I fratelli Sisters

I fratelli Sisters

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Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2018, I fratelli Sisters è un western apparentemente scanzonato, un buddy movie che pian piano si avvia verso il crepuscolo, lasciandosi dietro le spalle cadaveri e sogni infranti. Solido, avventuroso, divertente, attraversato da una più che apprezzabile vena sentimentale. Impeccabile la messa in scena di Audiard, ottimi John C. Reilly e Joaquin Phoenix.

Da Oregon City a Frisco, da Omaha a Tucson…

Charlie ed Eli Sisters vivono in un mondo selvaggio e ostile. Hanno le mani sporche di sangue: sangue di criminali, ma anche di innocenti. Non hanno scrupoli a uccidere. È il loro lavoro. Charlie, il fratello più giovane, è nato per uccidere. Eli, invece, sogna una vita normale. Il Commodoro li ingaggia per scovare un uomo e ucciderlo. Comincia così una spietata caccia dall’Oregon alla California: un viaggio iniziatico che metterà alla prova l’insano legame tra i due fratelli. Un sentiero che condurrà alla loro umanità? [sinossi]

Il western non muore mai. Dopo l’esperimento dei Coen con l’antologico La ballata di Buster Scruggs, destinato a Netflix, ci pensa un ispirato Jacques Audiard a riportarci tra saloon malfrequentati e lande desolate e selvagge. Coprodotto tra Europa e Stati Uniti, girato tra Spagna e Romania, The Sisters Brothers (I fratelli Sisters nella traduzione letterale del titolo) è un western solido, avventuroso, divertente, attraversato da una più che apprezzabile vena sentimentale. Impreziosito da scelte registiche eleganti e funzionali (si vedano le sparatorie fuori campo o parzialmente celate al nostro sguardo), condito da un humor che si riflette negli snodi della narrazione, I fratelli Sisters è un fertile incontro tra autorialità e mainstream. Ottimi John C. Reilly e Joaquin Phoenix, ben spalleggiati da Jake Gyllenhaal e Riz Ahmed. Godibilissimo.

Gli spunti sono molteplici. Proviamo a coglierne qualcuno, partendo dai due protagonisti. Buddy movie, si diceva: Charlie ed Eli, due fratelli, due schiacciasassi, assassini a pagamento, assassini per necessità, per nascita. Una star, Joaquin Phoenix. Una lussuosissima spalla, John C. Reilly. Il viaggio de I fratelli Sisters ci porta anche a questo, al rovesciamento dei ruoli, al passo indietro di Phoenix, attore di rara intensità e sensibilità. Perfettamente in parte (alcolizzato, scostante, violento), Phoenix arretra pian piano, finendo per non prendersi mai la scena: non una performance sottotono o a velocità di crociera, ma da spalla. E che spalla.
Reilly è Eli. In fin dei conti, lo è sempre stato. Il buono, lo sconfitto, quello che rinuncia e che spesso soccombe. E che, ça va sans dire, lascia spazio ad altri. Invece, nel picaresco viaggio da Oregon City a Frisco, scopriamo i vari pezzi del puzzle, l’equilibrio della coppia, la sua forza: i fratelli Sisters sono due cagnacci, letali, spietati, buoni. E John C. Reilly può essere tutto: fratello, balia, padre, assassino, romantico sognatore, eroe, villain, protagonista.

Il rovesciamento narrativo è il motore de I fratelli Sisters. Un divertissement che diventa altro, che guarda al western classico e ai suoi spazi, allo spaghetti western e alla sua carica di ironia e violenza, alle derive più o meno fertile del cinema post-moderno. Un western che guarda al passato e al futuro; alla (possibile?) sopravvivenza del passato e alle difficoltà del futuro, del cambiamento, della civilizzazione. Lungo la strada capita di tutto e siamo chiamati a giocare all’expect the unexpected, a guardarci le spalle da tutti, a calarci (scherzosamente) nel Selvaggio West: dormire con un occhio aperto, diffidare di tutti, persino del vento tra i cespugli. E dei ragni, anche dei ragni!
Scorrendo su più binari, I fratelli Sisters rovescia anche se stesso, portandosi/ci altrove: qui entrano in gioco il taciturno e acculturato John Morris (Jake Gyllenhaal) e il bizzarro e ciarliero Hermann Kermit Warm (Riz Ahmed). Sono la controparte, il sogno, il futuro, quelli che dovrebbero aprire la strada al crepuscolo del west(ern).

Ammirevole nel sapersi calare in un genere d’oltreoceano, Audiard ci racconta la fine del Far West, ci porta fino a San Francisco, fino al mare. Non si può andare oltre, tutto è finito (?). E allora I fratelli Sisters diventa un western che non può più avanzare, ma che può nutrirsi solo di se stesso, del mito, della giovinezza perduta. Il viaggio picaresco di Charlie ed Eli non può che essere circolare, mentre quello di John ed Hermann è lineare, proiettato verso il domani – e, no, non è la fine a contare.
Torniamo alle sparatorie fuori campo. Più dell’incipit notturno, seducente e avvincente, ci resta impressa la sparatoria attorno alla casa del dottore. Al definitivo rovesciamento di ruoli tra Tex e Kit Carson, alla tensione, agli occhi di Charlie e alla sua nuova consapevolezza. Sì, il viaggio è circolare, ma il western non muore mai.

Info
Il trailer di I fratelli Sisters.
La scheda di I fratelli Sisters sul sito di Venezia 2018.
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