Friedkin Uncut

Friedkin Uncut

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Divulgativo e di stampo televisivo, Friedkin Uncut di Francesco Zippel affronta parte della filmografia di William Friedkin senza individuare alcun punto di vista da cui partire e su cui lavorare, a parte la natura indomita del suo protagonista.

Wild Boy

William Friedkin guida il pubblico in un affascinante viaggio attraverso i temi e le storie che maggiormente hanno influenzato la sua vita e il suo percorso artistico. [sinossi]

Quando nel 1974 William Friedkin realizzò il suo documentario-intervista su Fritz Lang, Fritz Lang Interviewed by William Friedkin era assai giovane e all’apparenza sprovveduto – e questo lo si può notare da come il vecchio maestro lo redarguisce continuamente – ma in realtà aveva ben chiaro cosa stava facendo. Aveva scelto un punto di vista, il suo, mettendosi in scena di quinta e facendo personalmente tutte le domande, intendeva focalizzarsi su un unico oggetto d’elezione: Fritz Lang. Due le cineprese a disposizione, due le inquadrature (un primo piano e un piano più ampio), pellicola in bianco e nero, troupe ai minimi termini, William Fraker (suo direttore della fotografia per Le regole d’onore) a fare da operatore. Il documentario-intervista doveva poi in realtà far parte di una progettualità più ampia, quella di uno speciale sull’horror mai portato a termine, che avrebbe compreso anche inserti fictionali. Delle varie interviste previste, solo quella a Lang e un’altra a Polanski, andata purtroppo perduta, risultano però essere state realizzate.

La “progettualità” di cui sopra, il punto di vista, le scelte rigorose di messinscena. Sono tutti elementi che sembrano estranei a buona parte dei documentari biografici contemporanei, specie quelli di stampo celebrativo dei maestri del cinema. Ed è forse opportuno cominciare a riflettere sulle tendenze in voga in questo genere di “prodotto”, altrimenti si lasceranno ai posteri dei contributi dignitosi, divulgativi, tutti simili l’uno all’altro. Proiettato nella sezione Venezia Classici nella 75 edizione della kermesse lidense, Friedkin Uncut di Francesco Zippel, come anche il lavoro di Peter Bogdanovich su Buster Keaton The Great Buster: A Celebration, presentato nella medesima sezione, è di fatto un film divulgativo e di stampo televisivo (e alla presentazione a Venezia attendeva non a caso un rappresentate di Sky Arte) che rende conto di parte della filmografia del regista statunitense senza individuare alcuna sorta di punto di vista da cui partire e su cui lavorare, a parte il suo essere l’ultimo dei “maverick”, dei “selvaggi”, come sancisce la scelta di chiudere poi il film sulle note di Wild One.

Zippel ritrae Friedkin in vesti domestiche, lo segue mentre si prepara il caffè, lascia poi che rievochi memorie e aneddoti curiosi sugli snodi principali della sua carriera seduto nel suo salotto. Si parte dal film più celebre, L’esorcista, si procede a volte per associazione di idee, seguendo il flusso disorganico dei ricordi dall’autore, più spesso in maniera cronologica, affrontando in ogni caso principalmente i film più noti o quantomeno problematici (The Sorcerer sembra essere presente solo in quanto è stato un clamoroso flop) e lasciando fuori campo gli altri (tra questi, oltre ai primi suoi quattro lungometraggi, anche The Hunted – La preda, Regole d’onore, Basta vincere). Ma Friedkin non basta, non è sufficiente per quei ritmi televisivi in grado di rendere un documentario “commerciale”. Anche se Friedkin Uncut avrà una sua uscita in sala (per Wanted, il 5 novembre) sembra proprio che, qui come in altri casi, sia la committenza o la destinazione televisiva, irrinunciabile se si vuole far fruttare un film di questo tipo, a dettare lo schema oggi ricorrente del documentario biografico, per il quale sono imprescindibili numerose e brevi clip di interviste e un montaggio rapido. Il rischio, naturalmente, è che un documentario su un regista assomigli molto ad un making of predisposto per qualche edizione DVD o Blu-Ray di un suo film.

Per cui ecco che alle riprese con William Friedkin intento a narrare dal suo salotto aneddoti in realtà già in buona parte noti sulla sua carriera (presenti, appunto, negli extra dei DVD), il documentario di Zippel assomma didatticamente interviste con i suoi attori, collaboratori, amici. Si susseguono dunque, tra gli altri, i contributi di Walter Hill, Ellen Burstyn, Francis Ford Coppola, Quentin Tarantino (i suoi risultano tra i più interessanti), William Petersen, e anche Antonio Monda. Curioso è vedere e sentir parlare Randy Jurgensen, consulente hollywoodiano per il cinema poliziesco, nonché il detective della NYPD che affiancò Eddie Egan e Sonny Grosso sul caso che ispirò Il braccio violento della legge. Appaiono inedite le annotazioni sul casting del drammaturgo Premio Pulitzer Jason Miller per il ruolo di Padre Karras in L’esorcista. Piuttosto interessante poi è l’utilizzo, all’interno degli spezzoni dei vari film, delle musiche firmate da Costanza Francavilla, perfette rielaborazioni “alla maniera” degli originali, che si immagina avrebbero richiesto un cospicuo esborso in diritti d’autore. Discutibili e alquanto kitsch appaiono invece le animazioni, del tutto superflue e didascaliche, utili solo ad accelerare quel ritmo televisivo-commerciale di cui si è accennato sopra, con pagine che scorrono quando si parla di una sceneggiatura, oppure un pennello con della vernice se l’intervistato racconta che stava ridipingendo casa quando è stato chiamato al telefono da Friedkin.

A fare capolino di tanto in tanto, e con maggiore frequenza mentre ci si approssima all’oggi, sono poi una serie di riprese di Friedkin che va a ritirare dei premi alla carriera o a presentare i suoi vecchi film in vari festival. Decisamente evitabili, questi brevi inserti serbano un sentore mortifero, quasi volessero dirci che, in fin dei conti, il meglio è già passato e a Friedkin non resta che rievocarlo attraverso la sua sapida aneddotica, che sia da casa sua o su un palco non fa molta differenza. A chi ama pensare (o sognare, sembra volerci suggerire il documentario) che invece il buon vecchio “Hurricane Billy” è vivo e lotta con noi, consigliamo di rivedere i suoi film, spulciare tra i contenuti speciali dei DVD (ottime in particolare le edizioni doppio disco di Il braccio violento della legge e Vivere e morire a Los Angeles, quest’ultima acquistabile al momento solo sul mercato estero), prescriviamo inoltre la lettura del volume William Friedkin a cura di Giula D’Agnolo Vallan edito dal Torino Film Festival in occasione della retrospettiva del 2003, nonché della ricchissima, spassosa, avvincente autobiografia di Friedkin Il buio e la luce. La mia vita e i miei film, edita da Bompiani.

Con buona pace del suo indomito protagonista e delle guest star intente ad omaggiarlo, Friedkin Uncut risulta infatti un sussidiario poco ragionato utile al cinefilo e al cultore della materia per un rapido ripasso, ma destinato di fatto preferibilmente ai neofiti, se avranno la curiosità di guardarlo.

Info
La scheda di Friedkin Uncut sul sito della Biennale.
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