Masquerade – Ladri d’amore

Masquerade – Ladri d’amore

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Vorticosa ronde di truffe, raggiri e seduzione, Masquerade – Ladri d’amore di Nicolas Bedos è puro intrattenimento tutto di superficie che in buona parte si affida al gioco attoriale di un cast ricco e assortito. Eccessivo, costantemente animato da isterismi e sovratoni, sconta una sovrabbondante costruzione narrativa che alla lunga si traduce in confuso affastellamento. Gradito il ritorno di Isabelle Adjani fra i protagonisti.

Donne ampiamente oltre la crisi di nervi

Costa Azzurra, oggi. Nella villa di Martha, isterica e bizzosa star cinematografica sul viale del tramonto, si incontrano il di lei giovane e mantenuto biografo, Adrien, e un’affascinante spennatrice di riccastri, Margot. Travolti da immediata passione, Adrien e Margot si alleano per tentare di fare il colpaccio. Margot tesse una rete di seduzione ai danni del maturo Simon, costruttore edile invischiato in loschi affari locali. Adrien asseconda i piani di Margot e intanto cerca di farsi sposare dall’acida Martha. Dietro di loro si muove l’inquieta e vendicativa Giulia, ristoratrice italiana che a suo tempo subì un enorme danno economico e morale a seguito di una spregevole manovra… [sinossi]

Nicolas Bedos si diverte in Costa Azzurra. Nicolas Bedos si diverte con la Costa Azzurra. Prima di ogni altra cosa Masquerade – Ladri d’amore gioca con un luogo comune: la frivolezza, superficialità e bizzarria della costa mediterranea francese, regione ricca e opulenta, che ostenta tutto il suo fasto anche tramite uno degli eventi cinematografici più importanti al mondo, il Festival di Cannes adagiato nell’elegante città di mare. Terra, anche, di lussuose residenze di star, in auge o in disuso. Terra perfetta, insomma, per uno svelto aggiornamento dell’archetipico Viale del tramonto (Billy Wilder, 1950). La Norma Desmond/Gloria Swanson di turno è qui incarnata da una spumeggiante Isabelle Adjani, che assume il ruolo di diva pressoché dismessa e isolata in una sfarzosa magione giocando in parte anche con la propria immagine pubblica – splendida attrice a cavallo fra anni Settanta e Ottanta, più di recente la Adjani, giunta alla soglia dei settant’anni, è sostanzialmente sparita dal palcoscenico internazionale limitando la propria attività a una non foltissima filmografia (per cinema e tv) tutta transalpina. Grande interprete di personaggi tragici e tormentati, spesso sprofondati oltre il confine della pazzia, Isabelle Adjani si riscopre in Masquerade più o meno inedita commediante, producendosi in una prova tutta di eccessi e sovratoni grotteschi e sgradevoli. La sgradevolezza, a ben vedere, sembra l’intento più marcato e dichiarato da Nicolas Bedos seduto in regia. Prendendo infatti le mosse dalla figura della star attempata Martha con giovane biografo mantenuto a traino, il ballerino fallito Adrien, il film costruisce sulle prime un robusto gioco a incastri tutto imperniato sul tema del doppio, della maschera (sociale e individuale), del raggiro e della truffa. Nutrito di un’idea tutta negativa dell’essere umano, il racconto sceglie deliberatamente il cinismo come sola e unica nota espressiva – con punte, qua e là, pure discutibili, tra le quali si registra il calcio appioppato a un cane e i ricorrenti giochetti di simulazione sui maltrattamenti alle donne. Soldi, lusso, Costa Azzurra e raggiri: inevitabile che l’oggetto del contendere ruoti attorno a malaffari singoli e collettivi, dalla scalata al denaro alle speculazioni edilizie. Tutto gioco, tutto di superficie. Puro e semplice meccanismo narrativo, senza alcun tipo di risonanza o doppiofondo: Masquerade – Ladri d’amore si propone per schietto e letterale intrattenimento, senza alcuna ulteriore ambizione.

In tal senso il cast convocato da Bedos per l’occasione è sontuoso, dalla Adjani a François Cluzet, alla sempre apprezzabile Emmanuelle Devos, alla nostra Laura Morante, a Charles Berling e James Wilby. Se il fronte delle giovani leve è in parte rappresentato da uno degli anelli deboli (lo scialbo Pierre Niney), è altrettanto vero che a poco a poco il film è letteralmente scippato a qualsiasi altro personaggio dalla figura di Margot interpretata da Marine Vacth, vera e propria dark lady dall’oscuro e impenetrabile passato, che rasenta il profilo psicotico e che pare animata da un’insanabile sete di rivalsa e vendetta in particolare nei confronti dell’universo maschile. Per osmosi e per interposta persona sembra di vedere in lei certi lontani personaggi di Isabelle Adjani, come la Eliane di L’estate assassina (Jean Becker, 1983), a sua volta ambientato nel Sud della Francia, la cui provincia è attraversata nel film di Becker dalle gonne perturbanti di una fatale e divorante figura femminile.Scaltra, manipolatrice, bellissima e provocante, la Vacth si porta cucito addosso il ruolo migliore del film, travolgente motore di un intrico di truffe che manovra da perfetta burattinaia. Forse Marine Vacth è pure brava; di sicuro è splendidamente funzionale, affidata a una regia che sembra spiccatamente innamorata di lei e del suo personaggio.

Nel suo insieme Masquerade provoca sensazioni contrastanti. Ha una buona prima metà, che assolve pienamente al primario proposito dell’intrattenimento. Il problema è che il gioco delle scatole cinesi, delle doppie, triple, quadruple truffe soffre poi terribilmente un crescente senso di stanchezza nell’interminabile durata del film. Forse animato dal desiderio di sorprendere fino all’ultimo, Bedos imbroglia enormemente la matassa fino ad affastellare nella seconda metà brani narrativi sempre più confusi, mal scritti, mal assemblati. Si deve poi stare costantemente al gioco dei sovratoni, sempre e comunque inseguiti. Si devono accettare a priori una recitazione e una messinscena che senza l’ombra di una pausa aderiscono all’eccesso espressivo, oltretutto poco sostenuto da una regia piuttosto anonima e impersonale. È un soufflé, insomma, che gonfia a dismisura fino a sgonfiarsi del tutto nell’ultima mezz’ora. Di certo non aiuta la cornice giudiziaria. Il film è infatti tutto raccontato in flashback prendendo le mosse da un processo in corso. Bedos non è certo in cerca della credibilità. Per un film che trabocca di eccessi, va da sé che anche le sezioni narrative in aula giudiziaria cerchino la distorsione buffa, il dialogo rapido e serratissimo, il montaggio veloce, lo scambio sapido tra i personaggi. Tuttavia, anche la cornice affonda a poco a poco in un clima generale da troppo che stroppia, vanificando i buoni sforzi di un cast d’attori in vena positiva. Certo rimane quel ritratto oscuro di donna, la Margot di Marine Vacth, attraente e respingente, amorevole e ricattatoria, seduttiva e mostruosamente cinica. Una grande vendetta muliebre in cui ombre di femminismo e misoginia vanno allegramente a braccetto. Di certe donne si deve proprio aver paura, pare voglia dire Bedos. Temerle, certo. Ma pure ammirarle nella loro rocciosa e proterva determinazione.

Info
Il trailer di Masquerade – Ladri d’amore.

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