Insidious – La porta rossa

Insidious – La porta rossa

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Con Insidious – La porta rossa Patrick Wilson, protagonista della saga, esordisce alla regia per il quinto appuntamento con l’Altrove; la messa in scena dell’horror non esce mai dai binari in cui è stata istradata dodici anni fa con il primo capitolo, ma l’ispirazione è inevitabilmente venuta meno nel corso del tempo.

Viaggio nell’Altrove

Per mettere a tacere i loro demoni una volta per tutte Josh e Dalton, quest’ultimo oramai in età da college, devono spingersi nell’Altrove più a fondo di quanto non abbiano mai fatto, affrontando l’oscuro passato della loro famiglia e una serie di nuovi e più spaventosi terrori che si nascondono dietro la porta rossa. [sinossi]

Si fa presto a dire “ultimo capitolo”. Troppo presto. Un po’ da tutti Insidious – La porta rossa è stato accolto come avventura terminale dell’annosa questione che lega la famiglia Lambert al mondo dei demoni, e a quell’Altrove nel quale si annida un numero spropositato di minacce mortali, del presente e del passato. Non c’è dubbio che il quinto appuntamento con la saga creata da James Wan si articoli in modo tale da suggerire una sorta di resa dei conti, un passaggio non più rimandabile che potrebbe mettere un sigillo definitivo nella vita di Josh e di suo figlio Dalton, oramai pronto per affrontare il college. Eppure il condizionale è d’obbligo, non fosse altro per la scarsa fiducia riposta nell’inventiva dell’industria hollywoodiana contemporanea, poco propensa a lasciare la strada vecchia – e in alcuni casi narrativamente vetusta – per la nuova. Ma tant’è, questo è un dettaglio forse ozioso, e sul quale non occorre neanche sprecare un tempo eccessivo. Il punto è che non è facile rintracciare in questo nuovo film elementi di particolare interesse in grado di risvegliare la mente intorpidita dal primo vero caldo estivo. Certo, c’è la prima incursione dietro la videocamera di Patrick Wilson, protagonista assoluto della saga e fedele sodale del disegno orrorifico ordito negli anni da James Wan – che qui limita la sua presenza alla produzione esecutiva –, ma l’esordio alla regia dell’attore cinquantenne non lascia traccia negli occhi dello spettatore, incapace com’è da un lato di trovare soluzioni alternative a quelle confezionate nel corso del tempo da Wan stesso, e dall’altro di eguagliarne la precisione certosina nella gestione dei tempi e del ritmo della “paura”. Da un punto di vista visivo Insidious – La porta rossa si limita dunque a replicare uno schema usurato, che è poi quello della stragrande maggioranza delle produzioni statunitensi dedite al soprannaturale, tra pioggia di jump scare così prevedibili da risultare quasi confortanti, panoramiche a scoprire l’orrore e tutto l’armamentario che gli appassionati del genere hanno imparato a conoscere e dunque a gestire negli anni, rendendolo nei fatti innocuo, o comunque ben poco spaventoso.

Da un punto di vista narrativo questo capitolo numero cinque si riallaccia alla conclusione del secondo film, quell’Oltre i confini del male – Insidious 2 ancora diretto da Wan (i prequel Insidious 3 – L’inizio e Insidious – L’ultima chiave portano la firma rispettivamente di Leigh Whannell e Adam Robitel) uscito nelle sale dieci anni or sono. Sono trascorsi in effetti nove anni dai fattacci lì narrati, e di cui Josh e Dalton non serbano memoria a causa di una rimozione forzata voluta anche dalla moglie di Josh: la coppia è comunque scoppiata alcuni anni dopo, incapace di reggere il peso emotivo di quanto accadde, e l’uomo accompagna il figlio al college, senza risparmiarsi una discussione. Durante le ore di lezione però Dalton ha delle allucinazioni che riguardano una porta rossa, e anche Josh ricade nelle visioni, sempre più insidiose – è proprio il caso di dirlo – e angoscianti. Quando il figlio sarà sempre più in pericolo, spetterà a Josh cercare di difenderlo tornando nel luogo in cui tutto ha avuto inizio, vale a dire l’Altrove. Se da un punto di vista psicologico il film si basa sul principio del “risveglio” della mente che deve però affrontare nella realtà un incubo a occhi aperti, il nodo cruciale del racconto trova il proprio sfogo in quella che sembra di nuovo tornata a essere l’unica valvola di sfogo del cinema hollywoodiano: la famiglia. Il disegno generale, che Wilson tratteggia con mano un po’ insicura e scegliendo sempre la via più facile e predigerita, è quello della ricomposizione famigliare attraverso lo stesso trauma che ha portato alla disgregazione. Nulla di nuovo, ancor più se si parla di horror, e che si adegua a un film che procede fin dalle primissime battute con il pilota automatico. Il passato, nel genere di riferimento, nasconde sempre ben più di uno scheletro nell’armadio (o dietro una porta rossa, ça va sans dire), e il pubblico estivo che si accontenta di qualche saltello sulla poltroncina non ha aspettative, motivo per cui anche un’opera retriva come Insidious – La porta rossa non dovrebbe eccessivamente faticare nel trovare una propria dimensione commerciale. Il mezzo milione di euro raggranellato in Italia nei primi quattro giorni di sfruttamento da parte degli esercenti parrebbe confermarlo almeno in parte. L’unica certezza nell’abbandonare la saga risiede nel fatto che basterà un nonnulla nei prossimi anni per far accendere di nuovo la luce rossa davanti alla porta. Ecco, questo sì che è un pensiero spaventoso, di fronte al quale le visioni di Josh e Dalton scompaiono come caligine dopo l’alba.

Info
Insidious – La porta rossa, il trailer.

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