Ritorno alla vita

Ritorno alla vita

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Orso d’Oro alla carriera, Wim Wenders ha presentato fuori concorso alla Berlinale il suo nuovo film, Ritorno alla vita (Every Thing Will Be Fine), in cui si conferma come irreversibile la crisi senza fondo di un autore che, un tempo ormai troppo lontano, è stato grande.

Tutto va per il peggio

Una sera d’inverno. Una strada di campagna. Nevica, c’è poca visibilità. Una macchina procede lentamente quando, dal nulla, spunta un bambino. Alla guida c’è Tomas, un aspirante romanziere, che non può frenare in tempo. Da quel momento in poi, la sua vita non sarà più la stessa… [sinossi]

La prolificità non è certo un problema per Wim Wenders, che continua a sfornare film al ritmo di quasi uno all’anno, molto di più di quanto non facesse ai tempi del suo decennio migliore, gli anni Settanta (che, anzi, forse sono stati l’unico decennio in cui il regista tedesco è stato davvero grande). È però l’ispirazione a mancargli ormai da tempo immemore, una mancanza assoluta di idee che se nei documentari la si riesce in qualche modo a nascondere – Pina e Il sale della terra, seppure insoddisfacenti, presentavano comunque qualche qualche motivo d’interesse – invece, nei film di finzione, emerge in maniera incredibilmente impietosa.
Così, a distanza di sette anni dal disastroso Palermo Shooting e a quasi dieci dall’inerte Non bussare alla mia porta, Wenders ci prova di nuovo: Ritorno alla vita (Every Thing Will Be Fine), proiettato fuori concorso alla 65esima edizione della Berlinale, vede protagonista un inebetito James Franco nei panni di un aspirante scrittore che provoca involontariamente la morte di un bambino e che porterà i segni dell’incidente per il resto della sua vita.

Appare persino ingeneroso consegnare a Wenders l’Orso d’Oro alla carriera – come avviene quest’anno – e insieme ospitare Ritorno alla vita, lontano anni luce dalla genialità di titoli come Falso movimento, Lo stato delle cose o anche Lisbon Story, tra l’altro riproiettati in questi giorni al festival. Anzi, a questo punto, ci sarebbe persino da dire che non siamo più davanti ad un autore – dotato di un suo mondo ‘poetico’ e di un preciso sguardo sulle cose e sul mondo. No, probabilmente, Wenders è ormai un mestierante che neppure riesce a confezionare in modo adeguato le storie che vorrebbe raccontare.
In tal senso, Ritorno alla vita è un esempio lampante: i personaggi in scena non hanno alcun tipo di caratterizzazione, gli attori sembrano sedati e ‘robotizzati’, l’alternanza delle sequenze procede in maniera illogica e raffazzonata: quante volte, per dirne una, dobbiamo vedere Charlotte Gainsbourg, madre del bambino morto, che disegna senza fare nient’altro? Troppe, sicuramente!
Ma, addirittura, il senso ultimo dell’operazione rimane inesplicabile: cosa avrebbe voluto raccontarci Wenders con questo suo film? Forse del caso che va a interferire con la vita delle persone? Il lavorio del senso di colpa che rode l’animo del protagonista? Il tempo che sembra sopire ogni dolore ma invece di tanto in tanto lo riacutizza? Ciascuno di questi temi è vagamente accennato, ma mai approfondito, perché tutto sembra procedere secondo una logica che probabilmente è ignota allo stesso Wenders.

Allora, come ultima speranza, vien da pensare che con questo suo nuovo film, l’autore di Alice nella città abbia voluto dirigere un piccolo divertissement in cui esercitarsi, dopo Pina, nuovamente con il 3D. E invece la motivazione non può essere neppure questa, dato che la tridimensionalità viene usata qui solo nelle prime inquadrature, per mostrare qualche pulviscolo, un po’ di neve e nulla più.
Espressione di un cinema dell’imbarazzo e della vacuità, Ritorno alla vita riesce nell’impresa di annullare ogni cosa: il concetto di inquadratura (preferendogli quello della cartolina illustrata), quello di narrazione (le ellissi che attraversano tutte le età dei protagonisti – lasciandoli tra l’altro sempre uguali – non aiutano certo a dare consequenzialità al racconto) e quello di recitazione, visto che nessuno degli attori in scena si salva e, anzi, tutti provocano imbarazzo nello spettatore per il modo incerto e claudicante in cui si muovono e dicono le battute (la peggiore comunque è Rachel McAdams). Peggio di così non poteva andare…

Info
La scheda di Ritorno alla vita sul sito della Berlinale.
Il trailer italiano di Ritorno alla vita.
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