Pupazzi senza gloria

Pupazzi senza gloria

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Impostato sull’idea – a suo modo geniale – che si può far fare a dei peluche tutto quello che nel cinema odierno non è più permesso agli umani – sesso, droga, violenza – Pupazzi senza gloria di Brian Henson si pone quale film dalle ambizioni persino politiche, oltre che come piacevole e cinico racconto tra l’hardboiled e il demenziale.

Pupazzo, dove sei?

Un serial killer sta uccidendo tutti i componenti del cast de L’allegra combriccola, un amatissimo show di pupazzi degli anni ’90. A seguire il caso Connie Edwards, una veterana del corpo di polizia con una terribile dipendenza dallo zucchero, e il suo ex collega pupazzo Phil Phillips, caduto in disgrazia e diventato ora un investigatore privato. [sinossi]

Brian Henson, figlio del celebre inventore dei Muppet, il burattinaio statunitense Jim, ha diretto con Pupazzi senza gloria una versione verace, vorace e cattiva dei celebri pupazzi di suo padre, tra l’altro di per sé del tutto apprezzabili all’epoca per grandi e piccini. Un film del quale, nel momento in cui lo si vede, si capisce che se ne sentiva davvero il bisogno, perché Pupazzi senza gloria riporta al cinema tutto quello che è sparito da troppo tempo: ingiustizia di classe e di etnia, violenza, sesso esplicito, personaggi derelitti rovinati dall’abuso di stupefacenti di varia natura, e via dicendo. Il tutto però trasferito per l’appunto su dei pupazzi, che sono gli unici a essere protagonisti di queste oscenità, mentre gli umani che condividono con loro lo stesso mondo – per via di una chiara allusione alle conflittualità sul suolo statunitense tra WASP e afro-americani – non rischiano nulla.
In tal modo, Henson si permette il lusso di far vedere teste che scoppiano, arti che vengono tranciati da cani rognosi, clamorose esplosioni spermatiche, vagabondi resi inerti dall’esagerata assunzione di zucchero, riferendo il tutto proprio al mondo dei peluche, con una quantità inesauribile di doppi sensi tra la carne e la stoffa, a partire da quel personaggio che si è fatto schiarire il tessuto di cui è composto per assomigliare di più agli umani (con esplicito riferimento a Michael Jackson).

C’era già stato Ted di recente, che può essere in effetti considerato come parziale apripista di Pupazzi senza gloria, ma laddove quel film e relativo seguito, entrambi ideati e diretti da Seth MacFarlane, dilatavano le potenzialità di cartoon come I Griffin e le declinavano nel contesto della tipica commedia demenziale post-farrelliana, qui in Pupazzi senza gloria il discorso si fa più strutturato, già a partire dal fatto che il film si inserisce apertamente nel solco del grande cinema americano, abbracciando i grandi topoi del noir, dal detective disilluso (e dunque bogartiano e marlowiano) alla femme fatale, al classico panorama di una Los Angeles viziosa ed eternamente decadente. Stereotipi che sono però rivisti alla luce degli aggiornamenti e degli aggiustamenti operati dai fratelli Coen (in particolare con Il grande Lebowski) e da Quentin Tarantino (in particolare con Pulp Fiction).
Forte di tutto questo background, Henson riflette, più che sullo spicciolo – per quanto spassoso – sberleffo (come accadeva in Ted), proprio sullo sguardo, su quello che si può vedere e non vedere nell’ambito del puritanissimo cinema americano odierno. E, difatti, l’esplosione di sperma del nostro detective morbidoso, lungamente ed esageratamente insistita, vale da dichiarazione d’intenti e da sguaiato rifiuto del buon gusto e del perbenismo ormai diffuso a livello mondiale, e persino peggiorato in tempi recenti per via del caso Weinstein. Al contrario, Pupazzi senza gloria dichiara orgogliosamente il suo essere un prodotto d’antan, di essere una incarnazione senza tempo del mito americano, di una certa forma di virilità hard-boiled, spettinata e antieroica per definizione, eppure perennemente fascinosa.

Tutto questo vale molto di più della storia che vi si racconta in Pupazzi senza gloria, anch’essa volutamente derivativa, laddove un serial-killer colpisce senza pietà i pupazzi protagonisti di uno show televisivo degli anni Novanta che proprio in quei giorni viene riproposto sul piccolo schermo. È, quella, la scusa per far duettare a suon di oscenità i due protagonisti – il lato umano è incarnato dalla sempre ottima Melissa McCarthy – e per mostrarci un campionario pupazzesco di terz’ordine che si muove nei bassifondi della città degli angeli, ma soprattutto per costruire delle atmosfere sempre perfettamente giocate sul sottile filo del noir e del comico demenziale, un po’ come si faceva apprezzare ai tempi l’indimenticata serie di Una pallottola spuntata.

Info
Il trailer di Pupazzi senza gloria.
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