Bus Palladium – Noi, insieme, adesso

Bus Palladium – Noi, insieme, adesso

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Bus Palladium guarda insistentemente dalle parti di Almost Famous di Cameron Crowe senza rendersi conto che la breve stagione della mitologia rock cui fa indiscutibilmente riferimento fu vissuta con fasti e follie fuori dalle regole solo da una nicchia ristretta di gruppi musicali.

La mia banda suona il rock?

L’amicizia, l’amore e le scelte di quattro ragazzi (più il loro manager) che decidono di mettere su una band. Incidono un disco e fanno un tour, ma tra Manu, il tormentato cantante, e Lucas, il chitarrista, si interpone Laura, una splendida groupie… [sinossi]
Ci vedrete in crinoline, come brutte ballerine
ci vedrete danzare, come giovani zanzare.
Ivano Fossati, La mia banda suona il rock

Si fa francamente fatica a comprendere cosa giustifichi, nel 2010, un’operazione produttiva come quella di Bus Palladium: l’opera d’esordio di Christopher Thompson, quarantaduenne attore francese (tra gli altri Stanno tutti bene di Giuseppe Tornatore e Pranzo di Natale, diretto dalla mamma Danièle), mostra infatti il volto meno affascinante, e più prevedibile, del connubio tra cinema e musica rock. Uno sposalizio che, pur annoverando anche negli ultimi anni gioielli che non andrebbero lasciati scivolar via (il magnifico Linda Linda Linda di Nobuhiro Yamashita o, per restare nelle opere selezionate nel corso del tempo dal Torino Film Festival, lo spassoso mock/rockumentary Le Donk & Scor-zay-zee di Shane Meadows), troppo di frequente si ritrova a cadere in cliché indigesti e davvero duri a morire. E proprio l’aderenza a tematiche e sviluppi narrativi a dir poco usurati dal tempo si presenta come uno dei difetti più gravi e immediatamente riconoscibili di Bus Palladium, visto e considerato che in pratica nel corso dello svolgimento della trama anche gli avvenimenti minimi e secondari possono essere facilmente intuiti perfino dagli spettatori meno smaliziati o avvezzi alla materia.

La parabola artistica e umana dei quattro giovani musicisti della rock-band Lust e del loro (coetaneo) manager, alle prese con i primi riscontri di pubblico e con l’interesse suscitato tra gli addetti ai lavori, è quanto di meno realistico si possa immaginare. Non è forse un caso che il film batta bandiera d’oltralpe: nel corso degli ultimi anni ci si è imbattuti in altri lungometraggi francesi alle prese con un mondo della musica descritto con toni a dir poco distanti dalla realtà dei fatti, come il disastroso Backstage di Emmanuelle Bercot (ma anche il delizioso Lol di Lisa Azuelos si trovava in difficoltà nella pur minima digressione sulla rock band liceale), a dimostrazione che questo malcostume si poggia su basi culturali piuttosto solide.

Bus Palladium guarda insistentemente dalle parti di Almost Famous di Cameron Crowe e pellicole a lui simili – in versione assai meno ispirata, ça va sans dire – senza rendersi conto che la breve stagione della mitologia rock cui fa indiscutibilmente riferimento fu vissuta con fasti e follie fuori dalle regole solo da una nicchia ristretta di gruppi musicali. Pur cercando di sorvolare su alcuni palesi corto circuiti logici riscontrabili nella pellicola di Thompson, in primis la stessa musica proposta dai Lust, un improbabile pop-rock che sarebbe risultato fuori tempo massimo già alla fine degli anni Settanta, è davvero difficile riuscire a sopportare l’ammasso di luoghi comuni che l’esordiente regista propina al pubblico nel corso del film. In un ambiente che non sembra aver alcuna necessità di confrontarsi con il mondo che lo circonda, e in cui viene considerato esperto di rock anche chi abbia solamente ammesso di conoscere i Rolling Stones (sic!), la musica appare come un paese di Bengodi, Olimpo dorato e pacificato in cui tutto è pulito, comodo, rilassante e divertente. Ma quale gruppetto di adolescenti alla metà degli anni Ottanta (e sempre, da allora in poi) si sarebbe mai potuto permettere al primo album teatri pieni, una tournée europea e uno stuolo di groupie (altro dettaglio davvero fuori tempo massimo: il fenomeno delle groupie, soprattutto quelle legate a un’estetica e a una filosofia apertamente fricchettona e di derivazione beat, a metà degli anni Ottanta era già una reliquia da museo)?

Tolto tutto questo, Bus Palladium è comunque solo la solita storia del triangolo amoroso senza vincitori e senza sconfitti, dove l’intelligenza deve combattere contro la bellezza e la donna è esclusivamente utilizzata come elemento scatenante, “problema” da superare per ritrovare la pacificazione. C’è davvero bisogno, nel terzo millennio, di trovarsi a tu per tu con film di questo tipo? La risposta probabilmente è no: invece di cedere a visioni ed estetiche siffatte, è preferibile chiamare qualche amico, ritrovarsi con chitarre, bassi, tastiere e batterie e improvvisare una jam session infuocata. Senza lasciarsi avviluppare da cliché usurati e stantii, almeno quanto la musica dei Lust…

Sarà capitato anche ai Beatles di avere un casino in famiglia
la nippona che il gruppo scompiglia è quella famigerata Ono.
Ono, Ono, di te il complesso ha paura, Ono, Ono, Ono, meritavi una doccia scura.
Elio e le Storie Tese, Litfiba tornate insieme.
Info
Il trailer di Bus Palladium.

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