciato.

Info
Il trailer de Nella tana dei lupi.
Nella tana dei lupi, il sito ufficiale in inglese.
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