La ragazza del treno

La ragazza del treno

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Traendo spunto da un bestseller letterario di Paula Hawkins, Tate Taylor costruisce con La ragazza del treno un thriller prevedibile, inutilmente arzigogolato e privo di reale suspense.

Treni strettamente sorveglianti

La storia è quella di Rachel Watson, una giovane donna che non ha superato il suo divorzio e il fatto che il suo ex si sia prontamente risposato, e che si è attaccata troppo alla bottiglia, arrivando a perdere anche il lavoro. Ciò nonostante, prende ogni mattina il treno dei pendolari come se ancora dovesse recarsi in ufficio, guardando fuori dal finestrino e fantasticando sulle cose e le persone che osserva: in particolare, la sua attenzione si fissa su una coppia che, nella sua immaginazione, ritiene perfetta. Un mattino, però, Rachel vede la lei della coppia assieme a un altro uomo, e dopo pochi giorni la ragazza sembra essere svanita nel nulla. Rachel inizierà a indagare sulla sorte di questa sconosciuta, scoprendo una verità sconcertante. [sinossi]

Le ambizioni di un film come La ragazza del treno sono molte, e appaiono evidenti fin dalle primissime sequenze, nelle quali il pubblico entra in contatto con il personaggio di Rachel Watson, protagonista assoluta della vicenda: “la ragazza del treno”, per l’appunto. La prima e basilare ambizione è quella di rendere in immagini le pagine scritte da Paula Hawkins, e che tanto successo hanno mietuto da una parte all’altra del globo. Prima di essere un film, infatti, La ragazza del treno è stato un fortunato romanzo thriller, di quelli che si trovano in vendita sia nelle grandi catene librarie sia nelle cartolerie, e che la gente legge sui mezzi pubblici mentre si reca a lavoro. Se anche Rachel Watson avesse preso l’abitudine di leggere libri nel tratto di strada che ogni giorno percorre in treno per andare a lavoro – o meglio, per fingere di farlo, visto che la donna è stata licenziata dal suo impiego – non esisterebbe neanche la trama del film di Tate Taylor. Ma destino vuole che Rachel passi il tragitto a guardare fuori dal finestrino del treno, in attesa di passare di fronte alla splendida magione in cui una coppia vive quello che Rachel ritiene essere uno splendido idillio amoroso. Lo stesso idillio che anche lei avrebbe voluto, e che in parte ha vissuto, ma che ha perso quando il marito ha deciso di divorziare da lei, esausto per i comportamenti della moglie, eternamente ubriaca…

Senso di colpa, redenzione, riappropriazione di sé, crisi della coppia, crisi dell’identità dell’individuo, falsa morale borghese, desiderio di maternità, rabbia, frustrazione, spirito vendicativo; sono solo alcuni dei dettagli sociologici che La ragazza del treno dovrebbe trasportare sulle sue spalle, andando a raccontare non solo il dramma/trauma di una donna, ma quello di un intero genere, solo in apparenza considerato paritario all’uomo ma in realtà ancora sfruttato, vilipeso, dileggiato dal maschile.
Tate Taylor, si sa, non è registo abituato alla finezza. I suoi film sono tranciati con l’accetta, neanche si dovesse porre lo spettatore di fronte a una scelta obbligata: così fu per The Help, osannato ben oltre i suoi (pochi) reali meriti quando uscì nelle sale, e così fu anche per il successivo Get on Up, nel quale Chadwick Boseman vestiva i panni del re del soul James Brown. Inutile dunque aspettarsi chissà quale ambiguità di sguardo anche ne La ragazza del treno, che procede a vele spiegate verso la sua spiegazione – per di più abbastanza ovvia – senza porsi mai troppi interrogativi. Agendo in maniera esattamente opposta rispetto alla sua protagonista, che vive nella continua ossessione di non essere in grado di distinguere il deliquio alcolico dalla realtà dei fatti, Taylor si limita a uno sguardo onniscente, lasciando le brutalità di cui è disseminata la trama il più possibile alla larga dall’obiettivo della camera. Inadeguato a gestire una materia magari poco interessante di partenza ma comunque in grado di confrontarsi con il torbido e il malsano, il regista si limita a martoriare la linearità narrativa, operando di continui flashback e flashforward, ritorni indietro e fughe in avanti che servono solo a movimentare il film, senza che niente davvero si sposti. In questo modo tutto si fa più arzigogolato, ma la suspense muore una volta per tutte, senza lasciare traccia di sé.

Tra personaggi costruiti in maniera svogliata (la nuova moglie di colui che fu marito della protagonista è tratteggiata in modo davvero risibile, passiva e aggressiva allo stesso tempo, e per di più quasi completamente inerte), buchi narrativi che vengono rattoppati con il già citato andirivieni della storia, una regia piatta e una recitazione non particolarmente convinta, La ragazza del treno finisce nel dimenticatoio già durante la visione, del tutto incapace di ridestare l’attenzione dello spettatore, visto che anche l’annoiata sessualità della giovane Megan – Haley Bennett, quest’anno sullo schermo anche ne I magnifici 7 nella versione di Antoine Fuqua, e prossimamente ne L’eccezione alla regola, il nuovo film da regista di Warren Beatty a diciotto anni di distanza da Bulworth – perde spessore tra le mani di Taylor.

Info
Il trailer de La ragazza del treno.
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