Summer of Changsha
di Zu Feng
Presentato in concorso a Un certain regard al Festival di Cannes, Summer of Changsha del regista cinese Zu Feng è un poliziesco che man mano, quasi dolcemente, digrada verso il melodramma, grazie all’efficacia sia della scrittura che di una galleria di personaggi solitari, rosi dai sensi di colpa.
O si muore o si rinasce
A Bin è un poliziotto in attesa che venga accettata la sua lettera di dimissioni. Nel frattempo, sta indagando su un caso di omicidio che lo porta a conoscere la sorella del morto, un medico. Tra loro si instaura un rapporto, basato sui rimossi di entrambi, sui loro sensi di colpa. [sinossi]
Sembra muoversi a partire dalle stesse suggestioni di Fuochi d’artificio in pieno giorno di Diao Yinan il nuovo film di Zu Feng, Summer of Changsha, presentato in Un certain regard al Festival di Cannes. Anche qui, come nell’Orso d’Oro del 2015, un poliziotto disilluso viene chiamato a risolvere un caso in cui sono state ritrovate parti smembrate di un corpo. E anche qui l’indagine che viene messa in piedi pare alludere a un discorso più ampio, sulla Cina contemporanea. Invece, poi, Zu Feng – che interpreta anche il ruolo del poliziotto protagonista – prende una sua strada, personale, più sentimentale, e decisamente meno violenta e radicale rispetto a quella intrapresa da Diao Yinan. E allora diventa chiaro che Summer of Changsha vuole usare il giallo per rimettere insieme i pezzi, per rimettere letteralmente a posto ogni parte del corpo della vittima, e arrivare dunque a una riappacificazione, a una ricostruzione di interezza, tra personaggi e anche all’interno delle loro coscienze, rose dal senso di colpa.
A Bin, questo il nome del poliziotto che all’inizio del film dà le dimissioni – accettate poi solo alla fine -, si sente colpevole per il suicidio della moglie, mentre la sorella del defunto ha perso ogni speranza nella vita perché ha indirettamente provocato la morte della figlia. I due si trovano, si accusano, si odiano e poi si amano. Nel mezzo vi sono altre solitudini, quella del padre della moglie di A Bin, quella del suo collega poliziotto (che si nasconde il vuoto dell’esistenza godendosi la vita) e quella della ex ragazza di quest’ultimo che non può vivere da sola e cerca in ogni modo di mettersi insieme proprio ad A Bin. Sullo sfondo l’idea esistenziale che lo stare al mondo non abbia senso, un senso che forse si può ritrovare ricominciando ad avere fede in qualcosa, al buddismo per esempio, o alla nascita di una nuova vita.
Le riflessioni filosofiche di Summer of Changsha non sono poi così profonde, ma vengono declinate in maniera precisa, ben calibrata, con una scrittura piana e sempre efficace, forse solo un po’ ridondante nella parte finale. E vengono giocate anche attraverso delle liriche sospensioni del tempo, da sguardi interrotti, da parole non dette, da silenzi soffocati, da una certa imperscrutabilità dei personaggi, in particolare quello della sorella del morto, le cui reazioni glaciali lasciano sempre interdetti e quasi spaventati per come lascia intravedere dal suo comportamento un odio così radicato nei confronti della vita.
Girato poi in maniera elegante e con una acuta sensatezza luministica – si pensi all’incipit con le tende color ocra del treno in cui viaggia A Bin che rimandano in seguito, attraverso una identica sensazione visiva di malinconia, alla casa in cui il poliziotto viveva insieme alla moglie suicida – Summer of Changsha si pone come una possibile via di fuga tra chi, in Cina, fa spudoratamente il verso a Jia Zhangke (provando a declinare sempre con le stesse modalità autoriali l’idea di una Cina frammentata e dimentica del suo passato), e chi si getta a corpo morto sul cinema di genere, copiando in maniera maldestra il modello hollywoodiano. Passando progressivamente, quasi dolcemente, da un genere all’altro – e cioè dal poliziesco al melodramma – Zu Feng ci fa capire che si può raccontare la contemporaneità del suo paese non dovendo lavorare per forza sugli eccessi, autoriali o commerciali che siano.
Info
La scheda di Summer of Changsha sul sito del Festival di Cannes.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: Liu Yu Tian
- Paese/Anno: Cina | 2019
- Regia: Zu Feng
- Sceneggiatura: Zhou Yang
- Fotografia: Jeffrey Chu
- Montaggio: Jing Wen
- Interpreti: Chen Minghao, Hou Qiuhai, Huang Lu , Liu Tianchi, Shi Yueling, Tian Yu, Zhang Qianru, Zu Feng
- Colonna sonora: Dong Yingda
- Produzione: Goodtime
- Durata: 116'