Anima persa
di Dino Risi
Un viaggio nella psiche di una famiglia che diventa amaro scandaglio di una civiltà azzoppata, che ghigna anche di fronte alla propria agonia. Un film difficile da maneggiare, Anima persa, ma che non sarebbe davvero male andarsi a recuperare. In edizione dvd con 01 Distribution.
Nel grande calderone delle riscoperte e delle riprese cui sta andando incontro il cinema italiano in questi primi anni del terzo millennio, è doveroso riconoscere un merito particolare alla 01 Distribution. Grazie alla collana Italiani da culto – I grandi Maestri del nostro cinema, che segna l’accordo tra la casa di distribuzione e la storica Titanus, fondata nell’oramai preistorico 1904 da Gustavo Lombardo, il pubblico del bel paese ha infatti l’opportunità di aprire gli occhi su una realtà sfaccettata e ammaliante; al di là di titoli effettivamente (stra)visti e oramai metabolizzati dalla cultura popolare, come L’armata Brancaleone di Mario Monicelli, Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti e Dramma della gelosia di Ettore Scola, la 01 ha pensato bene di tirar fuori dal cilindro anche opere solitamente sorvolate senza troppo interesse dall’homo videns comune. A beneficiare in particolar modo di questo trattamento sembra essere stato Dino Risi, riconosciuto maestro della commedia all’italiana ma a suo modo in buona parte ancora sconosciuto alle masse: se è infatti vero che Poveri ma belli, Il vedovo, Una vita difficile, Il sorpasso, I mostri, Straziami ma di baci saziami (rigorosamente citati in ordine cronologico) e via discorrendo, sono forse tra i film più amati del periodo, nonché tra i più rappresentativi della società italica a ridosso del boom economico, è altrettanto vero che molti altri parti creativi di Risi non ottennero la notorietà che avrebbero meritato. Viene naturale, in questo senso, citare un gioiello cinematografico come L’ombrellone, immobile e sardonica istantanea sul consumismo che nel 1965 già opera in maniera eversiva su quel territorio liminare e redditizio (al botteghino) che è rappresentato dal “film da spiaggia”.
Rientra nella categoria sopracitata anche Anima persa, portato a termine nel 1977: film diseguale e ammaliante, rappresenta a suo modo un’anomalia all’interno del percorso cinematografico del suo autore. Ma è necessario andare per gradi: quando Risi si mette all’opera su Anima persa viene dall’ambizioso – e non del tutto riuscito – progetto di riportare in scena l’epoca dei Telefoni bianchi. Anima persa si muove in direzione decisamente contraria rispetto a questa deriva: thriller psicologico, probabilmente invecchiato male ma dalle intuizioni tutt’altro che banali, sembra quasi un’opera a sé stante all’interno dell’interminabile curriculum di Risi. A distanza di tre anni da Profumo di donna, Risi torna a confrontarsi con un romanzo di Giovanni Arpino (che aveva lavorato anche all’adattamento di un proprio testo per il misconosciuto La suora giovane di Bruno Paolinelli): anche qui, come nel film che lo trascinò fino a pochi passi dall’Oscar, a farla da padrone sono a ben vedere il male di vivere, la disillusione verso la società, e la mancanza. Laddove era la cecità a ostacolare il capitano Fausto Consolo nella sua relazione con l’esterno, è la pazzia l’elemento cruciale di Anima persa. Pazzia vista come unico reale collante sociale, coup de théâtre della grande commedia della vita – e i rimandi alla scena, alla quinta teatrale, al gioco stesso dell’interpretazione sono la base portante dell’intera struttura narrativa – dal quale non esiste via d’uscita plausibile, se non la reiterazione vuota e infinita della stessa pantomima.
Come accennavamo già in precedenza, Anima persa è un film invecchiato, e forse non benissimo: pesa probabilmente la dotta scrittura artefatta del personaggio dell’ingegnere Fabio Stolz (interpretato da un monumentale Vittorio Gassman, mattatore perfino di sé stesso, intorno al quale Risi costruisce un cast che mescola vecchie conoscenze come Ester Carloni e Gino Cavalier alle giovani speranze Danilo Mattei e Anicée Alvina), e non giova una progressione narrativa eccessivamente tesa a uno svelamento finale fin troppo ipotizzabile. Ma sarebbe grave fermarsi solo a questo punto, e non avere la capacità di scorgere, all’interno del film, segnali incontestabili di una vitalità artistica all’epoca ancora poco incline alla sonnolenza – arriverà, anche quella, con opere come Giovani e belli, involontaria parodia, volgare e sciattamente televisiva, del suo classico del 1957 –: solitamente il film viene liquidato con eccessiva facilità, relegandolo in quel mare magnum di opere cosiddette “minori” che costellano la carriera di ogni regista prolifico che si rispetti. Eppure a smentire questo pensiero c’è una Venezia putrida, morta senza neanche accorgersene, attraversata da un’umanità reietta, indolente, sconfitta eppure tutt’ora altera, vanagloriosa, quasi patetica. La fotografia di Tonino Delli Colli è livida, distaccata, funerea oltre ogni immaginazione: è qui che realmente risiede l’orrore, è qui che Anima persa diventa sul serio un thriller.
Non è un caso che alla scrittura abbia partecipato anche Bernardino Zapponi, che aveva scritto il Toby Damnit di felliniana memoria, aveva dato una mano a Dario Argento a donare un senso compiuto ai deliri visionari di Profondo rosso, e si era adoperato sulla sceneggiatura di Leonor di Juan Luis Buñuel, bellissimo melodramma vampiresco che in pochi videro all’epoca e ancor meno ricordano oggi. Il rintocco funebre, la congelata immobilità del mondo esterno (la vecchia petroliera, carcassa abbandonata al proprio destino), il riflusso intellettuale e politico che inizia a prender piede nella società italiana (“li hanno distrutti a forza di capirli e di aiutarli”, sentenzia Gassman osservando i capelloni che vanno a scuola di pittura con il nipote), sono tutti segnali di un’opera malata, profondamente ansiosa e ansiogena.
Un viaggio nella psiche di una famiglia che diventa amaro scandaglio di una civiltà azzoppata, che ghigna anche di fronte alla propria agonia. Un film difficile da maneggiare, Anima persa, ma che non sarebbe davvero male andarsi a recuperare.
Info
Titoli di testa e prima sequenza di Anima persa.
- Genere: drammatico, thriller
- Titolo originale: Anima persa
- Paese/Anno: Francia, Italia | 1977
- Regia: Dino Risi
- Sceneggiatura: Bernardino Zapponi, Dino Risi
- Fotografia: Tonino Delli Colli
- Montaggio: Alberto Gallitti
- Interpreti: Angelo Boscariol, Anicée Alvina, Aristide Caporale, Catherine Deneuve, Danilo Mattei, Ester Carloni, Gino Cavalieri, Iolanda Fortini, Michele Capnist, Vittorio Gassman
- Colonna sonora: Francis Lai
- Produzione: Dean Film, Les Productions Fox Europa
- Distribuzione: 01 Distribution
- Durata: 98'