Festival di Cannes 2012 – Presentazione
Lontani per una dozzina di giorni dalle polemiche romane e nazionali sui vari festival, grandi e piccoli, nascenti e morenti, potremo focalizzare l’attenzione sul grande schermo, sul cinema dei maestri e dei nuovi talenti, sullo spettacolo e sull’arte. Il Festival di Cannes 2012 sarà probabilmente marchiato a fuoco da Michael Haneke e Jacques Audiard, Cristian Mungiu e Andrew Dominik, Wes Anderson e David Cronenberg, Leo Carax e Alain Resnais… una lista che quasi intimorisce, come accade regolarmente a ogni edizione.
Ad ognuno la sua Cannes. La magmatica tribù degli addetti ai lavori (giornalisti dello spettacolo, critici eccetera) ha in parte già vissuto il Festival di Cannes 2012, edizione numero sessantacinque. Ancor prima della partenza per la Croisette alcuni verdetti sono già stati emessi: edizione deludente, i soliti nomi, il film di Garrone (Reality) sarà un disastro, vincerà questo, vincerà quello e via discorrendo. Una tradizione critico-giornalistica dura a morire, che non ha mai risparmiato nessuno e che in un certo senso ha persino la sua utilità: scalda gli animi e prepara psicologicamente alla maratona francese, al diluvio di proiezioni, conferenze stampa, interviste, incontri, code, attese, ore piccole, caffè, improbabili pasti consumati in un istante, articoli, recensioni, aggiornamenti, corse contro il tempo. Cannes sarà un successo? Cannes sarà un disastro? Molto semplicemente, ognuno avrà e vivrà una Croisette diversa: alcuni inseguiranno gossip e foto da prima pagina, altri cercheranno di seguire il più possibile anche Quinzaine des Réalisateurs e Semaine de la Critique, molti imprecheranno contro la fiumana di gente che si materializza verso le 18, tantissimi seguiranno il concorso, scovando ogni giorno il sicuro vincitore. Il bello dei (grandi) festival.
Cannes per noi sarà uno degli snodi fondamentali di questa stagione, un’immersione anima e corpo nel buio delle sale e nelle luci al neon della sala stampa, ma anche una felice parentesi, una boccata d’aria fresca. Lontani per una dozzina di giorni dalle polemiche romane e nazionali sui vari festival, grandi e piccoli, nascenti e morenti, potremo focalizzare l’attenzione sul grande schermo, sul cinema dei maestri e dei nuovi talenti, sullo spettacolo e sull’arte. Sarà il concorso di Michael Haneke (Amour) e Jacques Audiard (De rouille et d’os), di Cristian Mungiu (Beyond the Hills) e Andrew Dominik (Killing Them Softly), di Wes Anderson (Moonrise Kingdom) e David Cronenberg (Cosmopolis), di Leo Carax (Holy Motors) e Alain Resnais (Vous n’avez encore rien vu)… Una lista che quasi intimorisce, come accade regolarmente a ogni edizione. E basta allargare lo sguardo per smarrirsi definitivamente: Un Certain Regard è una sezione imperdibile, con le sue venti pellicole firmate, tra gli altri, da Koji Wakamatsu (11/25 The Day Mishima Chose His Own Fate), l’esordiente di lusso Brandon Cronenberg (Antiviral), l’attesissima Sylvie Verheyde (Confession of a Child of the Century), Benoît Delépine e Gustave Kervern (Le Grand Soir) e Xavier Dolan (Laurence Anyways). E poi il fuori concorso e le proiezioni speciali, un calderone che offre Takashi Miike (For Love’s Sake), Bernardo Bertolucci (Io e te), Philip Kaufman (il televisivo Hemingway & Gellhorn), Apichatpong Weerasethakul (Mekong Hotel), Fatih Akin (Polluting Paradise) e – rullo di tamburi! – Dario Argento con Dracula 3D.
Impareggiabile evento glamour, centro gravitazionale dell’universo cinematografico per almeno due settimane, rampa di lancio per cineasti, attori e produttori in cerca di fortuna, tempio della grandeur transalpina, il Festival di Cannes è una cima impossibile da scalare. Lungometraggi, cortometraggi, rassegne e tutto quel che segue: a ognuno la sua Cannes, tra percorsi e scelte diverse, dalla Semaine fino al mercato, altro indescrivibile leviatano. Perché sulla Croisette, mentre si consuma il festival dei festival, altre mille kermesse prendono forma, tra visioni blindate e dvd che girano in cerca di un direttore, un produttore, un distributore.