Io sono con te

Io sono con te

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Tutto si può dire a Chiesa tranne che gli sia mancato il coraggio, ma se la prima parte di Io sono con te è efficacemente poco parlata, affascinante nel suo modo di far intuire con poco l’interiorità dei personaggi, nella seconda invece vi sono molte, forse troppe dissertazioni che non solo appesantiscono il film, ma ne allargano la mira in modo eccessivo. Presentato al Festival di Roma 2010.

La Madonna di Chiesa

Maria è una giovane ragazza, figlia di pastori, promessa in sposa a Giuseppe, un vedovo con due figli, abitante nel vicino villaggio di Nazareth, nella Galilea di duemila anni fa. Cresciuta secondo l’amore e il rispetto verso i più piccoli, Maria dopo aver lasciato la propria casa, presto ravvisa le storture del mondo patriarcale che la circonda, a partire dalla famiglia del marito. Qui detta legge il fratello più anziano di Giuseppe, Mardocheo. L’atteggiamento solare e determinato della ragazza, protettivo nei confronti dei bambini, suscita l’indignazione del capofamiglia e di quanti sono convinti della necessità di impartire loro punizioni, disciplina e sottomissione... [sinossi]

«Io, da ateo a credente e il mio film su Maria». Questo recita un titolo apparso sul quotidiano cattolico Avvenire, relativo a un’intervista a Guido Chiesa. Per chi conosce il regista di Lavorare con lentezza noto per il suo attivismo a sinistra, la notizia crea qualche perplessità. Ma è lo stesso Chiesa a ironizzare, tramite il suo sito internet, semplicemente affermando che gli piacerebbe di più si parlasse del film piuttosto che di lui stesso. Dunque riguardo a Io sono con te, prendiamo per buono il consiglio di Chiesa, anche perché è quasi scontato che una personalità come la sua, anche se si avvicinasse al cattolicesimo, non potrebbe comunque mai trasformarsi improvvisamente in quella di Zeffirelli o Avati (per citare due noti autori cattolici). Qualcuno tra gli addetti ai lavori vocifera di Pasolini, tuttavia cerchiamo di scandagliare nel dettaglio l’ultima fatica di Chiesa. Il tutto è centrato, questa una discreta novità se prendiamo la filmografia sulla storia evangelica, non sulla figura di Cristo, bensì su quella della Vergine Maria. La vicenda inizia dall’annunciazione della maternità della giovane adolescente, e termina con Gesù ragazzo. I cambiamenti rispetto al già noto dei libri sacri sono pochi ma significativi, e mettono in grande evidenza che l’operazione di Chiesa è quanto mai poco celebrativa, semmai piuttosto provocatoria. Maria infatti, cosa che ha fatto arrabbiare l’istituzione ebraica, rifiuta di far circoncidere suo figlio contravvenendo così gravemente alle tradizioni religiose, passate e attuali. Tuttavia la provocazione ha una coerenza, un discorso forte dietro, e questo il regista lo rende da subito: la figura della Madonna è infatti vista in tutto e per tutto come una donna rivoluzionaria, che tende ad andare contro all’ordine costituito, e ovviamente ciò significa andar contro all’egemonia maschile. Un discorso che si concentra soprattutto sulla pedagogia: la Madonna appare come una sorta di antenata della Montessori che cerca di dare un’educazione il meno possibile costrittiva, cercando sin dall’età più tenera di formare la testa di suo figlio con un forte spirito critico. Il risultato è che il piccolo Gesù pur mostrandosi mai litigioso (cosa peraltro contraddetta nei Vangeli apocrifi), come un moderno illuminista cerca di carpire da sé il giusto, conversa con le severe autorità ebraiche dell’epoca (clericali e politiche non faceva differenza), mettendo in crisi con i suoi ragionamenti i dogmi religiosi a cui tutti dovevano adeguarsi, e contestando così anche il sistema patriarcale che si appoggiava alla religione.

Tutto questo ammontare di pensiero, che si potrebbe definire progressista, si nutre però anche di suggestioni fisiche, di stilizzazioni. Dunque a braccetto con le sue teorie, Chiesa mostra una Palestina ricostruita in Tunisia assolutamente non patinata, con terra rossa, grotte, lavoro duro delle famiglie sugli aridi campi e soprattutto facce e corpi profondamente adeguati alla loro origine sociale. Senza dubbio è notevole l’apporto in questo senso della non professionista – ma quasi tutto il cast è formato da non attori – Nadia Khlifi, che col suo sorriso da adolescente pieno di semplicità e privo di affettazione riesce a rendere autentico un personaggio notoriamente visto in modo poco terreno, ma anche a rendere molto umano il suo ruolo di stravagante educatrice. La ricerca dell’iperrealismo porta poi forse Chiesa alla provocazione maggiore, ovvero la lingua parlata dai protagonisti. Non l’aramaico, bensì l’arabo, la lingua dell’infedele. Una scelta culturale intelligente, che sembra mischiare le acque del sacro e che nella nostra società significa equiparare l’altro (l’altro più pericoloso peraltro secondo i dettami politici di oggi) a noi stessi, a non porre nulla come prevaricazione culturale su un’altra civiltà (e ciò vale in stessa misura per i tre fronti, ognuno coi suoi pregiudizi: cristiano, islamico ed ebraico).

A conti fatti, una volta inteso che siamo di fronte a un’opera più di impronta laica e in parte provocatoria, e anche per fugare ogni dubbio ben lontana da Il vangelo secondo Matteo di Pasolini (semmai può avvicinarsi di più a Il fiore delle mille e una notte per come cerca di scoprire un’altra civiltà rispetto alla nostra), non capiamo bene se Io sono con te riesca a tenere a galla tutte le sue varie ambizioni. Tutto si può dire a Chiesa tranne che gli sia mancato il coraggio, ma se la prima parte è efficacemente poco parlata, affascinante nel suo modo di far intuire con poco l’interiorità dei personaggi, specie della sua protagonista e di un’impagabilmente impotente Giuseppe (simbolo della tolleranza maschile, non più maschilista, verso l’altro sesso a cui riconosce una personalità, un’indipendenza intellettuale), nella seconda invece vi sono molte, forse troppe dissertazioni che non solo appesantiscono il film, ma ne allargano la mira in modo eccessivo. La temerarietà nel voler argomentare di pedagogia e scienze educative non convince del tutto, anche perché talvolta Maria sembra ridursi più al rango di figlia dei fiori che altro. Non convince soprattutto il confronto con i Re Magi, che sono una sorta di studiosi che, com’era un tempo, tramite le dottrine teologiche si dilettano di psicanalisi, medicina e quant’altro in modo pionieristico. Re Magi interpretati da attori stavolta non locali, bensì dai nostri Fabrizio Gifuni, Giorgio Colangeli, e dal simpatico Jerzy Stuhr; tutti parlanti in greco antico. Scelte stravaganti che ricordano, senza la stessa ironia né stile, le volute inesattezze storiche dei biopic di Derek Jarman, e che non sappiamo se fanno uscire il film dai binari allontanando lo spettatore, oppure se in modo positivo lasciano aperte tante porte alla riflessione. Senza dubbio in Io sono con te (scritto come ogni suo film dallo stesso Chiesa) permane una sensazione di irrisolutezza, di compito iniziato ma non terminato sino in fondo.

Info
Il trailer di Io sono con te.

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