Aline – La voce dell’amore

Aline – La voce dell’amore

di

Biopic musicale solido e di ottima sostanza, Aline – La voce dell’amore racconta un percorso artistico e umano che poteva apparire poco adatto a essere trasposto su grande schermo; ma la regista Valérie Lemercier, interprete di Aline Dieu/Celine Dion dalla preadolescenza in su, sa maneggiare bene i vari registri di un racconto comunque all’insegna di un rigoroso realismo.

Aline la predestinata

Ultima di quattordici figli, cresciuta in una famiglia dalle preponderanti inclinazioni musicali, Aline Dieu scala rapidamente le vette della musica pop mondiale, da bambina prodigio a grande star. Ad accompagnarla nel suo percorso, il manager, poi divenuto compagno e marito, Guy-Claude Kamar. [sinossi]

Tra i biopic musicali che hanno recentemente raggiunto le nostre sale, questo Aline – La voce dell’amore, biografia filmata di Céline Dion, è quello che mostra probabilmente una struttura narrativa più classica. Forse, a ben vedere, l’unica possibile per narrare un personaggio come quello di Céline – qui trasformata in Aline Dieu, ma resa in modo piuttosto fedele sia nella fisicità che, ovviamente, nella parte musicale; una scelta che in qualche modo vuole rendere la “linearità” di un percorso artistico privo degli smottamenti che hanno caratterizzato quelli di Freddie Mercury (comunque ampiamente ingigantiti, e spesso addirittura inventati, dal discusso Bohemian Rhapsody), quanto quelli di Elton John (che il di poco successivo Rocketman aveva reso attraverso lussureggianti parentesi musical). La stessa scelta della regista Valérie Lemercier di interpretare lei stessa il personaggio di Aline/Céline, e di farlo – con l’ausilio del digitale – per l’intero percorso della sua vita artistica, dà in qualche modo testimonianza di questa linearità e coerenza. Un percorso incastonato da un prologo e da un epilogo accompagnati dalle note della stessa canzone, quel brano Ordinaire che, significativamente cantato in francese, ben esprime l’impossibile conciliazione dell’aspirazione a una vita normale con l’ambizione (ampiamente soddisfatta) del successo.

Uno degli aspetti più discussi di Aline – La voce dell’amore, nell’accoglienza comunque generalmente buona che il film ha ricevuto, è stata proprio la scelta da parte di Lemercier di interpretare il personaggio a partire dai dodici anni fino alla sua età attuale. Scelta rischiosa, ma a nostro avviso coerente con quella voglia di controllo di ogni aspetto di un progetto artistico – a cominciare, ovviamente, dalla stessa figura della protagonista – che in fondo identifica la regista con lo stesso personaggio di Aline/Céline. Una sfida che ci è sembrata vinta, pur con un contributo del digitale ovviamente molto presente e inevitabilmente visibile; ma l’espressività della regista quando è in scena, e la modulazione del tono della recitazione (elemento tutto a carico dell’interprete, che non può essere aiutato in alcun modo dalla tecnologia) mostrano un’ottima padronanza del personaggio, lungo tutto l’arco della sua evoluzione. In particolare, Lemercier rende molto bene l’uscita dalla fase preadolescenziale di Aline – segnata da quel misto di ingenuità e sfrontatezza che si ritrova in molti artisti bambini – con le sue “ricadute” in quest’ultima quando il sostegno di Guy-Claude, manager e futuro marito, sembra mancare. Una fase ben resa anche grazie a un’attenta scrittura, che delinea una love story sviluppatasi quasi sottotraccia.

La linearità e classicità di Aline – La voce dell’amore fa sì che il film mostri una presa emotiva meno immediata e dirompente rispetto a quella che potevano mostrare (pur nella loro diversità) i due biopic che abbiamo citato in apertura; tuttavia, la buona qualità della scrittura, unita a una regia non così appariscente, fa in modo che il film riesca a lavorare bene sulla distanza, lasciando nella memoria tracce ben consistenti dell’epopea della protagonista, e delle storie di coloro che la circondano. Una gestione sottotraccia, ma all’insegna della sostanza, della componente emotiva, che coerentemente sceglie di lasciare fuori campo i due grandi lutti che accompagnano la storia del personaggio: in particolare il secondo, in questo senso, è gestito anche a livello registico con una scelta di grande sapienza, in un’ellissi capace di dire di più – proprio grazie a ciò che viene omesso – di qualsiasi scelta nel segno del visibile. Una scelta solo in parte tradita, poco dopo, da una sequenza onirica (un breve dialogo con la persona scomparsa) superflua e un po’ pacchiana, non esattamente in tono col registro rigorosamente realistico che il film per il resto mostra. Una piccola sbavatura in una tessitura che per il resto mostra un’ottima coerenza.

L’aspetto musicale di Aline – La voce dell’amore è ovviamente (e inevitabilmente) molto presente, ma senza che le canzoni arrivino a fare da surrogati al racconto; al contrario, il loro ruolo è quello di una sottolineatura degli eventi, a volte anche per contrasto (si veda la sequenza in cui la cantante va in crisi a causa dell’insorgere del problema alle corde vocali). Valerie Lermercier fa la scelta, evidente, di non dare alla musica e alle sequenze cantate una valenza lirica o simbolica, ma di ancorarne saldamente la presenza ai fatti raccontati, al qui e ora di una narrazione che, nella sua linearità, mostra solidità e coerenza. Una narrazione che, in modo circolare, parte dal privato – quello di una famiglia che, col suo background artistico/musicale, ben evidenzia il carattere di “predestinazione” del personaggio – per tornarvi poi nella parte finale; quella in cui il contrasto di cui si diceva poc’anzi (quello tra l’ambizione e la ricerca di normalità e calore familiare) finisce per esplodere. La frazione finale del film, contrassegnata dalla crisi e delle pressioni della notorietà, risulta forse la più riuscita, anche per come organizza gli eventi in un crescendo, con la stretta della fama che gradualmente toglie respiro ed equilibrio psichico al personaggio della protagonista. In questo senso, e al netto di qualche piccola sbavatura, quello di Valérie Lemercier resta un biopic/dramma di ottime sostanza e solidità, che rende agevolmente “cinematografico” un percorso artistico e umano che poteva apparire poco adatto a essere trasposto su grande schermo.

Info
Il trailer di Aline – La voce dell’amore.

  • aline-la-voce-dellamore-2021-valerie-lemercier-02.jpg
  • aline-la-voce-dellamore-2021-valerie-lemercier-01.jpg

Articoli correlati

Array
  • Roma 2019

    judy recensioneJudy

    di Biopic piuttosto canonico dedicato al crepuscolo artistico e umano di Judy Garland, il film di Rupert Goold trova un pur relativo riscatto in un finale straziante e sincero. Nonostante le grandi critiche ottenute oltreoceano delude invece la performance di Renée Zellweger.
  • AltreVisioni

    Lords of Chaos recensioneLords of Chaos

    di Si parlava da anni di Lords of Chaos, il racconto per immagini della nascita e della dannazione del black metal norvegese. La rivalità tra Euronymous e Burzum, il suicidio di Dead, il rogo di decine di chiese. Jonas Åkerlund sembra però indeciso sulla strada da intraprendere.
  • Cannes 2019

    Rocketman RecensioneRocketman

    di Rocketman di Dexter Fletcher prende alla lettera tutto l’immaginario che da decenni circonda il personaggio di Elton John per dare vita a un biopic-musical galvanizzante, pronto anche ad abbracciare senza remore il kitsch più libero e delirante. Fuori concorso a Cannes.
  • Archivio

    bohemian rhapsody recensioneBohemian Rhapsody

    di Bohemian Rhapsody è il racconto della carriera dei Queen, e in particolare di Freddie Mercury, dagli esordi fino all'esibizione al Live Aid del 1985. Bryan Singer dirige un biopic canonico, che ragiona solo lateralmente sul concetto di icona, e di sua rappresentazione.