Immaculate – La prescelta

Immaculate – La prescelta

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Il gotico incontra il nunsploitation in Immaculate – La prescelta, ambientato in un convento italiano e che ritrova insieme Michael Mohan come regista e Sydney Sweeney in qualità di attrice. C’è forse più sangue della media, ma la paura è poca e molte idee chiave sono buttate via.

Interno di un convento

Cecilia è una giovane novizia americana, che viene chiamata a prendere i voti in un convento remoto nella splendida campagna italiana. Quello che sembra un caloroso benvenuto si trasforma rapidamente in un incubo, quando Cecilia scopre che il convento nasconde segreti oscuri e orrori innominabili. Tra le antiche mura si celano forze maligne che minacciano di trascinarla nell’abisso della follia. [sinossi]

Dopo il non memorabile thriller erotico The Voyeurs (2021), il team Michael Mohan/Sydney Sweeney (qui anche in vesti di produttrice) torna con una curiosa coproduzione tra Stati Uniti e Italia, con la presenza di attori italiani come Giorgio Colangeli (il cardinale), Dora Romano (la madre superiora), Simona Tabasco (la giovane suora del prologo) e Benedetta Porcaroli (suor Gwen). Quest’ultima, fra l’altro, è appena apparsa nel ruolo della giovane madre di Gesù in Vangelo secondo Maria (Paolo Zucca, 2024). Stavolta però il dogma dell’Incarnazione (o meglio una sua occulta distorsione) tocca alla bionda e lanciatissima Sydney Sweeney. In Immaculate – La prescelta, ambientato in un convento della campagna romana, una sorta di ospizio per suore anziane, inferme o malate di mente, l’horror gotico incontra il nunsploitation. Anche se poi, a onor del vero, di erotismo ce n’è poco, nonostante la presenza dominante della neo-diva di Spokane, che – in controtendenza a quest’epoca prudish – sin dai tempi di Euphoria mostra generosamente le sue grazie. Cosa che fa anche qui, ma in maniera più “velata”. Per il resto, il film da una parte gioca di cinefilia riverberando i rantoli del capolavoro argentiano Suspiria (1977), rimaneggiando il tema di Bruno Nicolai per La dama rossa uccide sette volte (1972) e, nella seconda parte, navigando a vista in zona Rosemary’s Baby (Roman Polański, 1968); dall’altra tenta di imbastire un discorso ideologico relativo all’autodeterminazione femminile e al corpo della donna: il convento è infatti guidato da due prelati: un cardinale (Giorgio Colangeli) e Padre Tedeschi (Álvaro Morte), che si rivela essere un ex genetista, dunque uno scienziato (pazzo, ça va sans dire) che, mediante una sacra reliquia, compie esperimenti segreti atti a riportare il Salvatore in questo mondo.

Quanto alla protagonista, Cecilia, da bambina ebbe un incidente per il quale quasi morì congelata in un lago ghiacciato. “Miracolata”, ecco nascere la sua vocazione, nonché l’invito da parte del convento italiano. Ivi giunta, dopo essere rimasta “mircolosamente” incinta, pur essendo ancora vergine, viene acconciata come la Madonna, con una veste bianca e celeste, e celebrata come tale da tutte le sorelle e i religiosi del convento. Un tantino poco credibile sia come vergine sia come suora, Sydney Sweeney si rivela tuttavia una convincente scream queen, facendosi carico di alcune scene abbastanza cruente e di un finale indovinato, ambientato nello spazio uterino/infernale delle catacombe: sicuramente il segmento più riuscito dell’intero film. Mohan, dalla sua, dà mostra nuovamente di una certa eleganza nell’atmosfera, nella composizione e delle immagini e nell’aspetto luministico, ma la sceneggiatura firmata da Andrew Lobel si rivela ben presto deludente, poiché gli spunti offerti non vengono poi sviluppati in maniera efficace o sorprendente, quando non sono proprio buttati via (l’idea della clonazione del figlio di Dio in stile Jurassic Park…). E anche se ci sono più sangue e gore di quanto non offrano mediamente gli horror di cassetta degli ultimi anni, alla fine il termometro della paura rimane sui valori minimi e lo stesso vale per il divertimento (o viceversa l’angoscia). Immaculate non è un brutto horror, è tiepido. L’edificio adoperato come set per il convento è Villa Parisi, la villa tuscolana nei pressi di Frascati già teatro di una serie di film di genere nostrani, da La lama nel corpo (Elio Scardamaglia, 1966) ai baviani Il rosso segno della follia (1970) e Reazione a catena (1971).

Info
Il trailer di Immaculate – La prescelta.

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