Il mio vicino Totoro
di Hayao Miyazaki
Esempio difficilmente replicabile di “film per tutti”, diventato inaspettatamente il simbolo dello Studio Ghibli, Il mio vicino Totoro conferma l’abilità narrativa di Hayao Miyazaki, da sempre attento al contenuto e alla fruibilità delle sue opere, dalle più complesse alle più immediate. Da vedere, amare, e rivedere.
Ghiande e ocarine tra foglie di canfora
Le sorelline Satsuki e Mei si trasferiscono insieme al padre in una nuova casa, in campagna, in attesa che la madre venga dimessa dal vicino ospedale. Per le due bambine inizia un viaggio alla scoperta di un nuovo mondo, abitato da creature fantastiche: dai nerini del buio, spiritelli della fuliggine che occupano le vecchie case abbandonate, visibili solo agli occhi dei bambini, a buffi esseri di pelo di varie dimensioni, tra cui Totoro, una creatura grigia e morbida dall’aspetto un po’ pittoresco, una sorta di incrocio tra un orso e un grosso gatto… [sinossi]
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle, nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
La mia sera – Giovanni Pascoli
L’uscita italiana di Tonari no Totoro, ovvero Il mio vicino Totoro, capolavoro datato 1988 e oramai celeberrimo simbolo dello Studio Ghibli, si presta a varie letture: il ritardo, scandaloso e insensato, della distribuzione nelle sale cinematografiche del Bel Paese; la sensibilità della Lucky Red, da sempre attenta al cinema di qualità e capace di questo “prodigioso recupero”; la poca lungimiranza dimostrata dalla Disney; la discreta popolarità raggiunta da Hayao Miyazaki in Italia e via discorrendo. Sarà interessante, a questo punto, osservare la risposta del pubblico, pericolosamente assuefatto alla dominante computer grafica e a strutture narrative costruite attorno a una manciata di gag, spesso non molto brillanti. Vedremo.
Il poetico lirismo de Il mio vicino Totoro, la potenza immaginifica di Miyazaki, l’elevatissima qualità tecnico-artistica dello Studio Ghibli, il profondo rispetto tra il “Dio degli anime” e il colosso Pixar, il rapporto tra l’uomo e la natura, il talento di Joe Hisaishi e tutto quel che segue, sono elementi riassumibili in una sola sequenza, in otto tra i più significativi e ispirati minuti della Storia del Cinema, in una sorta di film nel film. L’incontro tra la piccola Mei, graziosa e vivace bimbetta di quattro anni, e i tre spiriti del bosco, sequenza che si apre con una ghianda trovata tra l’erba alta che circonda la casa di campagna, “luogo ideale” nella poetica miyazakiana, racchiude l’ampio e approfondito discorso sul travagliato rapporto tra l’uomo e la natura – tema affrontato da Miyazaki soprattutto nella serie televisiva Conan, il ragazzo del futuro (1978), nel manga Nausicaä della Valle del vento, nella (parziale) trasposizione cinematografica del 1984 e nell’epico Princess Mononoke (1997) – ma anche una riflessione sullo sguardo puro e non velato dal pregiudizio dei bambini, unici possibili protagonisti di un futuro migliore. In questa straordinaria sequenza, in cui si può apprezzare ancor più chiaramente il certosino lavoro sui colori di Nobuko Mizuta, Miyazaki cala lo spettatore in un’atmosfera sospesa tra sogno e realtà, tra giocosità infantile e nostalgia per quei luoghi che stanno via via scomparendo, come la campagna giapponese degli anni Cinquanta. Miyazaki riesce a racchiudere in otto minuti la sua proverbiale passione per le acrobazie, accostabile a quella per il volo, e la capacità di creare esseri fantastici, spesso di smisurate dimensioni, confermando la centralità iconografica dei grandi alberi, evidente metafora della maestosità della natura: la curiosità e la buffa corsa di Mei, la paciosità dei tre spiriti, le infinite tonalità di verde e di altri colori, in una sorta di sorprendente “fotorealismo poetico”, accompagnano lo spettatore all’interno del gigantesco albero di canfora, attorniato da corde di paglia di riso, simbolo shintoista di purificazione. L’albero come fonte primaria della natura, della vita, della pacifica coesistenza. L’albero come elemento centrale della cinematografia miyazakiana, evidente in pellicole come Nausicaä della Valle del vento, Laputa, il castello nel cielo, Princess Mononoke e Il mio vicino Totoro, ma rintracciabile fin dai primi lavori creativi – si vedano, ad esempio, i tre imponenti abeti che proteggevano la casa di Heidi nella nota serie televisiva diretta dal collega e amico Isao Takahata nel 1974 e che vide Miyazaki nel ruolo chiave di scene designer.
Una bambina che gioca in un prato, immersa nella natura, la gioia di una ghianda trovata quasi per caso, due buffe orecchie che spuntano tra l’erba e l’inattesa, magica, entrata in scena del primo spirito: Miyazaki dilata ad arte i tempi narrativi, sorretto dall’ispiratissima colonna sonora di Joe Hisaishi, da sempre legato al fondatore dello Studio Ghibli e al geniaccio Takeshi Kitano, suggerendo allo spettatore che qualcosa sta per accadere, concedendogli il tempo di tornare bambino. Ma dall’entrata in scena del piccolo totoretto bianco, così spiritualmente vicino ai kodama di Princess Mononoke, tutto cambia, il ritmo diventa quasi travolgente e si varca una soglia, sospinti in un’altra dimensione, fino all’incontro con Totoro e alla quiete dell’albero di canfora. La sequenza dell’incontro tra Mei e i tre spiriti è, prima di tutto, pura poesia.
Il mio vicino Totoro, accostabile per la sua sorprendete semplicità narrativa coerentemente coincidente con uno sguardo fanciullesco al recente Ponyo sulla scogliera, permette quindi diversi livelli di lettura, caratteristica sempre presente nelle opere di Miyazaki e, più in generale, dello Studio Ghibli. Esempio difficilmente replicabile di “film per tutti”, Totoro conferma l’abilità narrativa di Miyazaki, da sempre attento al contenuto e alla fruibilità delle sue opere, dalle più complesse (Nausicaä della Valle del vento e Princess Mononoke) alle più immediate. Si veda, ad esempio, un’altra magistrale sequenza, in cui le sorelline Mei e Satsuki si uniscono ai tre spiriti in una danza notturna, rito propiziatorio che accompagna la rapidissima crescita di un albero dalle dimensioni impensabili: ancora una volta, ondeggiando tra sogno e realtà, Miyazaki mette in scena le suggestioni dell’infanzia e l’inarrestabile forza della natura. Una sequenza spettacolare e, allo stesso tempo, profondamente commovente.
Tra successi imprevisti (lo Studio Ghibli ancora oggi trae grandi profitti dal merchandising), ammiratori eccellenti (Akira Kurosawa inserì Il mio vicino Totoro nella sua personale lista dei cento film più significativi della Storia del Cinema) e sequel pressoché invisibili (per vedere il cortometraggio Mei to Koneko basu bisogna andare in Giappone, muniti di biglietto del Museo Ghibli), Il mio vicino Totoro continua a rappresentare un piccolo miracolo: diventato inaspettatamente il simbolo dello Studio Ghibli, ospitato nell’ufficio di John Lasseter (memorabile la visita di Miyazaki alla Pixar, con tanto di abnorme dono per Lasseter, e ancor più significativi i reciproci omaggi in A Bug’s Life e La città incantata), conosciuto oramai in tutto il mondo, il pacioso e paffuto spirito dei boschi Totoro, grigio e peloso, accompagnato dagli inseparabili batuffoli bianchi e blu, arriva nel Bel Paese, probabilmente a bordo del rapidissimo e morbido Gatto-bus, altra indescrivibile invenzione miyazakiana. Dopo più di venti anni, non è un’impresa da poco.
Da vedere, amare, e rivedere.
Info
Il mio vicino Totoro su nausicaa.net
La pagina sul sito della Lucky Red dedicata a Il mio vicino Totoro.
- Genere: animazione, fantasy
- Titolo originale: Tonari no Totoro
- Paese/Anno: Giappone | 1988
- Regia: Hayao Miyazaki
- Sceneggiatura: Hayao Miyazaki
- Montaggio: Takeshi Seyama
- Interpreti: Chika Sakamoto, Hitoshi Takagi, Machiko Washio, Masashi Hirose, Noriko Hidaka, Reiko Suzuki, Shigesato Itoi, Sumi Shimamoto, Tanie Kitabayashi, Yūko Maruyama
- Colonna sonora: Joe Hisaishi
- Produzione: Nibariki, Studio Ghibli, Tokuma Shoten
- Distribuzione: Lucky Red
- Durata: 86'
- Data di uscita: 10/08/2023
